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29.9.05

Jurassic Park - La trilogia


Jurassic Park (USA, 1993)
di
Steven Spielberg
con
Sam Neill, Laura Dern, Jeff Goldblum, Richard Attenborough
Son passati dodici anni dall'uscita di questo film, dodici anni in cui gli effetti speciali hanno fatto passi da gigante, come del resto testimoniano gli altri due film del cofanetto, eppure il primo episodio della trilogia giurassica regge incredibilmente bene anche alla distanza. Merito senza dubbio di Spielberg, che qui ritrova in parte le atmosfere de Lo squalo, dando alla pellicola un taglio horror che francamente non ricordavo così forte. La punta si raggiunge nella sequenza del T-Rex, incredibilmente tesa e riuscita, senza dubbio la punta massima del film.

Ma è la pellicola per intero che funziona ancora benissimo, pur con qualche momento un po' troppo "bambinesco". L'inizio è costruito alla perfezione, crea aspettativa e, pur avendo ormai visto i sauri in mille salse, riesce ancora a rendere quel senso di meraviglia della prima volta. Poi, come sintetizza meravigliosamente Ian Malcolm nel secondo film, cominciano le urla. E il carrozzone funziona alla grandissima, anche se la parte del tentacolo alien... dei raptor in cucina è meno efficace rispetto alla stordente potenza del T-Rex. Ad ogni modo, un signor film, divertentissimo, con una grandissima colonna sonora e con tante belle immagini entrate ormai nell'immaginario collettivo (l'acqua nel bicchiere smossa dai passi, il Rex nello specchietto, il raptor in controluce dietro il telo... ). Menzione d'onore per Samuel L. Jackson: chissà se prima di essere ucciso dal raptor ha provato a recitargli un brano di bibbia.




Il mondo perduto
The Lost World - Jurassic Park (USA, 1997)
di
Steven Spielberg
con
Jeff Goldblum, Julianne Moore, Pete Postlethwaite, Vince Vaughn

Molto, ma molto meglio di come me lo ricordavo. Un secondo capitolo all'altezza del primo, forse superiore sotto alcuni aspetti, forse inferiore sotto altri, ma sicuramente all'altezza della situazione. Come nel primo episodio, i momenti migliori sono quelli dedicati al T-Rex: il doppio assalto alla roulotte è spettacolare e tesissimo. Le punte degli alberi che si muovono, i passi, la sequenza del figlioletto, il ritorno... una meraviglia. E solo ottimo anche il breve duello con Pete Postlethwaite, che fra l'altro offre un personaggio molto più carismatico e affascinante rispetto alla macchietta del capo della sicurezza del primo episodio. E' un seguito, e tutto si espande e raddoppia: il doppio dei T-Rex, molte più razze in scena, molto più baracconata la parte dedicata ai raptor, che francamente delude un po' (e fra l'altro contiene l'unico passaggio davvero indifendibile del film: la ragazzina che stende il dinosauro facendo le parallele sui tubi). Ma la vera chicca di questo secondo episodio è la sceneggiatura: dei dialoghi spettacolari, frizzanti, taglienti, ricchi di ironia e humor nerissimo, da uccidersi dalle risate. Inoltre, anche qui la mano di Spielberg regala momenti estremamente affascinanti, su tutti la ragnatela sul vetro e le scie dei raptor nell'erba alta.




Jurassic Park III (USA, 2001)
di
Joe Johnston
con
Sam Neill, William H. Macy, Tea Leoni, Alessandro Nivola

A guardare tutti e tre i film di seguito, purtroppo, il cambio dietro alla macchina da presa si sente molto più che a vederne uno ogni quattro anni. Johnston fa il possibile e realizza senza dubbio un film degnissimo e divertente, ma la differenza di "tocco" è enorme. Mancano proprio il senso di meraviglia e l'incredibile perizia di Spielberg, anche se, pur fra alti e bassi, il film funziona. Il taglio è nettamente diverso rispetto ai primi due: scompare praticamente del tutto l'anima horror, in favore di un'impostazione più da filmone avventuroso per ragazzi. C'è qualche morto masticato, ma non c'è il gusto del trucido che invece si sentiva palpabile in precedenza e, in generale, scarseggia proprio la tensione. Il cambiamento è evidente anche nel tipo di comicità impiegata: scompare quasi del tutto il cinismo (visto soprattutto nel secondo episodio) e c'è più spazio per gag fisiche e, volendo, anche un po' grezze. Superlativi gli effetti speciali, ma spicca poco altro, se non il fatto che finalmente si vedono gli pterodattili (o quel che sono, ci ero rimasto troppo male quando non li ho visti nel primo film). Meravigliosa, comunque, la citazione del coccodrillo di Peter Pan. Verrebbe quasi da dire che da sola vale il film.

20.9.05

Venezia/Locarno a Milano - A grande richiesta


[10:49] Beholder: alla fine del festival li rimetti tutti in fila e gli dai il voto
[10:49] Beholder: così so cosa [CENSURA]

Good Night, and good luck - 9.00
C.R.A.Z.Y. - 9.00
Simpathy for lady Vengeance - 9.00
Tim Burton's Corpse Bride - 8.75
Brokeback Mountain - 8.00
Nove vite da donna - 8.00
Viva Zapatero - 8.00
Four Brothers - 8.00
The Descent - 7.75
La vida secreta de las palabras - 7.75
Lonesome Jim - 7.25
La seconda notte di nozze - 7.00
The Brothers Grimm - 7.00
Naboer - 7.00
Texas - 6.75
The Exorcism of Emily Rose - 6.50
Bubble - 6.25
Edmond - 6.00
(Gli darei meno, ma il dialogo iniziale al bar merita di essere visto)
The Wild Blue Yonder - 6.00
Initial D - 5.75
I giorni dell'abbandono - 5.75
On a clear day - 5.50
The Constant Gardener - 5.50
Everything is illuminated - 5.50
3 Grad Kaelter - 5.50
Takeshis' - 5.00
La guerra di Mario - 5.00
Proof - 4.75
La neuvaine - 4.75
O fatalista - 4.50
Fragile - 4.25
Gabrielle - 4.00
Vers le sud - 3.75
The fine art of love - Mine Haha - 3.00
Falling... in love - 2.25
Un couple parfait - 1.75

Venezia a Milano - L'alba


In concorso
Brokeback Mountain
di Ang Lee (USA)
Leone d'oro
Bella storia d'amore fra paesaggi paradisiaci e cavalcate da veri cowboyz. Coinvolgente e struggente, in tutta sincerità non l'ho trovato troppo lungo o particolarmente lento. Bravi gli attori, Heath Ledger ha una voce e una parlata che mi fanno impazzire (già notato ieri in The Brothers Grimm). Bello e, francamente, mi sembra proprio il classico film che a Venezia vince. Detto questo, ho comunque preferito Lady Vengeance e quello di Clooney.

In concorso
Proof
di John Madden (GB/USA)
100 minuti in cui John Madden, Stephen Warbeck, Gwyneth Paltrow, Hope Davis e Jake Gyllenhaal fanno a gara a chi mi sta più sul cazzo. La Paltrow arriva all'appuntamento coi favori del pronostico dalla sua e sembra rispettarli in pieno quando semina tutti sulla partenza lanciata. Giunti alla mezz'ora, però, l'asfittica sciacquetta sembra non reggere più il ritmo da lei stessa dettato e finisce per perdere terreno fino a farsi risucchiare nel gruppone. I minuti successivi sono di equilibrio, ma nell'ultima mezz'ora quel volpone di John Madden prende in mano le redini della gara. L'ex allenatore degli Oakland Raiders va in fuga e non si ferma più fino al traguardo. Solo Warbeck prova a stargli dietro, non andrà comunque oltre il secondo posto. Il premio per lo stronzo della settimana, quindi, va al caro John.

In concorso
Vers le sud
di Laurent Cantet (Francia/Canada)
Charlotte Rampling guida un gruppo di vecchie trombone dedite a gustarsi le meraviglie della nerchia negroide in quel di Haiti. A tempo pieno fu il miglior film che vidi a Venezia 2001. Vers le sud è uno dei più insulsi che ho visto a Venezia 2005. Il regista è lo stesso. L'atomica è ormai un obbligo.

Fuori concorso
Tim Burton's Corpse Bride
di Tim Burton (GB)
Splendido "cartone animato" in stop motion, Nightmare before Christmas all'ennesima potenza. Colonna sonora totale, realizzazione eccellente, sceneggiatura geniale, dolcissimo, divertentissimo, commoventissimo, un gioiellino e una delle cose più belle viste in questi otto giorni.

Tokyo Game Show
Metal Gear Solid 4
di Hideo Kojima (Giappone)
Ho appena visto il trailer, figata!

19.9.05

Venezia a Milano - 4 film all'alba


In concorso
The Brothers Grimm
di Terry Gilliam (GB)
Bella e divertente favoletta avventurosa, meno delirante rispetto ad altri film di Gilliam, ma il tocco si vede in tanti piccoli dettagli. Due ore piacevolissime, anche se in effetti il dubbio è lecito: che minchia ci faceva in concorso?

Sezione Orizzonti
The Wild Blue Yonder
di Werner Herzog (Germania/GB/Francia)
Uno pseudodocumentario sulla vita aliena raccontata dal sedicente "visitatore da un altro pianeta" Brad Dourif. Evocativo e delirante, prevedibilmente abbastanza lento, graziato da una signora colonna sonora.

In concorso
Takeshis'
di Takeshi Kitano (Giappone)
Fesseria dichiarata già nelle intenzioni, fesseria si conferma. Qualche gag diverte, qualche immagine rimane nella memoria, ma è poca cosa.

Sezione Giornate degli autori
C.R.A.Z.Y.
di Jean-Marc Vallée (Canada)
Come riconciliarsi col cinema francofono in 125 minuti. Venti anni di vita, fra i Sessanta e i Settanta. Il non sempre facile rapporto coi (4) fratelli e i (2) genitori. I (tanti) dubbi e le (poche) certezze, il sesso, la droga e il rock 'n roll. E Patsy Cline. Bello bello bello bello bello bello bello bello e bello.

18.9.05

Venezia a Milano - 48 ore all'alba


Fuori concorso
The Exorcism of Emily Rose
di Scott Derrickson (USA)
Bel mix fra horror e film "giudiziario", racconta il processo a un prete accusato di omicidio colposo per negligenza. La vittima è Emily Rose, convinta di essere posseduta da demoni e sottoposta dal prete a un fallimentare tentativo di esorcismo. In pratica (e riassumendo velocemente), secondo l'accusa la ragazza avrebbe smesso di sottoporsi a cure mediche su consiglio del prete e questo sarebbe il motivo della sua morte. Nel corso del processo si sprecano le occasioni per raccontare, sotto forma di flashback, le varie fasi della possessione e, ovviamente, il momento dell'esorcismo. Interessante il fatto che, pur spingendo assai di più - immagino per esigenze di spettacolo - sull'ipotesi della reale possessione, il film fornisca comunque anche l'altra possibile via, spiegando (anche con flashback che, ovviamente, "negano" quelli dell'altra versione) lo svolgimento dei fatti anche da un punto di vista non "misticheggiante". Ben fatto e appassionante, 'sto Emily Rose ha per me lo stesso problema del vecchio L'esorcista: questa roba non mi fa paura. E se L'esorcista per me era un triste e commovente film drammatico sulla storia di quella bimba, in questo caso si tratta di un intrigante versione demoniaca di un Grisham a caso. Il lato horror non riesce a mordermi le budella. Comunque mi ha perlomeno fatto venire voglia di una veloce ricerca su Internet, dalla quale ho scoperto che la vera Emily si chiamava Anneliese Michel (cui fra l'altro l'attrice Jennifer Carpenter assomiglia in maniera notevole).

Fuori concorso
The Descent
di Neil Marshall (GB)
Sei donne avvezze agli sport estremi decidono di farsi una vacanzetta esplorando un sistema di grotte e gallerie sotterranee sui monti Appalachi. Ci sarà qualche imprevisto. Ottimo horror di genere allo stato brado, senza derive autor(i)ali e senza concessioni: solo claustrofobia, sangue, violenza e panico. Questo Neil Marshall è davvero bravo, anche se ogni tanto gli scappa qualche sbavatura. E a questo punto devo recuperare in qualche modo Dog Soldiers, film d'esordio di Marshall esaltato come gioiellino in patria, ma appena intravisto in Italia (non so se è uscito al cinema, ha fatto un'apparizione in edicola in una serie di DVD horror ma me lo sono perso). Dopo averne letto benissimo per un sacco di tempo, già ero incuriosito, ma ora ho proprio la brama.

Fuori concorso
Bubble
di Steven Soderbergh (USA)
E dopo Kim Ki-Duk, anche Soderbergh prova a fare un film dei Dardenne. Storiella di miseria e squallidume nella provincia americana, realizzata con taglio realistico e utilizzando attori non professionisti sorprendentemente efficaci. Rispetto al classico film da festival europeo (genere cui comunque Bubble appartiene a diritto), manca un po' il senso del melodramma estremo, e non è detto che sia un male. Il risultato, però, è che finiscono anche per latitare le emozioni, ma magari è voluto. Un ottimo Soderbergh, e lo ammetto digrignando i denti. Ma digrignandoli esce il veleno, e allora mi chiedo quale sia il senso dell'operazione, se non l'ennesimo esercizio di stile del maledetto pelato, che stavolta voleva far vedere quant'è bravo a fare l'indipendente.

In concorso
O fatalista
di Joeao Botelho (Portogallo/Francia)
La scelta di passare all'atomica per la Francia si rivela eccellente, se pensiamo che così il Napalm possiamo deviarlo sul Portogallo.

Sezione Giornate degli autori
Naboer
di Pal Sletaune (Norvegia)
Sexy-thriller norvegese, surreale e straniante, con le musiche copiate da quelle di Basic Instint. Nei primi minuti sembra la classica cagata pazzesca, poi ci si inizia a rendere conto del meccanismo che sta dietro all'intreccio e, improvvisamente, il film rapisce, anche perché è girato davvero bene. L'unico problema, per quanto possa sembrare assurdo in una pellicola di 73 minuti, è l'eccessiva lunghezza. L'impressione, se ne parlava all'uscita, è che sia un cortometraggio "stiracchiato" fino a diventare un (corto) lungometraggio.

17.9.05

Venezia a Milano - Tre giorni all'alba


In concorso
Simpathy for lady Vengeance
di Park Chan-Wook (Corea del sud)
Capitolo conclusivo della trilogia sulla vendetta in cui Old Boy (Cannes 2004) era l'episodio centrale e di cui, come penso a molti, mi manca il primo. La struttura narrativa è quasi del tutto diversa dal precedente e questa volta la vendetta è molto più chiara e diretta, senza rivelazioni scottanti nel finale. C'è un crimine da punire, gestiremo. Un film meraviglioso, talmente ricco di idee che a volte si fa fatica nello stare dietro a tutto. Ogni singola immagine e piena di piccoli dettagli e di trovate eccellenti che vanno al di là l'esercizio di stile e riescono sempre a trovare un loro senso nel racconto. Questo Wook si conferma un talento pazzesco, capace di usare la macchina da presa come pochi e senza mai dimenticarsi di mantenere il racconto al centro dell'attenzione. Spettacolare anche nell'uso della colonna sonora, Lady Vengeance ha un solo difetto, il solito: manca un po' di senso della misura. Una sforbiciatina ogni tanto avrebbe forse giovato, ma la cosa si sente comunque meno rispetto a Old Boy, che personalmente trovo un'ampia spanna sotto.

In concorso
The Constant Gardener
di Fernando Meirelles (GB/Kenya/Germania)
Non ho visto City of God, quindi magari non pago la delusione e sono meno cattivo del "dovuto" con questo pretenzioso mix fra romance, thriller e film di denuncia ispirato a un romando di Le Carré. La storia racconta delle nefandezze compiute in Africa dalle multinazionali farmaceutiche e sarebbe anche interessante, se non si perdesse nel tratteggiare personaggi che faticano davvero ad uscire dallo stereotipo e dalla macchietta. Ripeto, non ho visto City of God, ma questo Mereilles mi sembra sia un po' troppo di maniera, con le sue musichette "emozionanti" e con quell'uso dei colori "drammatico". Nonostante tutto, e nonostante verso metà la testa abbia preso a ciondolare, non mi sento di bocciare completamente il film, ma temo i meriti siano quasi tutti del sempre ottimo Ralph Fiennes.

Sezione Orizzonti
Everything is illuminated
di Liev Schreiber (USA)
Altro mix di umorismo e dramma "ebreo", questa volta senza furbette sorpresine finali stile "sapete, vi abbiamo fatto ridere fino adesso, ma in realtà era un film drammatico: datemi un Oscar". A conti fatti, Schreiber avrebbe forse fatto meglio a mantenere la furbizia, dato che è tanto bravo a trattare la comicità (tutta la prima parte di film è adorabile) quanto impacciato e stucchevole quando si addentra nel sentimentalismo. Esilarante, comunque, il fatto che Elijah Wood interpreti un altro film in cui cerca un anello. Finirà come Orlando Bloom, che sembrano chiamarlo quasi solo per tirare frecce?

Sezione Giornate degli autori
Viva Zapatero!
di Sabina Guzzanti (Italia)
In un raro lampo di autocoscienza mi sono reso conto che le mie condizioni erano tali che se fossi andato a vedere il film di Abel Ferrara mi sarei addormentato sui titoli di testa. Ergo, schizziamo all'Anteo e sciroppiamoci il documentario della Guzzanti. Ottima scelta! Viva Zapatero! prende spunto dal caso Raiot e dai tristi episodi suoi compagni di disgrazia (che so, Biagi, Santoro, Paolo Rossi... ) per raccontarci con estrema lucidità, ironia e (amaro) divertimento perché e percome ci troviamo sotto regime.

16.9.05

Venezia a Milano - Giro di boa


Fuori concorso
La vida secreta de las palabras
di Isabel Coixet (Spagna)
Sarah "Sono quasi sopravvissuta agli zombie centometristi" Polley interpreta una ragazza un po' taciturna che finisce su una piattaforma petrolifera a fare da infermiera per Tim Robbins, un operaio rimasto ustionato a causa di un incidente. Da qui parte un gran bel film, fatto di bei dialoghi fra bei personaggi. Drammatico ed emozionante, ha forse l'unico difetto di essere un po' lento nella parte centrale. Molto, veramente molto bravi tutti gli attori.

Fuori concorso
The fine art of love - Mine Haha
di John Irvin (Italia/Repubblica Ceca/GB)
Il resoconto sugli avvenimenti in un collegio femminile germanico ai primi del novecento. Ovviamente le ragazze venivano trattate di merda. Signori, questa roba è spazzatura, ma di quella dimenticata sul balcone per giorni d'estate e che quando la sollevi il sacchetto fa la bava. Per un attimo ho temuto che fosse addirittura in concorso, ma evidentemente non sono stati fatti soffoconi a sufficienza per giungere a tanto. Disarmante, nel dilettantismo che traspira da ogni singolo fotogramma.

In concorso
La seconda notte di nozze
di Pupi Avati (Italia)
Un film adorabile, classica commediola agrodolce da Pupi Avati, piacevolissimo e divertente, si passa sopra alle ingenuità. Antonio Albanese, molto bravo, sta assumendo le fattezze di Lino Banfi.

Fuori concorso
Fragile
di Jaume Balaguerò (Spagna)
Ho sempre pensato che Balaguerò fosse un cretino sopravvalutato. Nameless era un film talmente ridicolo che non mi sembra neanche il caso di rivangare. Un po' meglio Darkness, se non altro perché c'era la Paquin che faceva la sciantosa e per il finale clamorosamente cupo. In questo caso, invece, bastano pochi minuti per rendersi conto che è tutto sbagliato: si tratta solo di arrivare alla prima apparizione di Calista Flockhart, che personalmente detesto come attrice e come donna. Fragile è la fiera del ridicolo involontario, riesce giusto a creare una vaga simulazione di tensione nella parte centrale, ma il giochetto crolla ogni volta che inquadrano il volto di quella sottospecie di mutante anoressica. Balaguerò, va detto, riesce comunque a sorprendere lo spettatore: quando sei ormai convinto di essere davanti semplicemente a un brutto film horror, il regista spagnolo alza ulteriormente il tiro e riprende a nuotare verso il fondo del pozzo di merda in cui si è infilato. L'ultima mezzora è dominata dalla moglie di Frankenstein che infesta il secondo piano dell'ospedale e che riesce nel non facile compito di risultare più ridicola della Flockhart. Il finale col principe azzurro, poi, è l'apoteosi. Fra l'altro, secondo me Balaguerò non lo voleva, il lieto fine. E' un duro, lui.

Sezione Giornate degli autori
Falling... in love
di Ming Tai-wang (Taiwan)
La cosa più interessante di questo film è lo stucchevole uso del colore. Non c'è molto altro, anche perché qualcuno si è scordato che fra la fase "scrivere un soggetto" e la fase "effettuare le riprese del film" ci deve essere la fase "scrivere una sceneggiatura". Invece, la "sceneggiatura" è "lui ama lei, lei ama lui, litigano, lui va in giro a chiavare con altre donne, succedono cose a caso". Forse da metà in poi succede qualcosa, ma non lo so, perché ho deciso che poteva essere più utile andare a casa e dormire un po'.

15.9.05

Venezia a Milano - Day three


In concorso
Good Night, and good luck
di George Clooney (USA)
Coppa Volpi per il miglior attore a David Strathairn
Premio Osella per la fotografia
Mamma mia, ma che bello! Eccellente "docufilm" sull'attività giornalistica della CBS nel periodo del maccartismo. Ottimo cast, tutti gli attori (Clooney, Jeff Daniels, Robert Downey jr. e Mito Frank Langella fra gli altri) sono davvero in parte e l'interpretazione di Strathairn è fantastica. Clooney, porca troia, è un signor regista, confeziona un film che è un piacere da guardare, e non solo per il micidiale bianco e nero. Marò, forse esagero, ma me ne sono innamorato, altro che "un po' palloso"...

Fuori concorso
Initial D
di Andrew Lau e Alan Mak (Hong Kong)
Ho spesso sentito parlare di Initial D, ma non ho mai avuto a che fare con una qualsiasi delle sue innumerevoli incarnazioni (serie animate, fumetti, videogiochi... ). Questo film, comunque, è proprio quello che è: l'adattamento di un manga per ragazzi. Sembra davvero di assistere alla versione "live" degli OAV che mi guardavo a raffica dieci e oltre anni fa. Ci sono tutti, ma proprio tutti gli stereotipi: i personaggi giovincelli, il protagonista belloccio, talentuoso e silente, l'amico Boss Robot, i rivali onorevoli con cui nasce l'amicizia virile, i cretini assortiti, il cattivo professionista, la storia d'amore pura, tenera, dolce, pucci pucci, pissi pissi bau bau micio micio. Ma tutto, proprio, compresi miliardi di altre cosette che adesso non mi vengono in mente. Unica differenza con ciò a cui ero abituato, il fatto che dieci anni fa l'episodio dell'albergo a ore si svelava essere un equivoco. Ad ogni modo, ripeto, un anime per adolescenti, cosa che, ahimé, mi pone ormai un filo fuori target. Simpatico, divertente, alcune gag funzionano alla grande e le gare sono girate molto bene, ma lo si guarda con sufficienza, mentre probabilmente dieci anni fa mi ci sarei gasato a dismisura.

Fuori concorso
Four Brothers
di John Singleton (USA)
La carriera di John Singleton mi lascia perplesso: l'esordio con Boyz 'n the Hood è fulminante (o perlomeno così me lo ricordo), ma poi, per quanto con Shaft mi sia tutto sommato divertito, vengono un po' i brividi a scorrere la lista su IMDB. Come a quella cosa impresentabile di 2 fast 2 furious si possa far seguire questo signor film francamente mi sfugge. Ma del resto non sono nigga e non faccio il regista. Four Brothers è un film motherfucka di brutto, spacca i culi abbestia e non disdegna il buon sentimento. Una sceneggiatura di granito, che mette assieme praticamente solo stereotipi, ma lo fa con una padronanza devastante, una regia d'acciaio, che non si concede la minima sbavatura, e una serie di personaggi letteralmente cuciti addosso agli attori. 104 minuti di intrattenimento puro ed efficacissimo, non stanca mai, tocca i tasti giusti ed emoziona. Respect.

In concorso
I giorni dell'abbandono
di Roberto Faenza (Italia)
ROTFL, ma cosa è 'sta cosa? Non la capisco. Per due terzi circa sembra quasi un bel filmetto, una commedia agrodolce divertente, con dialoghi tutto sommato azzeccati e situazioni deliziose nella loro assurdità. Poi, all'improvviso, si prende sul serio e diventa la solita puttanata italiota pretenziosa e poetica come un bacio perugina. Bah, comunque fino a un certo punto è molto divertente. Ah, ma è un'impressione mia o la mania della sponsorizzazione è ormai ufficiale anche nei film italiani? Il bennet in Texas, il videotelefono qui...

Gabrielle
di Patrice Chereau (Italia/Francia)
Non so bene il motivo, ma ormai è ufficiale: a 'sto giro i film francofoni mi respingono. Non so come mai, e mi suona anche strano, visto che spesso in passato i miei film preferiti della rassegna veneziana erano di origini transalpine, ma così è. Appena sento parlare in francese, scatta il travaso di bile e non mi controllo. Non riesco a proprio a concentrarmi sul film, magari ne apprezzo la fotografia, la cura per l'immagine, la messa in scena particolare, ma non riesco a farmi prendere. Non mi acchiappa. E sì che ci provo, eh! Ma non c'è nulla da fare, bastano pochi minuti e mi ritrovo a pensare ai fatti miei, a cose tipo "chissà che stanno facendo in Champions", "dobbiamo fare l'asta del fantacalcio", "che ora è?", "minchia, domani è meglio se scrivo l'introrece", "che è 'sta puzza?" e via dicendo. Detto questo, Gabrielle fa comunque vomitare, eh. Ma proprio senza diritto di replica.

14.9.05

Locarno/Venezia a Milano - Day two


Locarno, sezione Piazza Grande
On a clear day
di Gaby Dellal (GB)
In queste rassegne non manca mai. E' lei, la classica commediola brit pop, con tutti i suoi assi nella manica: buonismo, personaggi-macchietta, buonismo, piccoli e grandi drammi familiari, buonismo, una missione catartica da portare a compimento, buonismo, buoni sentimenti e buonismo. Comunque piacevole e divertente per un'oretta, diventa insopportabile nella parte finale. Quando è partito l'applauso del pubblico in sala mi sono caduti quattro denti. Menzione speciale per Peter Mullan, eccellente anche quando recita in queste scemenze.

Locarno, in concorso
La neuvaine
di Bernard Emond (Francia)
Premio miglior intepretazione maschile
Premio ambiente e qualità di vita della Giuria dei Giovani(ROTFL)
Premio Giuria Ecumenica
Altro che Napalm, l'atomica ci vuole. Fottuti mangialumache.

Venezia, fuori concorso
Edmond
di Stuart Gordon (USA/Francia/GB)
DM: "Pronto?"
SG: "Pronto, parlo con David Mamet?"
DM: "Sì, sono io, con chi parlo?"
SG: "Ciao, David, sono Stuart, Stuart Gordon!"
DM: "Oh, ciao Stu, è un pezzo che non ci si sente... "
SG: "Già, dal party in quel locale... saranno sei mesi... come stai, tutto a posto?"
DM: "Sì, sì, tutto ok... mi fa piacere sentirti, che mi dici?"
SG: "Beh, ecco, volevo farti un saluto... e magari sapere a che punto sei con la sceneggiatura!"
DM: "La sceneggiatura... "
SG: "Ma sì, dai, ti ricordi, ci eravamo lasciati con la promessa che avresti scritto il mio prossimo film!"
DM: "... AH, SISISI, RICORDO! Te l'ho promesso mentre offrivi il quinto giro!"
SG: "Eh, adesso non ricordo questi dettagli, però... "
DM: "Eh, Stu, i dettagli sono fondamentali."
SG: "Hai ragione. Vabbé, allora, che mi dici?"
DM: "Scusa un attimo."
Mamet mette una mano sul microfono della cornetta.
DM: "Tesoro? Ascolta, mica ti ricordi dove ho messo Edmond? Ma sì, dai, la sceneggiatura, quella fesseria che ho scritto quando andavo al liceo... dai, quella che abbiamo trovato spostando la cassapanca... esatto, quella! Ah, nel terzo cassetto? Ok, grazie!"
Mamet leva la mano dalla cornetta.
DM: "Eccomi, scusa l'interruzione."
SG: "Ma no, figurati."
DM: "Dicevamo... la sceneggiatura è pronta!"
SG: "Davvero?"
DM: "Certo, l'ho finita non più di una settimana fa. E devo dire che mi sembra proprio un ottimo lavoro!"
SG: "Ma è fantastico! Possiamo vederci, così me la dai, facciamo una rimpatriata... "
DM: "Mmm... no, ascolta, per me è un po' difficile, sai, sono pieno di lavoro, e stiamo ristrutturando casa... forse è meglio se te la spedisco, dai."
SG: "Uh, ok, hai ragione, non voglio disturbarti oltre. Hai ancora il mio indirizzo?"
DM: "Credo di sì, ma qui è un casino adesso, sai, forse è meglio se me lo ridai."
SG: "Certo! [INDIRIZZO CANCELLATO PER TUTELARE LA PRIVACY DI STUART GORDON]"
DM: "Ok, allora domani come prima cosa ti spedisco il copione."
SG: "Fantastico, ti ringrazio davvero tanto David, io... "
DM: "Sì sì, ok, non devi ringraziarmi, adesso scusa, però, devo andare. Ciao, eh."
SG: "Ok, ciao, e grazie ancora."
DM: "TU-TU-TU-TU"

Venezia, fuori concorso
Texas
di Fausto Paravidino (Italia)
Gran bell'esordio, per un autore che sicuramente mostra inesperienza nel tenere le redini della storia e appare ancora un po' grezzo, ma senza dubbio ha un bel potenziale. Un film corale, volendo mucciniano, anche se non ha quella cura per l'immagine (ma neanche quella patina e quella pretenziosa prosopopea). Divertente e intrigante, con tante belle idee, come la conversazione all'autogrill, e anche qualche ingenuità. Soprattutto ci mette troppo a tirare le fila del discorso e il finale si fa confuso. Bella sorpresa, comunque.


DM: "Pronto?"
SG: "Ciao, David!"
DM: "Mmm... "
SG: "Come, non mi riconosci?"
DM: "Brian Yuzna?"
SG: "Hahahah, spiritoso! Sono Stuart, dai!"
DM: "Ah, ciao, Stu, come va?"
SG: "Alla grande! Ho letto il copione, è strepitoso, non vedo l'ora di mettermi al lavoro."
DM: "Mi fa piacere."
SG: "No, davvero, voglio ringraziarti, è una storia bellissima, e io credo che ne verrà fuori un gran film."
DM: "Dai, non esagerare."
SG: "Non scherzo, faccio sul serio. Voglio presentarlo a Venezia."
DM: "ROTFL"
SG: "Come?"
DM: "No, scusa, è che ho gli operai in casa, sai, stiamo ristrutturando... "
SG: "Ah, certo... beh, non ti disturbo oltre, volevo solo ringraziarti.
DM: "Ma figurati, non è niente. E' stato un piacere, anzi. Ciao, eh."
SG: "Ciao e grazie ancora!"
DM: "TU-TU-TU-TU-TU"

13.9.05

Locarno/Venezia a Milano - Day one


Giornata interamente dedicata al festival di Locarno.

In concorso
La guerra di Mario
di Antonio Capuano (Italia)
Menzione speciale per Marco Grieco
Un bambino insopportabile, figlio di una vacca insopportabile, viene affidato a una donna insopportabile, che ha una madre insopportabile, sta con un uomo insopportabile e deve sottostare alle inquisizioni di una psicologa insopportabile per evitare che le venga tolto l'affidamento. Insopportabile.

In concorso
Nove vite da donna
di Rodrigo Garcia (USA)
Pardo d'Oro
Premio per la miglior attrice ex aequo alle nove protagoniste
Primo premio giuria dei giovani
Menzione speciale Giuria FICC/IFFS
Nove brevi episodi pescati dalla vita di altrettante donne e narrati tutti con efficaci piani sequenza. Il filo conduttore, perlomeno il più sottolineato, si rende esplicito per bocca di una delle protagoniste verso metà: "Il mondo è piccolo". E infatti piano piano i personaggi dell'una o l'altra storia appaiono come funghi e collegano gli episodi nelle maniere più inattese. Nel finale il giochino dei rimandi (forse) svanisce. L'idea è davvero quella di raccontare brevi "segmenti", tanto che quasi nessuno ha una vera conclusione e spesso si rimane lasciati in sospeso. Strepitoso l'episodio con la Robin Wright, ottimi praticamente tutti gli altri, apprezzabile il fatto che non sia l'ennesimo film sulle donne che spiega agli uomini (inutilmente, perché non possono capire) quali incredibili, meravigliose creature esse siano. Davvero brave e in parte le attrici.

Sezione Cineasti del presente
Lonesome Jim
di Steve Buscemi (USA)
Simpatico, divertente, cinico, un po' buzzurro e cattivello, ma con un cuore grande così: ormai da tempo Steve Buscemi interpreta praticamente sempre lo stesso personaggio e non stupisce che, nel mettersi dietro la macchina da presa, confezioni un film che corrisponde alla stessa descrizione. Scritto bene e piacevolissimo, quel cretino di Zach Braff dovrebbe dargli un'occhiata.
Ah, Casey Affleck è la versione Giovanni Ribisi di Ben Affleck. Un po' inquietante.

In concorso
Un couple parfait
di Nobuhiro Suwa (Francia/Giappone)
Premio speciale della giuria
Premio giuria C.I.C.A.E./Arte & Essai
Il napalm, sulla Francia intera. Anche sul Giappone. Ma soprattutto sulla Francia.

In concorso
3 Grad Kaelter
di Florian Hoffmeister (Germania)
Pardo d'argento miglior opera prima
Il grande tiepido. Cinque anni dopo, un gruppetto di amici si ritrova all'insegna di gelosie, vecchi rancori, tresche amorose, antipatie e menate varie. Non è ancora morto nessuno, ma per la fine del film il desiderio di farne fuori almeno un paio è forte davvero. Solita fighettatina tedesca, tutta pulitina, perfettina, leccatina, patinatina e sotto vuoto spinto. Bella raga, tutto rego.

 
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