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31.12.05

La notte del drive-in


Drive-in e Drive-in 2 (Not Just one of Them Sequels)
(USA, 1988 e 1989)
di Joe R. Lansdale


La macchina sbandò e io sterzai nella direzione della sbandata, come spiegano i manuali, ma la sbandata disse "vaffanculo", le ombre ingoiarono la macchina e si portarono via la luce.

In queste poche parole è sintetizzato quasi tutto La notte del drive-in. Diretto, privo di fronzoli, (auto)ironico e sferzante, irresistibile per il suo stile asciutto e lapidario. Qui Lansdale dà libero sfogo a tutta la sua fantasia, non guarda in faccia a nessuno e gioca coi suoi personaggi per oltre trecento pagine, mettendo in scena un irresistibile horror di serie Z, ma scritto con una maestria da serie A. Un lungo carrozzone degli orrori, che ti prende alle budella fin dalle prime pagine e non ti molla più, travolgendoti col suo allucinante cast. Mostri mutati che vomitano pop corn e si autoeleggono imperatori, uomini con televisori al posto della testa, foreste con pellicole assassine penzolanti dai rami degli alberi, tirannosauri affamati sul ciglio di una strada senza fine... questa è la popolazione ospitata dal cinema Orbit prima e dal mondo intero poi.

L'impossibile, il delirante, diventano credibili e affascinanti, grazie a una prosa asciutta, piacevole, divertente. E il racconto procede veloce su una vecchia Plymouth decappottabile rossa e bianca, con il tettuccio alzato. Sfreccia fino all'inevitabile conclusione, che rifugge da moraline consolatorie tanto quanto dall'apocalittico "bad ending", ormai quasi più banale di un lieto fine. Succede solo quello che deve succedere, seguendo l'illogica linearità di un cosmo narrativo senza alcun senso apparente.

E per trovare qualcosa di realmente consolatorio in quell'apparente lieto fine, bisogna essere decisamente appassionati di bicchieri mezzi pieni.
Mezzi pieni di merda, però.

29.12.05

Usenet Amarcord #004


26 Marzo 2003
Il Vanz pubblica su it.arti.cinema questo esilarante messaggio, in cui elenca le sacre leggi del cinefilo integralista. Un decalogo carico di (auto)ironia, divertentissimo già di suo, ma che ebbe anche il merito di generare un paio di thread molto simpatici. Ovviamente, come al solito, in fondo trovate gli appositi link a google gruppi.


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Il Decalogo del Cinefilo Integralista (Istruzioni per l'Uso della Sala Cinematografica)

1. Al Cinema si arriva almeno mezz'ora prima, anche con il posto garantito. Non per fanatismo, ma per godersi religiosamente l'aspettativa, passeggiare sulla morbida moquette rossa dell'atrio, ascoltare di nascosto quello che si dicono le coppie mentre arrivano.
E soprattutto scegliersi con cura i posti (vedi punto 3).
Anche se sono decisi dal computer, se si è in più di due è bene essere quello che assegna i posti. Comunque sconsigliato andare al cinema in più di quattro.

2. Niente Popcorn, coche cole, merendine, cazzi e mazzi: al cinema si va per guardare un film, non per mangiare.
Se hai fame vai in pizzeria, ma non venire a rompere i coglioni a me col crik crok mentre guardo un film (eccezione di mafe: a meno che non sia un Bond, Mission Impossibile o un film tratto da un videogioco).

3. I Posti: Avanti e Centrali, e su questo non si discute. Nessun possibile negoziato: rigorosamente i posti centrali tra la quarta e la settima / ottava fila, a seconda delle dimensioni dello schermo e della distanza tra prima fila e schermo.

4. Lo Squillare in Sala (anche a film non iniziato) di un cellulare lasciato (anche inavvertitamente) acceso implica l'immediata punizione con taglio della mano rituale sul ceppo in cui il bigliettaio infila le matrici dei biglietti. La cerimonia sarà pubblica, per educare le masse.

5. Durante la Pubblicità si sta zitti e si guarda lo schermo: anche quella è stata girata da un regista (cioè qualcuno molto più bravo a girare dello spettatore, quindi è il caso di mostrare rispetto).
Parlare durante i trailer è quasi altrettanto grave che parlare durante il film (vedi punto 6).

6. Durante il Film *Non si Parla*, mai, MAI, per *nessuna ragione*.
Inoltre si evita di tossire e si respira piano.

Al di fuori del principio d'incendio e altri rischi di morte immediata, non ci sono possibili deroghe a questa regola, il mancato rispetto della quale può scatenare rappresaglie di entità sharoniane.

Se si ha il raffreddore o la tosse non si vada a contagiare altre trecento persone, se si hanno bambini irrequieti li si porti a vedere Monsters Inc. al sabato pomeriggio e non a rompere i coglioni durante i film veri, se non si governa l'animalesco istinto di commentare come se si fosse davanti a Domenica In, si stia a casa a guardare Domenica In e a regredire allo stadio di homo erectus.
Tutti vedono le stesse cose che vedi tu, perché, *PERCHE'* insisti a raccontarle al vicino?

7. Durante l'intervallo (che non dovrebbe nemmeno esistere) è consentito - ma sconsigliato - fare una rapida incursione in bagno per necessità fisiologiche, sempre in silenzio.
Il film non è finito: non c'è il tempo né la voglia di uscire dalla trance per soddisfare i petulanti bisogni di comunicare altrui, che devono essere repressi.

8. Durante i Titoli di Coda si sta seduti e li si legge: si dà il caso che contengano informazioni non secondarie quali i nomi di tutti gli attori e comparse, del montatore e dell'aiuto regista, titoli e autori dei brani presenti nella colonna sonora, e spesso anche il nome del regista, informazione che più di metà degli spettatori di solito ignora.

Durante i titoli di coda è consentito parlare solo per commentare il casting e le varie professioni del cinema (era meglio il gaffer o il best boy grip, ecc). Sulla colonna sonora è d'obbligo il religioso silenzio, poiché scorre così in fretta da richiedere la massima concentrazione.

9. All'Uscita dalla Sala la domanda da NON fare mai a bruciapelo è “ti è piaciuto?” (soprattutto se condita da amenità quali “tu che ti intendi di cinema”).
Importante: *NON si esprimono opinioni* sul film almeno fino al giorno successivo: qualunque cosa detta prima è inaffidabile e a serio rischio di stronzata.

10. All'Uscita dal Cinema lo Spettatore potrebbe essere in stato di trance, e va trattato come un sonnambulo. Non gli si parli. Se proprio si deve, lo si faccia piano e lentamente, senza concetti complessi e comunque sempre senza domande sul film.
Non si chiedano spiegazioni sulla trama: è il classico argomento da tenere per la cena successiva, nella quale forse qualche illuminato avrà la pazienza di risolvere le incomprensioni e arricchire i livelli di lettura più primitivi.

Il thread originale su google gruppi
Un altro thread generato dallo stesso post

Shannara

Shannara (Randomsoft, 1995)
sviluppato da Legend Entertainment - Lori & Corey Cole


Il mercato delle avventure grafiche è oggi in mano a giochi per lo più risibili, osannati da quella stessa critica che dieci anni fa li avrebbe stroncati senza tanti complimenti. Da una parte, raccolte di quesiti della Siusi e giochini modello Settimana Enigmistica, cui script flebili fanno da inutile filo conduttore, dall'altra mediocri epigoni dei classici Lucas e Sierra, caratterizzati da sceneggiature scadenti, enigmi senza capo né coda, passaggi illogici come se piovessero. Il mai nel game design, l'illudere il giocatore con sfavillanti promesse di false possibilità e il tarpargli le ali con illogica inadeguatezza. Se quando stai giocando ti chiedi ogni due minuti "Perché non posso fare questo?", generalmente la colpa è di chi il gioco l'ha creato, perché non è stato capace di mettere in piedi una struttura narrativa e ludica tale da guidarti in maniera corretta, illudendoti che le possibilità offerte siano le uniche logiche. E questo, nelle avventure grafiche moderne, succede di continuo.

Shannara, per quanto possa essere banale dirlo, è un avventura grafica come non se ne fanno più. E del resto ci mancherebbe pure che non lo fosse, visto che è uscita dieci anni fa. Ha una sceneggiatura di gran qualità, sicuramente intrisa di stereotipi, ma che proprio per questo funziona alla perfezione. Si incastona ottimamente nella mitologia a cui si ispira, dando al primo libro della saga un discreto seguito "apocrifo". Strutturata come un mix fra l'aspetto delle avventure testuali classiche, da cui eredita la piacevole verbosità delle descrizioni, e l'interattività delle saghe Lucasiane prima maniera, Shannara offre una serie di enigmi ispirati e sempre caratterizzati da una logica ferrea, anche se magari mai particolarmente impegnativi. Paga forse una certa rigidità strutturale, che impone la risoluzione di un singolo ambiente (in genere costituito da non oltre quattro schermate) per poi passare al successivo, ma la costruzione degli enigmi e lo sviluppo della storia sono sufficientemente ben organizzati da non far pesare la linearità. Di sicuro ha i suoi difetti, da ricercare per esempio nel sistema di combattimento, che comunque è tanto accessorio da risultare trascurabile, e nella scarsa qualità dei filmati, in ogni caso pochi e brevi. Ma è e rimane ancora oggi un gioiellino, un romanzo per (solidi) enigmi e (piacevoli) immagini, appassionante da sfogliare, capace di emozionare e divertire, che chiede solo quel minimo di adattamento dovuto a una decade di polvere.

27.12.05

Qualcuno mi fermi


Non riesco a smettere di postare cazzate.
Ho inserito in archivio la presa per il culo di Episodio III e le recensioni di Ico ed Elizabethtown.

Basta, basta, basta, è una droga, è un delirio, devo smetterla, devo porre fine a tutto questo...

Giusto per...

... essere sicuro che si noti, casomai a qualcuno interessasse, ribadisco:

"Ops, mi hanno appena fatto notare che avevo impostato i commenti al blog come "solo per chi è registrato". Sono un coglione. Ho risolto."

A buon rendere.

Smanettando col blog

Blogger.com, purtroppo, non prevede la divisione in categorie dei vari post.
Sono comunque riuscito ad ottenerla smanettando un po' con l'html, appoggiandomi a del.icio.us e sfruttando il metodo spiegato in questa pagina. Mi sembra un po' macchinoso, ma funziona, e per il momento può andare.

Già che c'ero, oltre ad aggiungere ovviamente i riferimenti alle categorie in fondo a ogni post, ho registrato il blog su Technorati e ho modificato un po' la colonna di destra, inserendo i link all'archivio diviso per argomenti e riorganizzando un po' tutto.

Ah, ho anche inserito un flipbook, che ad ogni aggiornamento della pagina mostra una selezione di fotografie. Una bella cazzata. Cazzata, ma bella.

Oltre a tutto questo, ho anche iniziato a recuperare da usenet un po' di vecchi miei post cui, per un motivo o per l'altro, sono particolarmente affezionato. Si tratta tendenzialmente di recensioni o articoli su film e videogiochi, che metterò sul blog per tenerli tutti assieme. Per sfizio, li inserirò con la datazione originale, quindi, se ci tenete, potrete accedervi dai link relativi all'archivio.

P.S.
Ops, mi hanno appena fatto notare che avevo impostato i commenti al blog come "solo per chi è registrato". Sono un coglione. Ho risolto.

26.12.05

L'immagine della sconfitta

Bei momenti #002

- tartine di tre tipi (soppressa, burro e salmone, lardo e miele);
- olive verdi;
- grissinoni con prosciutto crudo arrotolato;
- olive ascolane dell'amica marchigiana;
- cannelloni ricotta e spinaci;
- tortellini di carne in brodo di gallina e manzo;
- faraona ripiena;
- patate duchesse;
- verdure panatefritte;
- cipolline in agrodolce;
- paste del pasticcere figo in centro;
- pandoro, panettone e veneziana;
- burp.

23.12.05

Autoregali di Natale


Viva le offerte speciali di play.com, la tessera blu di Feltrinelli e l'irresistibile vortice consumistico natalizio.

Usenet Amarcord #003


Aprile 1999
La Juventus di Ancelotti è stata eliminata dalla Champions League, perdendo 3 a 2, in casa, contro il grande e fortunato Manchester United, che andrà poi a vincere la finale col Bayern Monaco segnando due gol nei minuti di recupero. Il giorno dopo la partita, andrea, che all'epoca non era ancora stato ribattezzato Mensola, manda su it.fan.studio-vit questo leggendario post, da conservare a memoria imperitura.


---

gobbus gobbis

PREPARTITA
"dai che li roviniamo."

1-0
30 secondi di esultanza scomposta.
"grandissimo inzaghi,
ora tutti in difesa e vai di contropiede
cazzo che visione di gioco che c'ha zizou"
primo calo di tensione, il gobbus gobbis si pone più rilassato nei confronti dell'incontro.

2-0
1 minuto di abbracci e salti.
"e quello sarebbe un difensore?
stam dimmerda, superpippo non lo vedi nemmeno.
mitica juve 5° finale cosecutiva"
secondo, clamoroso calo di tensione:
il gobbus gobbis si toglie le scarpe, slaccia la cintura e prende da tazzare.
rutto libero.

PRESSIONE DEL MANCHESTER
il gobbus gobbis sottovaluta.
disinteresse, parla d'altro..
"occhio, c'è un angolo....."

2-1
23 secondi di silenzio
15 secondi di bestemmie
"ma che è successo?
aspetta, guarda il replay.
ma l'ha anticipato?
ma chi ha sbagliato?peruzzi? -cit-
che gol del cazzo"
defcon 2
il gobbus gobbis si rimette le scarpe,
riallaccia la cintura e si ricompone.

2-2
1 minuto di silenzio misto a bestemmie.
"era fuorigioco!
-replay-
ma ferrara che cazzo combina stasera?
minchia...
e adesso?
chi passa così?
loro?
vabbè. ma ora ci ripigliamo"
generalmente in questo momento entrata trionfale di figura femminile(ragazza-moglie-madre-sorella-amica)
con voce acutissima
"come va la juve?"

1° PALO DEL MANCHESTER
pallore
"allora..
chi era?
pessotto?"
defcon 1

INTERVALLO
clima tesissimo.
rilancio di ottimismo inconscio.
"ci hanno fregato i due gol all'inizio,
ci siamo seduti.
c'è da dire che quando li abbiamo attacati li abbiamo messi in difficoltà,
bene o male dipende da noi
chi può entrare, fonseca?esnaider?(nda ^____^)
dai che si comincia"
sparito qualsiasi elemento di distrazione.(bevande et similia)
riti scaramantici.

IL MANCHESTER CONTINUA AD ATTACCARE
-urlando-
"ma allora?
che cazzo fate?
fuori i coglioni!!!"

2° PALO DEL MANCHESTER
euforia
"alè
sono buoni segnali
nel calcio chi sbaglia paga
dai che ora lo facciamo"

AZIONE 2-3
concitazione
"no! montero!
segalo! segalo!
mano! mano!
esci peruzzi!
ammazzalo!
non è rigore!
-gol-
era rigore!
non esisite il vantaggio sul rigore!
-velocissima elaborazione mentale: ora annulla, espelle peruzzi, da un rigore, in porta entra pessotto, lo para, e poi vediamo chi va in finale-
ma che fa? lo convalida?
-confusione-
ma alla lazio con il perugia.....
-rassegnazione-
ora quanti dovremmo farne?
2?
quanto manca?

INQUADRATURA DI ZIDANE
-braccio teso in evidente segno di disprezzo- "vatteneaffanculoinspagnatuelaputtanadituamoglie!
francese del cazzo
dopo il mondiale tutto l'anno a farsi seghe
tu e quell'altro bastardo di deschamps
mica come di livio"

ULTIMI 2 MINUTI
rancore populista-demagogico
"con tutti i soldi che prendono,
almeno calatevi un po' di più,
a lavorare, vi manderei."

FISCHIO FINALE
..........
off

Il thread originale su google gruppi

22.12.05

A testa alta


Walking Tall (USA, 2004)
di Kevin Bray
con The Rock, Johnny Knoxville, Neal McDonough


Il film anni Ottanta con Schwarzenegger, Commando, Danko, Codice Magnum, le mazzate e le risate, scanzonato e divertito, autocosciente e senza vergogna. A testa alta è esattamente quello, quella cosa.

Lui che torna nel paese natale, ma non è più come una volta, c'è la corruzione, c'è il male, è tutto malato.

E allora lui spacca i culi.

Con la trave.

Prende la trave.
E la fa vorticare.
Poi la lima un po'.
E ci fa una mazza.
E la fa vorticare.

Arnold Schwarzenegger è tornato.
E gli fa il culo, a Vin Diesel.

21.12.05

Madagascar


Madagascar (USA, 2005)
di Eric Darnell e Tom McGrath
voci di Ben Stiller, Chris Rock, David Schwimmer, Jada Pinkett Smith


Ogni tanto mi capita di osservare su Gambero Rosso Channel la preparazione di piatti che mi sento di poter definire "di design". Splendidi da osservare, minuti ed eleganti, magari anche gustosi all'assaggio, ma un po' troppo "ristretti". L'impressione è che manchino un po' di sostanza. Ecco, Madagascar è un film di design, con la differenza che non c'è manco troppo gusto a mangiarlo.

Lo stile grafico è spettacolare, gli "attori" sono deliziosi e in particolare il leone isterico (che pure come personaggio mi stava sulle palle dopo venti secondi) è una meraviglia da guardare. Oso dire che le migliori trovate del film siano strettamente estetiche (penso per esempio al momento in cui i protagonisti sono rinchiusi nelle casse sulla nave). Oltre a questo, ci sono i pinguini, semplicemente esilaranti, perlomeno fino all'arrivo in Antartide (poi, in effetti, snoiano un po' anche loro). Il resto? Il resto non c'è.

Mancano le idee, le trovate, i tempi comici, non c'è sostanzialmente nulla, in un film che scorre moscio, prevedibile e privo di guizzi per ottanta minuti che, pur non essendo per nulla lenti, traballano pericolosamente sul baratro della noia fin dall'inizio (soprattutto all'inizio). Anche interessante il tema di fondo, ma sviluppato senza la minima verve.

Leggo che il ruolo dei pinguini inizialmente era marginale, e che è invece stato dato loro più spazio quando ci si è resi conto che funzionavano alla grande. Giuro che guardando il film ho invece avuto l'impressione che all'inizio ci fossero solo i pinguini, che si fosse partiti da un cortometraggio dedicato alla loro fuga verso la libertà e le origini. Sarebbe stato fantastico, tanto quanto è invece inutile il povero e vuoto film costruito loro attorno a colpi di mancanza d'idee sostituite da una lunga serie di (neanche troppo e neanche tutte) simpatiche citazioni.

Pollice verso, e anche abbastanza netto.

20.12.05

Droghe culinarie


La Cloti, mamma della mia dolce metà, ultimamente ha compiuto due atti di estrema bontà, regalandoci prima un tostapane e poi un'affettatrice.

Il tostapane e' quell'affare bianco che si vede apppena nella parte alta della foto, quello con disegnata sopra la faccia di Hello Kitty.

Già.

Esattamente, tosta le fette di pane disegnandoci sopra la faccia di Hello Kitty. Una follia, insomma, che però fa bene il suo lavoro, va detto.
Ecco, da quando quel coso è entrato in casa, il pane tostato è diventato una droga: a colazione, con burro e marmellata, a merenda, con prosciutto e formaggio, in qualsiasi momento, con qualsiasi cosa.

Ieri sera abbiamo inaugurato una nuova droga, vale a dire l'affettatrice che vedete in primo piano, caricata con dell'ottima soppressa e impreziosita da un pezzettone di prosciutto crudo e un altro pezzettone di speck, che nell'immagine non appare. Ieri sera ho avuto un attimo di frenesia affettando come un ossesso tutto quello che mi capitava a tiro.

In questo momento mi sto mangiando due toast, entrambi con soppressa, sottiletta e prosciutto crudo.
Tremo al pensiero delle domeniche pomeriggio passate affettando.

Post Scriptum delle 18:08
Dalla regia mi intimano di comunicare che prosciutto, soppressa e speck sono un regalo del babbo.

Usenet Amarcord #002


Settembre 2003.
Per l'ennesima volta sto seguendo la rassegna milanese legata al Festival del cinema di Venezia. Il 14 settembre, in particolare, fra i film proposti, c'è Un film parlato, di Manoel de Oliveira. Una merda colossale, che ha però il gran merito di generare questo splendido post, scritto da AP su it.arti.cinema.


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I vecchi registi sono rincoglioniti tutti

E de Oliveira guida la pattuglia.

Sono appena uscito da una esperienza allucinante, 100 minuti di delirio come potrebbe essere un film fatto da Elio dopo una conversione mistica.

Siamo su una nave, anzi, stiamo per salirci, una bella mammina con una bambina petulante ci salgono.
La bimba continua a fare domande, le tipiche domande che fanno le bambine di otto anni.
Perche' la chiesa si e' divisa tra ortodossi e cattolici?
Cosa sono i mussulmani?
Perche' instanbul ha cambiato nome da Costantinopoli?
Quando e' finito il medio evo?
Perche' un popolo evoluto come gli egiziani aveva gli schiavi?
Solite domande che tutti i bambini di otto anni fanno.
E la mamma risponde paziente.
MOLTO paziente, e la bambina ascolta, perche', come dira' piu' avanti "mi piace imparare".
Chi perde la pazienza e' il pubblico in sala, che non crede a quello che vede.
La bimba continua a fare domande, e la mamma risponde.
Mamma e figlia partono dal portogallo per andare a Bombay, in nave, e la cosa sembra gia' abbastanza stupida di suo, ma de Oliveira decide di non risparmiarsi e ci offre raffinati espedienti narrativi di questo tipo:
punta della nave che fende le onde
primo piano sulla bimba che fa la domanda
primo piano sulla mamma che risponde guardando in camera.
piano sulla punta della nave, onde, domanda, mammina.
piano sulla punta della nave, onde, domanda, mammina.
Non le ho contate, ma il giro e' tornato almeno 20 volte.
Breve sosta a Marsiglia.
Poi si riparte
Piano sulla punta della nave, onde, domanda, mammina.
piano sulla punta della nave, onde, domanda, mammina.
Breve sosta a Atene.
Piano sulla punta della nave, onde, domanda, mammina.
Piano sulla punta della nave, onde, domanda, mammina.
Ero allucinato, sembrava una puntata particolarmente lisergica dei viaggi della Licia Colo'.
Ora, non voglio sembrare uno poco paziente, ma continuavo a guardare l'orologio e posso darvi dei riscontri temporali.
Questo giochetto punta della nave, bimba, domanda, mamma, dura 50 minuti.
Dalle 20.00 alle 20.50.
50 cazzo di interminabili minuti dove tutto quello che fanno e':
Piano sulla punta della nave, onde, domanda, mamma.
Sulle prime domande un qualche senso di gratitudine viene, in fondo a volte mi vedo rai educational, o i documentari su sky, qualche cosa di interessante prima o poi salta fuori, ma 50 minuti sono troppi.
Le seggiole del Plinius, particolarmente scomode, diventavano roventi.
Mi guardo intorno, piu' o meno tutti si stanno contorcendo sulle seggiole
come anguille trafitte.
Qualcuno ride nervosamente.
Dopo 50 minuti ci si sposta dentro la nave.
Su questa nave ci sono la Sandrelli, la Irene Papas e Cristine Deneuve.
Tutte belle anzianette e chiattone.
Sono sedute al tavolo col comandante della nave, Malkovich, il quale cerca di bere senza alzare il bicchiere.
Ci prova almeno 3 volte, facendo le labra a cucchiaino o piegando la testa e facendo altre strane mossette, tutto meno che la cosa ovvia di alzare il bicchiere, chiaro sintomo di qualche disturbo causato dal disagio.
Sono allo stesso tavolo e discutono nelle loro rispettive lingue, greco, italiano, francese, inglese.
Come metafora non vedevo nulla di cosi' grossolano e ridicolo dai tempi del muto.
Come recitazione e sceneggiatura siamo sottoterra, l'unica che sembra piu' a suo agio e la Papas, alla quale probabilmente non sembra vero di essere in un film e di infilarci una cantatina.
Alla cantatina in greco senza accompagnamento ho visto gente tentare di impiccarsi con le tende davanti alle porte, ma erano troppo spesse per farci un cappio.
Io speravo entrasse un comando ceceno col gas paralizzante.
Qualcuno si chiudeva le dita nella cerniera delle sedie per avere una distrazione piu' divertente.
I piu' erano con lo sguardo fisso, catatonico, di quello che precede l'attacco epilettico.
Poi la Papas torna al tavolo e chiacchierano, ed ha luogo la piu' insulsa conversazione della storia del cinema, roba che in confronto i dialoghi de L'Ultimo Bacio sembrano scritti da Eco.
Anche qui, il cellulare usato a mo' di cipolla mi riscontra il tempo della sofferenza, la cena e la chiacchierata durano 25 minuti.
Ma non ve la cavate cosi' a buon mercato, cerco la sceneggiatura e posto qui il dialogo, perche' siete stronzi, tutti, tutti voi che non avete avvisato e ora sono 100 minuti piu' vicino alla mia morte e mai la vita mi e' sembrata piu' preziosa.
Dopo la chiacchierata arriva un marinaio e parla nelle orecchie al capitano Malkovich, il quale riceve la notizia e la riporta alle commensali.
Con lo stesso tono con il quale direbbe a una signora che ha una calza strappata comunica che nell'ultimo porto qualcuno ha messo una bomba che non si puo' disinnescare.
Qui una risata liberatoria prorompe da quasi ogni petto a scuotere la sala.
Bisogna evacuare la nave, ma in questo capolavoro del trash senile di un regista rimbambito non ci viene risparmiata la ovvia scena della bambina che, mentre tutti evacuano la nave torna in cabina a prendere una bambola.
La mamma maestrina la insegue.
Ovviamente resteranno le uniche due su una nave vuota, il film si conclude con Malkovich che dalla scialuppa guarda la nave con le due cretinette che esplodono.
La pellicola congela il suo sguardo, una buffa boccuccia aperta con un involontario potere esilarante.

Alla uscita ho sentito qualcuno parlare di organizzare un Straff Expedition a casa di Oliveira, facevano dei conti, guidando a turni avrebbe potuto essere gia' morto per domani a mezzogiorno. Qualcuno piu' ottimista suggeriva forse le 11 di mattina, forzando un po' la velocita'. Chi era impossibilitato a partire chiedeva di tornare portando un organo come ricordo.
Ho sentito degli spari andando, e non scherzo, ho telefonato alla bruna per farglieli sentire, puo' testimoniare.

Il thread originale su google gruppi

19.12.05

Outing

In questi tre giorni ho continuato a smanettare e giocherellare con la barra qui a destra e, più in generale, con l'assetto e l'aspetto del blog. Adesso che ho infilato link da tutte le parti, ho personalizzato ogni singola scritta e mi sono pure messo a compilare tutte le voci del profilo personale, posso ritenermi soddisfatto. Il mio primo blog ha, più o meno, il suo aspetto definitivo.

Colgo quindi l'occasione per fare outing e segnalarlo a un po' di gente, cui in questo momento sto mandando una bella e-mail e a cui è dedicato questo post. E già che ci siamo, vi segnalo il blog di Ualone, che è nato sull'onda anomala generata dalla nascita del mio. Della, ha scatenato una reazione a catena.

Prince of Persia - Le sabbie del tempo

Prince of Persia - The Sands of Time (Ubisoft, 2003)
sviluppato da Ubisoft Montreal - Jordan Mechner


Nel 1989, dopo aver fulminato tutti all'esordio col suo Karateka, Jordan Mechner crea un personaggio, un'ambientazione, un modello di gioco che faranno la storia dei videogame. Il principe di persia ha un'ora a disposizione per attraversare le segrete del castello e raggiungere la stanza della principessa, salvandola così da Jaffar, il crudele visir che l'ha imprigionata. Scaduto il tempo limite, la principessa, posta di fronte a una crudele scelta, preferirà morire, piuttosto che sposare il suo carceriere.

Pensare a quel capolavoro significa ripercorrere con la memoria momenti semplicemente meravigliosi. L'incontro col doppelganger uscito dallo specchio, il topino che viene a indicare la via, il primo passo falso punito da punte acuminate, il primo sezionamento a opera di lame uscite da pavimento e soffitto...

A quella perla incredibile Mechner fa seguito con un decisamente sottovalutato secondo episodio, che perde forse il fascino della prima volta, ma sa regalare comunque un'ottima esperienza di gioco. Nel mezzo l'ottimo D/Generation e a seguire quella perla di The Last Express.

Intanto, il mondo dei videogiochi si evolve, in molti rubacchiano e saccheggiano le idee del passato e tale Toby Gard crea di fatto, con il primo Tomb Raider, l'erede spirituale del Principe di Persia. Una versione tridimensionale di quel gioco, con quel cammino "a quadrettoni", quella lunga serie di trabocchetti, salti, cunicoli e piroette, ma senza quel fascino. O, perlomeno, con un fascino tutto diverso. Probabilmente stuzzicato dalla prorompente Lara Croft e incoraggiato fatto che nel frattempo Prince of Persia è stato convertito con successo su praticamente qualsiasi formato noto all'uomo, Mechner sfodera Prince of Persia 3D, un prodotto mediocre e fallimentare, che sembra condannarlo a diventare l'ennesimo nome noto dei videogiochi finito disperso nelle sabbie del tempo.

Invece, nel 2003, spunta fuori questo Prince of Persia - Le sabbie del tempo, creato da Mechner insieme a Ubisoft. Tutti ne parlano benissimo e il successo è totale, tanto che nei due anni successivi escono altrettanti seguiti, a dire il vero un po' meno osannati dalla critica, o perlomeno da una certa critica.

Dicembre 2005. Con oltre due anni di ritardo finalmente metto le mani sulla rinascita del principe e, beh, non è mai troppo tardi. Le sabbie del tempo è un capolavoro, una meravigliosa esperienza onirica e favoleggiante, che per ampi tratti mi ha fatto tornare indietro ai quei meravigliosi momenti di sedici anni fa. Il principe salta, si aggrappa, penzola, rimbalza, fa tutto quello che mi aspettavo di vedergli fare e anche di più. Purtroppo non fa solo questo e, fra un trabocchetto e l'altro, tocca affrontare combattimenti resi insipidi non tanto dal metodo di controllo, tutto sommato interessante, ma da nemici poco ispirati, mediocri nel design, limitati nell'intelligenza artificiale, incapaci di offrire una sfida adeguata. Ma si tratta di brevi momenti, isolati tributi di violenza che è necessario pagare per far proseguire la magia.

Ogni volta che ripone la spada, il principe preme un pulsante, si arrampica su una corda, salta dall'orlo di un precipizio e il sogno riprende. Imponenti costruzioni porgono il fianco alle scalate, mentre l'occhio scruta sospettoso cornicioni, rocce, funi e scalette, alla ricerca della via migliore per raggiungere l'obiettivo, che ancora una volta è il cuore di una bella principessa.

Le sabbie del tempo è un gioco estremamente romantico, non solo per l'ovvietà dell'ambientazione da Mille e una notte, ma anche per una sceneggiatura azzeccatissima. Il rapporto fra i due protagonisti è tratteggiato in maniera essenziale ma efficace, con una scrittura molto lucida, basata su dialoghi brillanti e piacevoli. La storia non prende mai il sopravvento, ma si amalgama alla perfezione col gioco: il principe e Farah duettano nel bel mezzo dell'azione, fra scambi sferzanti, battute al vetriolo ed esilaranti prese di coscienza del protagonista. E piano piano la tensione sessuale cresce, cresce, cresce, fino ad esplodere e rivoltarsi su se stessa.

Le sabbie del tempo non solo è un gioco estremamente moderno, ma anche un sentito e inevitabile omaggio al capolavoro che lo ha generato. Alla prima passeggiata sui fori da cui sono pronte a fuoriuscire letali punte acuminate, un brivido scorre improvvisamente lungo la schiena. Alla prima bevuta da una fontana, mentre nelle orecchie rimbalzano le note di una musichetta arabeggiante, davanti agli occhi appare l'immagine bidimensionale del principe che si disseta da un'ampolla. E poi quella splendida parte conclusiva, introdotta dal bellissimo tuffo onirico nelle braccia della principessa, in cui ci si ritrova privi di poteri, costretti ad affrontare una scalata nella quale ogni passo falso significa morte immediata. La tensione sale alle stelle, la concentrazione è massima e, improvvisamente, è ancora il 1989 e stai giocando con la tastiera davanti a un monitor.

Infine, il colpo del maestro, la tragedia dietro l'angolo, la rivelazione scioccante, il climax finale e quell'ultimo appuntamento sul balcone, quel bacio rubato, quello straziante addio. E il principe se ne va, abbandona forse per sempre il suo solare passato ed entra definitivamente nella cupa era moderna. Ma, ancora intenerito da quello struggente saluto finale, mi piace ricordarlo come nell'immagine qui sopra: abbracciato al suo amore, esausto dopo una lunga odissea, scrutato dagli occhi di un topino felice.

Ciao, padella


Ci frequentiamo da ben oltre un decennio.

Non ricordo, francamente, un momento in cui non ti ho vista in questa casa.

Tu hai ospitato la mia prima carbonara, tu ti sei prestata per cucinare centinaia di fritti e tantissimi sughi.

Con te ho vissuto le mie poche, brevi e istruttive esperienze di Quattro salti in padella.

Ci lasciamo da amici, ti assicuro che sarai sostituita da una degna e giovane padella.

In me, resterà sempre un po' di te.

Del teflon, per essere precisi.

17.12.05

Cavallo pazzo


Ormai ho abbandonato quasi completamente la produzione fumettistica bonelliana. Continuo a seguire solo Magico Vento, Dampyr e Gea, gradendoli oltretutto a fasi piuttosto alterne. Non mi lascio però mai sfuggire i vari almanacchi, che regalano sempre dossier e approfondimenti interessanti, oltre che preziosi consigli sulla produzione letteraria e cinematografica a tema con l'argomento trattato.
Mi è capitato spesso di scoprire grazie a questi almanacchi autori interessanti, su tutti Joe R. Lansdale, che ho approcciato per la prima volta acquistando (su consiglio bonellide) Mucho Mojo e non La notte del drive-in, che mi dicono essere invece il libro che ha fatto appassionare quasi tutti i fan del grande romanziere texano.

Qualche tempo fa mi sono fatto prendere da un infatuazione per la storia dei pellerossa (anzi, i nativi americani... sigh) e, seguendo i consigli dell'almanacco di Tex (o era Zagor?), ho acquistato Cavallo Pazzo - Storia del capo Sioux che vinxe a Little Bighorn (di Larry McMurtry, Oscar Storia Mondadori). Un bel libro, scritto in maniera appassionante, leggero (appena 120 pagine) e toccante nel suo racconto. Ricordo che terminai la lettura durante uno degli interminabili viaggi di ritorno dal lavoro in metropolitana e fui assalito da un enorme moto di tristezza, colpito e affranto dalla brutta morte di Crazy Horse, e dal frustrante fallimento dei suoi tentativi di opporsi all'invasore bianco.

Un paio di giorni fa, tornando a casa in metropolitana, ho letto il numero 101 di Magico Vento, che chiude un ciclo dedicato ad alcuni passaggi fondamentali della storia americana, decisivi nel conflitto fra visi pallidi e pellerossa. Bandiera bianca racconta proprio gli ultimi giorni di vita di Cavallo Pazzo, li intreccia ovviamente con le fittizie avventure di Ned Ellis, ma non rinuncia a tentare di fornire una qualche "verità" sugli avvenimenti. Verità che per forza di cose è filtrata dagli inaffidabili racconti di chi si trovava sul posto, dalle innumerevoli versioni diverse, da odi, rancori, simpatie e amori di chi ha tramandato i tristi avvenimenti di quei giorni. Come nei due numeri precedenti, che ci hanno raccontato l'epilogo delle vite del generale George A. Custer e di James "Wild Bill" Hickok, anche qui gli autori scelgono una loro versione dei fatti e la miscelano con i racconti dei vari personaggi, dando ampio spazio all'inaffidabilità di quanto è noto e sottolineando che una "vera" verità non la conosceremo mai... e forse neanche esiste.

Bandiera bianca mi ha commosso, esattamente nello stesso modo in cui mi aveva commosso il libro di McMurtry: non con le ultime pagine, che ovviamente sono dedicate al rimpianto e al dolore, ma con il racconto della morte di Cavallo Pazzo. Pugnalato alle spalle, nel momento della resa e della massima umiliazione accettata per il solo bene del suo popolo. Non è così che si dovrebbe morire, non è così che dovrebbe morire nessuno, figuriamoci un grande uomo come Cavallo Pazzo era.

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Cavallo Pazzo - Storia del capo Sioux che vinse a Little Bighorn
di Larry McMurtry, Oscar Storia Mondadori (8,00 Euro)

Mucho Mojo
di Joe R. Lansdale, Bompiani (15000 Lire)
L'edizione italiana di Mucho Mojo mi risulta essere esaurita e del resto non si trova sul sito ufficiale di Bompiani. Su play.com è però reperibile l'edizione inglese a 5,49 Sterline.

La notte del drive-in
di Joe R. Lansdale, Einaudi (11,00 Euro)

Dampyr
Mensile, Sergio Bonelli Editore (2,50 Euro)

Gea
Semestrale, Sergio Bonelli Editore (3,00 Euro)

Magico Vento
Bimestrale, Sergio Bonelli Editore (3,00 Euro)
La saga che racconta la Guerra per la conquista delle Black Hills è racchiusa nei numeri dal 97 al 101. Il numero 101 è il primo del nuovo corso bimestrale, con albi da 132 pagine al prezzo di 3 Euro. Prima Magico Vento era un mensile da 100 pagine, venduto al prezzo di 2,50 Euro.

Il sito del Crazy Horse Memorial
Il sito di Joe R. Lansdale

Usenet Amarcord #001


Da oggi sfrutterò questo blog anche per recuperare pezzetti di Usenet, post ripescati dal passato dei newsgroup che frequento e ho frequentato. Talvolta saranno cose scritte proprio da me, talvolta saranno cose scritte da altri. Sempre saranno cose che, per un motivo o per l'altro, mi sono rimaste impresse nella memoria.

Per questo primo appuntamento, lascio spazio a quel personaggio inquietante del Gizmo. Con questo messaggio, il 25 ottobre 1998, commentava alla sua maniera il primo grosso "raduno" dal vivo fra membri del newsgroup it.fan.studio-vit, svoltosi nei giorni immediatamente precedenti a Milano. In quell'occasione si inaugurò una tradizione che ancora persiste, vale a dire l'utilizzo di casa mia come base delle operazioni.


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Cercasi numero 3 di Georgie anche seconda mano.

Pago qualunque prezzo. Anche la vita.
Astenersi perditempo come quella iena ridens de merda che ho conosciuto l'altro ieri, non l'avessi mai fatto, e che è di questo newsgroup, che me sa che ieri s'è incazzato perche l'ho svegliato presto di mattina ma era perchè non resistevo poichè quel fumetto me faceva troppo gola, ed era anche perchè dormiva con una espressione come Spud in Trainspotting quando s'è cacato sotto e me faceva senso e avevo paura che fosse morto senza avergli chieduto il teste' fumetto. Ma allora che dovevo dire io che hanno fatto un casino beschiale fino alle 5 di mattina con cazzo, figa, culo, ue' pirletta, ostrega, ciumbia, quei tre stronzi la che dormono, budineria, Nersfzcomecazzoera e altre robe giocando a Micromachines 3? Che poi mi so' alzato per farmi dare una coperta visto che per colpa di un altro stronzo etero del cazzo so' dovuto dormire per terra invece di offrirmi parte del letto e il tutto suo dolce anfrattucolo? E quando me so' alzato che non mi riusciva ad addormimmi li' ho fulminati con uno sguardo tipo Jean Marais in Fantomas Minaccia Il Mondo (il secondo della saga, quello dello scienziato) e nel giro di due minuti tutti a nanna i regazzini sono andati, compreso el biondo con gli occhiali inglobati ormai con la faccia che sembra un po' Repetto, un po' Sasha di Help e un po' Luciano Onder di Medicina 33, che non ha resistito, come gli altri invertebrati d'altronde, al mio atto di nonnismo psicologico. Se non fosse per il napoletano che poi non è napoletano che più che ruggire fa il verso del leone, il barrire, però argirato all'incontrario, tipo quando fai una cassetta che poi la senti all'incontrario che fa quelle robe tipo seduta spiritica. Infatti di questo napoletano hanno preso i versi russosi campionati per fare il doppiaggio degli indemoniamenti de La Casa di Sam Raimi. E che poi, tornando a Mr.CazzoRidi?, m'hanno detto che c'ha avuto il rimorso di coscienza per il fumetto non dato che avrei potuto fregarte quando me pareva ma non l'ho fatto perchè i miei erano craxiani, Ma so' convinto che dopo il rimorso c'ha avuto anche il rimorso del rimorso visto che, il tapino, poi un s'è visto comunque con la suddetta copia. Che elemento. Che dire poi del wrestler che avevo paura me menasse anche se dicevo "confindustria" o "acido glutammico", che ora mi pijo lo sfizio di insultarlo tanto da qui non mi puole fare niente: mascalzone! screanzatello! buontempone! Che, dimenticavo, m'ha scaraventato giù dal divano in cui dormivo in quella cazzo di camera che sembrava più il bancone espositivo della fiera di beneficienza della sagra dello sfintere caramellato, e io ho dovuto accomodarmi timidamente a terra. Se non fosse che avevo portato pure dei certificati di scoleosi rampicante per evitare suddetti atti vergognosi di nonnismo e poi purtroppo non li' ho fatti vedere questi fogli perchè erano nella tasca del giubbotto dimenticato a casa di CazzoRidi il giorno dopo, ma che per un mistesterioso gap generazio-spazio-temporale risultava già perso il giorno prima quando servivano (messaggio per coso: il giubbotto dallo al Darko che me lo spedisce per posta qua a Rezzo).
Ora devo andare due minutini che ho un pignoramento, ma quando torno punisco e confuto anche gli altri che sono solo all'imprincipio della lista di tutti i loschi figuri che ho conosciuto a Bergamo durante lo Smau.

Il thread originale su google gruppi

Champions League - Gli ottavi di finale


Ci siamo, il sorteggio è avvenuto e ha ribadito ancora una volta quanto lasci a desiderare l'attuale metodo di assegnazione delle teste di serie. Un conto è assicurarsi una posizione nel tabellone dei play-off dopo aver giocato e sudato un'intera stagione per farlo. Un conto è ottenere una posizione privilegiata sulla base di un primo turno che, per carità, ha il suo peso, ma non può da solo decidere tutto.

Forse sarebbe il caso di cambiare, magari di introdurre una gestione "mista" delle teste di serie, separando sì prime e seconde dei gironi, ma ordinandole poi fra di loro in base alla classifica UEFA, certo fallace, ma che un qualche peso dovrebbe pur averlo. Altrimenti che sia sorteggio completo, ma basta con queste insipide vie di mezzo!

Le teste di serie, in fondo, dovrebbero servire anche per rendere il tabellone il più "importante" possibile e garantire alle squadre più forti e blasonate la possibilità, se non deludono, di arrivare a giocarsi tutto nei turni più avanzati.

E invece ci ritroviamo subito con un match fra Chelsea e Barcelona, che certo regala lustro agli ottavi, ma toglie troppo presto dal tabellone una gran protagonista accreditata per la vittoria finale. Tutto questo mentre una fra Villareal e Rangers andrà avanti.

Per carità, massima simpatia e stima per le "squadrette", che del resto negli ultimi anni hanno preso in mano la competizione, arrivando fino in fondo, mettendo in difficoltà le "grandi" e battendole, anche. Ma di sicuro questa partita molti la pronosticavano per la finalissima e piange il cuore al pensiero che uno fra Ronaldinho e Lampard non parteciperà ai quarti di finale.

Io, comunque, tifo spudoratamente Chelsea, una squadra che mi sta simpatica da anni e che vanta un gruppo di giocatori che personalmente apprezzo tantissimo. Lampard, Joe Cole, Robben, Duff, Terry... nessuno di loro probabilmente vale un Ronaldinho, ma tutti loro assieme, secondo me, valgono più del Barcelona.

Non so però dire se gli inglesi riusciranno ad evitare la "vendetta" degli spagnoli, beffati nei quarti di finale dell'anno scorso. Due squadre semplicemente fortissime, per due filosofie di gioco differenti, anche se a modo loro entrambe spettacolari. Probabilmente a decidere il doppio confronto sarà lo stato di forma, il "momento" che staranno passando le due squadre a febbraio. Del resto, lo stesso vale per tutti i match, rendendo francamente un po' sterile il giochino dei pronostici, che magari è meglio rimandare all'anno prossimo.

Bei momenti #001


[01:34] Sybil Vane: auhauhaua mi sono laureata :D
[01:35] giopep: HAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAAH
[01:35] giopep: complimentz!
[01:35] giopep: :*
[01:36] Sybil Vane: grazie :*
[01:36] giopep: hahahah, ascolta
[01:36] Sybil Vane: dimmi
[01:36] giopep: quando era che sei venuta a ritirare il nerbo?
[01:37] Sybil Vane: ahahhahahah
era lo smau dell'anno scorso mi pare
[01:37] giopep: :D
[01:37] Sybil Vane: si era per lo smau
[01:37] giopep: cazzo, non trovo la foto
[01:37] Sybil Vane: tra l'altro domani sera ho una cena con quelli li O_o
[01:37] Sybil Vane: lol, meglio :D
[01:37] giopep: LOL
[01:37] giopep: trovata
[01:38] Sybil Vane: omg

The Interpreter



The Interpreter (USA, 2005)
di Sidney Pollack
con Nicole Kidman, Sean Penn, Catherine Keener


Perché quando si parla di Africa e relativi problemi bisogna scivolare così tanto nella retorica e nel banale?

Perché si devono mettere in bocca ai personaggi solo frasi scolpite nella pietra?

Perché i protagonisti (e non solo loro) devono essere così forzati da sconfinare nella macchietta?

E' impressionante quanto in questo The Interpreter ricordi The Constant Gardener, anche se perlomeno qui manca l'insopportabile patina caramellosa che ricopre le immagini del film di Meirelles. E più in generale, The Interpreter ha il gran pregio di funzionare alla perfezione quando si limita a fare il thriller - per esempio nell'ottima sequenza del triplo pedinamento - e non si preoccupa del messaggio "importante" o della ridicola caratterizzazione dei due protagonisti, peraltro ben interpretati dai sempre gradevoli Sean Penn e Nicole Kidman (in modalità cavallona gnocca, che non guasta mai).

Peccato per il resto, davvero fastidioso.

16.12.05

Rompiamo il ghiaccio.

Da qualche tempo, non so quanto, ma di sicuro da qualche giorno, giocherello con la voglia di creare un mio blog. Forse perché ultimamente mi sono appassionato alla lettura di blog come quelli di Luttazzi e Beppe Grillo, forse semplicemente perché alla fine pure io sono una vittima delle mode.
In maniera totalmente casuale, a sottolineare ancora una volta la bellezza delle combinazioni e il fatto che un qualche Dio c'è, e si diverte un sacco, proprio oggi il Della mi ha detto in ICQ che dovrei iniziare a gestire un mio blog. L'invito è sorto nel mezzo di un discorso più ampio, che riguardava il mio lavoro e le mie passioni, ma intanto è andato a segno, visto che mi sono messo a farlo, 'sto benedetto blog.
Mentre noto che il timore di non sapere cosa scrivere sta velocemente lasciando spazio alla mia proverbiale logorrea, dico a quei quattro disperati che stanno leggendo che qua dentro parlerò di qualsiasi cosa mi passi per la testa, spesso riciclando senza ritegno i post su cinema, videogiochi, musica, sport e chissà cos'altro che scrivo per newsgroup come it.fan.studio-vit e it.arti.cinema. Altre volte, come in questo caso, partorirò dal nulla.

Se qualcuno avrà voglia di leggermi, bene, altrimenti bene lo stesso, che tanto il blog lo faccio per me stesso.

Vediamo che succede.
Saludos.

10.11.05

Elizabethtown


Elizabethtown (USA, 2005)
di
Cameron Crowe
con
Orlando Bloom, Kirsten Dunst, Susan Sarandon

La Smemoranda, quella maledetta agenda che raccoglie i pensierini dei cabarettisti e quelli delle proprietarie. Una quantità immane di cazzate, ma cazzate modello baci perugina. E le frasi intense, e i pensieri famosi, e gli aforismi, e le citazioni colte... le cazzate, insomma.

Ecco, anni di Smemoranda e/o fatti assimilabili, presi, frullati, compressi e infilati su per il culo di Kirsten Dunst, che dà poi libero sfogo al tutto interpretando un personaggio insostenibile, il testamento alle parole - chiaramente scolpite nella pietra - pronunciate da Michael Wincott/Philo Grant in Strange Days: "le puttane devono aprire bocca solo per far pompini". Lei e il suo atteggiamento simpatico e un po' pazzo, strano ma divertente, adorabile e ammiccante, un po' puttana e un po' zoccola. Vai affanculo.

Cameron Crowe, un povero stronzo sfigato che si deve sentire una specie di nuovo Woody Allen, con 'sta storia di usare sempre se stesso come protagonista di tutti i suoi film. Ecco, questo demente rockettaro, che pure qualcosa di decente (seppur piacione e leziosetto) con Almost Famous aveva fatto, prende tutto questo e lo mette assieme alla sua maniera, dandogli quindi quell'aria da intenso film festivaliero, che ammalia perché racconta situazioni da spot Mulino Bianco, confezionandole però in stile Sundance.

Il risultato è una merda mostruosa, un film divertente per dieci minuti e poi fastidioso, insopportabile, stucchevole, piatto e ridicolo.

Ogni tanto c'è qualche idea, qualche battuta divertente, un momento magari anche evocativo, ma tutto viene sempre, sistematicamente, matematicamente rovinato per creare l'ennesimo videoclippino. E non me ne frega un cazzo se la famiglia e lo stile di vita del Kentucky sono ben tratteggiati, o se il road trip finale dipinge alla grande scorci di America: per quello ci sono i canali 400 di Sky, la Routard e, per dio, le cazzo di vacanze. E che il prologo, con quel simpaticissimo Alec Baldwin, sia pure bellino, così come qualche battuta ogni tanto, me ne frega ancora meno. Anzi, mi fa pure incazzare il doppio, perché tutto il resto che c'è nel film fa VOMITARE. Fanno vomitare i personaggi, fanno vomitare le situazioni, fa vomitare il taglio cool/romantico/fintoautoironico, fa vomitare il monologo di Susan Sarandon.

Una roba imbarazzante e vergognosa, un film che potenzialmente, anche solo per i temi trattati, mi sarebbe dovuto piacere a randa, e che forse proprio per questo mi ha smonato più del dovuto.

In ogni caso, caro Cameron Crowe, te ne devi andare affanculo.

Te ne devi andare affanculo tu e se ne deve andare affanculo Orlando Broom (sì, Broom, come la scopa che ha evidentemente infilata su per il culo), che passa tutto il tempo con dipinta in faccia una particolare espressione di Legolas. Quella che ne La compagnia dell'anello assume poco dopo la morte di Gandalf, quando sono sui ghiacci e lui è lì che sembra non capire bene questo fatto della morte. Ecco, sembra non capire bene. Esattamente come Ewan Mc Gregor nei tre Guerre Stellari, con quella faccia perplessa di chi sta recitando davanti a uno schermo blu. Quella cosa da "ma che cazzo sto facendo?".

Probabilmente quella stessa espressione ce l'aveva addosso pure Cameron Crowe mentre girava Elizabethtown, un vero pastrocchio senza capo né coda. Sempre con 'sta estetica vintage che ormai definire di maniera sarebbe riduttivo, sempre a infilare dappertutto canzoni, a forza, in maniera casuale, anche dove non c'entrano nulla, sempre alla ricerca del facile sentimento, a rovinare ogni minimo spunto interessante per piazzare il momento emozionante, con la musica che sale assieme al battito del cuore.

E i tre finali arrotolati, che ogni volta sembra stia per arrivare la liberazione e ogni volta capisci che il supplizio non è ancora finito.

HAhahahahah, ma poi, insopportabile, in questo momento, mentre scrivo, c'è una deficente in costume da bagno su un'isola che dice stronzate dalla TV accesa qua di fianco (non è colpa mia, lo giuro) e, per dio, è ESATTAMENTE lo stesso genere di stronzate che vengono emesse dal visino da schiaffi di Kirsten Dunst per tutto il film.

Cameron Crowe, hai pure una faccia di merda, vai a cagartela nei prati.
Vai a cacare, e fallo per davvero.
Vai affanculo.

Ti odio, per la madonna.

Non vado al cinema per quasi due mesi e, quando finalmente ci torno, mi devo sorbire due ore di questa merda.
Cristo, che fastidio.

V A F F A N C U L O

5.10.05

Weekend mannaro


L'ululato
The Howling (USA, 1981)
di
Joe Dante
con
Dee Wallace-Stone, Patrick Macnee, John Carradine

Sono passati 25 anni e, purtroppo, si vedono tutti. Forse è il basso budget a limitare la longevità "estetica" di questo film, oppure è solo l'incapacità di chi ne ha curato l'immagine, ma resta il fatto che la maggior parte di ciò che si vede fa al massimo tenerezza. Non bastassero i capelli cotonati e la fotografia zuccherosa, la colonna sonora paninara distrugge ogni minima speranza di riuscire a creare un po' di atmosfera inquietante (dramma, quello delle musiche, che purtroppo accomuna anche film di molto superiori come il primo Nightmare). Ed è un peccato, perché il soggetto è interessante, qualche breve momento horror riuscito c'è e in generale non mancano neanche le idee (il finale, per esempio, sarebbe solo ottimo, se il lupo mannaro non sembrasse Poochie). Forse il problema vero è che l'elemento satirico ha spinto Joe Dante a prendersi un filo troppo sul serio, finendo per scadere un po' nel ridicolo involontario. Alla faccia di chi dice che i remake non servono a una fava, una versione aggiornata di 'sto film potrebbe essere solo eccellente, anche perché è probabile che venti e oltre anni fa l'effetto generale fosse ben diverso.




Un lupo mannaro americano a Londra
An American Werewolf in London
(USA, 1981)
di John Landis
con
David Naughton, Jenny Agutter, Griffin Dunne

Parecchi anni fa vidi per la prima volta questo film su Telepiu. Era introdotto dal commento del barbetta che faceva sempre i suoi comizi prima dei film d'autore. E, subito prima del film, c'era un "cartello" che recitava più o meno "questo film non potremmo farvelo vedere perché è vietato ai minori di 18 anni, ma il valore artistico è talmente alto che, pur di farvelo vedere, l'abbiamo tagliato". Da allora l'ho sempre rivisto in quella versione, che avevo registrato, e mi sono sempre chiesto che caspita ci fosse di censurato, visto che comunque era abbastanza sanguinario. Guardandolo in DVD l'altro giorno, finalmente ho svelato l'arcano: avevano tagliato le immagini del film porno nella scena al cinema, tarpando peraltro le ali a un'idea azzeccatissima. Comunque, su una cosa avevano decisamente ragione: Un lupo mannaro americano a Londra è un capolavoro. Mamma mia che film! A parte il fatto che, pur essendo stato realizzato nello stesso anno de L'ululato, dimostra almeno una decade in meno, è semplicemente impressionante come riesca, dopo tutto questo tempo, ad essere ancora così fresco ed efficace sotto ogni aspetto. Un film che riesce a farti sbellicare dal ridere, a gelarti il sangue nelle vene, a commuoverti con la tragedia che racconta. Il prologo è di una bellezza micidiale, anche perché racchiude assieme tutte e tre queste componenti in maniera magistrale. Ma tutto il film è perfetto, agghiacciante nella sua semplicità. Splendida la colonna sonora, utilizzata benissimo e con un gusto ironico meraviglioso. Eccellenti gli effetti speciali, con una trasformazione che fa male solo a guardarla e che caga in testa alle ridicole bolle de L'Ululato. Mai una battuta fuori posto, un eccesso di retorica, un'esagerazione umoristica. Schietto, crudo, realistico. Un capolavoro. Impressionante. L'ho visto tre giorni fa e ho già una voglia pazza di rivederlo.




Dog Soldiers (GB, 2002)
di
Neil Marshall
con
Sean Pertwee, Kevin McKidd, Emma Cleasby, Liam Cunningham

Dopo averne letto per due anni, dopo aver visto l'ottima opera seconda di Marshall (The Descent, all'ultima Venezia), finalmente recupero questo Dog Soldiers. Sorta di rielaborazione in chiave militar-mannara della favola di Riccioli d'oro, Dog Soldiers sotto un certo punto di vista potrebbe ricordare L'ululato (budget ridotto, lupi mannari, regista sconosciuto) e non è escluso che fra vent'anni risulti altrettanto datato. Ma, per il momento, pur coi suoi evidenti limiti, funziona. Marshall appare francamente limitato dai problemi di budget e il cuore del film, ovvero la parte ambientata in casa, da l'impressione di volere, ma non potere fino in fondo. Siamo insomma ben lontani da un Sam Raimi, che dalle difficoltà del poverissimo esordio traeva la forza per realizzare un horror innovativo e dirompente. Marshall si limita a mostrare una buona conoscenza dei meccanismi del genere e a sfruttarli, ma sembra eccellere più nella scrittura dei personaggi che altro. La sequenza più tesa, a conti fatti, è quella in cui viene ritrovato il Capitano Ryan, nella foresta, prima che inizi il film vero e proprio, e i "colpi di scena" sono quasi tutti abbastanza telefonati. Marshall, però, consapevole forse di muoversi pericolosamente sull'orlo della trashata, affronta il tutto con badilate di autoironia e proprio per questo il film travalica i suoi limiti e convince. I dialoghi sono curatissimi e divertenti e non disdegnano qualche citazione (evidenti Matrix e Un lupo mannaro americano a Londra). Nel complesso un buon esordio, specie se osservato col "senno di poi" dell'opera seconda: liberato dalle costrizioni, in The Descent Marshall ha realizzato un film eccellente, senza un attimo di respiro.

29.9.05

Jurassic Park - La trilogia


Jurassic Park (USA, 1993)
di
Steven Spielberg
con
Sam Neill, Laura Dern, Jeff Goldblum, Richard Attenborough
Son passati dodici anni dall'uscita di questo film, dodici anni in cui gli effetti speciali hanno fatto passi da gigante, come del resto testimoniano gli altri due film del cofanetto, eppure il primo episodio della trilogia giurassica regge incredibilmente bene anche alla distanza. Merito senza dubbio di Spielberg, che qui ritrova in parte le atmosfere de Lo squalo, dando alla pellicola un taglio horror che francamente non ricordavo così forte. La punta si raggiunge nella sequenza del T-Rex, incredibilmente tesa e riuscita, senza dubbio la punta massima del film.

Ma è la pellicola per intero che funziona ancora benissimo, pur con qualche momento un po' troppo "bambinesco". L'inizio è costruito alla perfezione, crea aspettativa e, pur avendo ormai visto i sauri in mille salse, riesce ancora a rendere quel senso di meraviglia della prima volta. Poi, come sintetizza meravigliosamente Ian Malcolm nel secondo film, cominciano le urla. E il carrozzone funziona alla grandissima, anche se la parte del tentacolo alien... dei raptor in cucina è meno efficace rispetto alla stordente potenza del T-Rex. Ad ogni modo, un signor film, divertentissimo, con una grandissima colonna sonora e con tante belle immagini entrate ormai nell'immaginario collettivo (l'acqua nel bicchiere smossa dai passi, il Rex nello specchietto, il raptor in controluce dietro il telo... ). Menzione d'onore per Samuel L. Jackson: chissà se prima di essere ucciso dal raptor ha provato a recitargli un brano di bibbia.




Il mondo perduto
The Lost World - Jurassic Park (USA, 1997)
di
Steven Spielberg
con
Jeff Goldblum, Julianne Moore, Pete Postlethwaite, Vince Vaughn

Molto, ma molto meglio di come me lo ricordavo. Un secondo capitolo all'altezza del primo, forse superiore sotto alcuni aspetti, forse inferiore sotto altri, ma sicuramente all'altezza della situazione. Come nel primo episodio, i momenti migliori sono quelli dedicati al T-Rex: il doppio assalto alla roulotte è spettacolare e tesissimo. Le punte degli alberi che si muovono, i passi, la sequenza del figlioletto, il ritorno... una meraviglia. E solo ottimo anche il breve duello con Pete Postlethwaite, che fra l'altro offre un personaggio molto più carismatico e affascinante rispetto alla macchietta del capo della sicurezza del primo episodio. E' un seguito, e tutto si espande e raddoppia: il doppio dei T-Rex, molte più razze in scena, molto più baracconata la parte dedicata ai raptor, che francamente delude un po' (e fra l'altro contiene l'unico passaggio davvero indifendibile del film: la ragazzina che stende il dinosauro facendo le parallele sui tubi). Ma la vera chicca di questo secondo episodio è la sceneggiatura: dei dialoghi spettacolari, frizzanti, taglienti, ricchi di ironia e humor nerissimo, da uccidersi dalle risate. Inoltre, anche qui la mano di Spielberg regala momenti estremamente affascinanti, su tutti la ragnatela sul vetro e le scie dei raptor nell'erba alta.




Jurassic Park III (USA, 2001)
di
Joe Johnston
con
Sam Neill, William H. Macy, Tea Leoni, Alessandro Nivola

A guardare tutti e tre i film di seguito, purtroppo, il cambio dietro alla macchina da presa si sente molto più che a vederne uno ogni quattro anni. Johnston fa il possibile e realizza senza dubbio un film degnissimo e divertente, ma la differenza di "tocco" è enorme. Mancano proprio il senso di meraviglia e l'incredibile perizia di Spielberg, anche se, pur fra alti e bassi, il film funziona. Il taglio è nettamente diverso rispetto ai primi due: scompare praticamente del tutto l'anima horror, in favore di un'impostazione più da filmone avventuroso per ragazzi. C'è qualche morto masticato, ma non c'è il gusto del trucido che invece si sentiva palpabile in precedenza e, in generale, scarseggia proprio la tensione. Il cambiamento è evidente anche nel tipo di comicità impiegata: scompare quasi del tutto il cinismo (visto soprattutto nel secondo episodio) e c'è più spazio per gag fisiche e, volendo, anche un po' grezze. Superlativi gli effetti speciali, ma spicca poco altro, se non il fatto che finalmente si vedono gli pterodattili (o quel che sono, ci ero rimasto troppo male quando non li ho visti nel primo film). Meravigliosa, comunque, la citazione del coccodrillo di Peter Pan. Verrebbe quasi da dire che da sola vale il film.

20.9.05

Venezia/Locarno a Milano - A grande richiesta


[10:49] Beholder: alla fine del festival li rimetti tutti in fila e gli dai il voto
[10:49] Beholder: così so cosa [CENSURA]

Good Night, and good luck - 9.00
C.R.A.Z.Y. - 9.00
Simpathy for lady Vengeance - 9.00
Tim Burton's Corpse Bride - 8.75
Brokeback Mountain - 8.00
Nove vite da donna - 8.00
Viva Zapatero - 8.00
Four Brothers - 8.00
The Descent - 7.75
La vida secreta de las palabras - 7.75
Lonesome Jim - 7.25
La seconda notte di nozze - 7.00
The Brothers Grimm - 7.00
Naboer - 7.00
Texas - 6.75
The Exorcism of Emily Rose - 6.50
Bubble - 6.25
Edmond - 6.00
(Gli darei meno, ma il dialogo iniziale al bar merita di essere visto)
The Wild Blue Yonder - 6.00
Initial D - 5.75
I giorni dell'abbandono - 5.75
On a clear day - 5.50
The Constant Gardener - 5.50
Everything is illuminated - 5.50
3 Grad Kaelter - 5.50
Takeshis' - 5.00
La guerra di Mario - 5.00
Proof - 4.75
La neuvaine - 4.75
O fatalista - 4.50
Fragile - 4.25
Gabrielle - 4.00
Vers le sud - 3.75
The fine art of love - Mine Haha - 3.00
Falling... in love - 2.25
Un couple parfait - 1.75

Venezia a Milano - L'alba


In concorso
Brokeback Mountain
di Ang Lee (USA)
Leone d'oro
Bella storia d'amore fra paesaggi paradisiaci e cavalcate da veri cowboyz. Coinvolgente e struggente, in tutta sincerità non l'ho trovato troppo lungo o particolarmente lento. Bravi gli attori, Heath Ledger ha una voce e una parlata che mi fanno impazzire (già notato ieri in The Brothers Grimm). Bello e, francamente, mi sembra proprio il classico film che a Venezia vince. Detto questo, ho comunque preferito Lady Vengeance e quello di Clooney.

In concorso
Proof
di John Madden (GB/USA)
100 minuti in cui John Madden, Stephen Warbeck, Gwyneth Paltrow, Hope Davis e Jake Gyllenhaal fanno a gara a chi mi sta più sul cazzo. La Paltrow arriva all'appuntamento coi favori del pronostico dalla sua e sembra rispettarli in pieno quando semina tutti sulla partenza lanciata. Giunti alla mezz'ora, però, l'asfittica sciacquetta sembra non reggere più il ritmo da lei stessa dettato e finisce per perdere terreno fino a farsi risucchiare nel gruppone. I minuti successivi sono di equilibrio, ma nell'ultima mezz'ora quel volpone di John Madden prende in mano le redini della gara. L'ex allenatore degli Oakland Raiders va in fuga e non si ferma più fino al traguardo. Solo Warbeck prova a stargli dietro, non andrà comunque oltre il secondo posto. Il premio per lo stronzo della settimana, quindi, va al caro John.

In concorso
Vers le sud
di Laurent Cantet (Francia/Canada)
Charlotte Rampling guida un gruppo di vecchie trombone dedite a gustarsi le meraviglie della nerchia negroide in quel di Haiti. A tempo pieno fu il miglior film che vidi a Venezia 2001. Vers le sud è uno dei più insulsi che ho visto a Venezia 2005. Il regista è lo stesso. L'atomica è ormai un obbligo.

Fuori concorso
Tim Burton's Corpse Bride
di Tim Burton (GB)
Splendido "cartone animato" in stop motion, Nightmare before Christmas all'ennesima potenza. Colonna sonora totale, realizzazione eccellente, sceneggiatura geniale, dolcissimo, divertentissimo, commoventissimo, un gioiellino e una delle cose più belle viste in questi otto giorni.

Tokyo Game Show
Metal Gear Solid 4
di Hideo Kojima (Giappone)
Ho appena visto il trailer, figata!

19.9.05

Venezia a Milano - 4 film all'alba


In concorso
The Brothers Grimm
di Terry Gilliam (GB)
Bella e divertente favoletta avventurosa, meno delirante rispetto ad altri film di Gilliam, ma il tocco si vede in tanti piccoli dettagli. Due ore piacevolissime, anche se in effetti il dubbio è lecito: che minchia ci faceva in concorso?

Sezione Orizzonti
The Wild Blue Yonder
di Werner Herzog (Germania/GB/Francia)
Uno pseudodocumentario sulla vita aliena raccontata dal sedicente "visitatore da un altro pianeta" Brad Dourif. Evocativo e delirante, prevedibilmente abbastanza lento, graziato da una signora colonna sonora.

In concorso
Takeshis'
di Takeshi Kitano (Giappone)
Fesseria dichiarata già nelle intenzioni, fesseria si conferma. Qualche gag diverte, qualche immagine rimane nella memoria, ma è poca cosa.

Sezione Giornate degli autori
C.R.A.Z.Y.
di Jean-Marc Vallée (Canada)
Come riconciliarsi col cinema francofono in 125 minuti. Venti anni di vita, fra i Sessanta e i Settanta. Il non sempre facile rapporto coi (4) fratelli e i (2) genitori. I (tanti) dubbi e le (poche) certezze, il sesso, la droga e il rock 'n roll. E Patsy Cline. Bello bello bello bello bello bello bello bello e bello.

18.9.05

Venezia a Milano - 48 ore all'alba


Fuori concorso
The Exorcism of Emily Rose
di Scott Derrickson (USA)
Bel mix fra horror e film "giudiziario", racconta il processo a un prete accusato di omicidio colposo per negligenza. La vittima è Emily Rose, convinta di essere posseduta da demoni e sottoposta dal prete a un fallimentare tentativo di esorcismo. In pratica (e riassumendo velocemente), secondo l'accusa la ragazza avrebbe smesso di sottoporsi a cure mediche su consiglio del prete e questo sarebbe il motivo della sua morte. Nel corso del processo si sprecano le occasioni per raccontare, sotto forma di flashback, le varie fasi della possessione e, ovviamente, il momento dell'esorcismo. Interessante il fatto che, pur spingendo assai di più - immagino per esigenze di spettacolo - sull'ipotesi della reale possessione, il film fornisca comunque anche l'altra possibile via, spiegando (anche con flashback che, ovviamente, "negano" quelli dell'altra versione) lo svolgimento dei fatti anche da un punto di vista non "misticheggiante". Ben fatto e appassionante, 'sto Emily Rose ha per me lo stesso problema del vecchio L'esorcista: questa roba non mi fa paura. E se L'esorcista per me era un triste e commovente film drammatico sulla storia di quella bimba, in questo caso si tratta di un intrigante versione demoniaca di un Grisham a caso. Il lato horror non riesce a mordermi le budella. Comunque mi ha perlomeno fatto venire voglia di una veloce ricerca su Internet, dalla quale ho scoperto che la vera Emily si chiamava Anneliese Michel (cui fra l'altro l'attrice Jennifer Carpenter assomiglia in maniera notevole).

Fuori concorso
The Descent
di Neil Marshall (GB)
Sei donne avvezze agli sport estremi decidono di farsi una vacanzetta esplorando un sistema di grotte e gallerie sotterranee sui monti Appalachi. Ci sarà qualche imprevisto. Ottimo horror di genere allo stato brado, senza derive autor(i)ali e senza concessioni: solo claustrofobia, sangue, violenza e panico. Questo Neil Marshall è davvero bravo, anche se ogni tanto gli scappa qualche sbavatura. E a questo punto devo recuperare in qualche modo Dog Soldiers, film d'esordio di Marshall esaltato come gioiellino in patria, ma appena intravisto in Italia (non so se è uscito al cinema, ha fatto un'apparizione in edicola in una serie di DVD horror ma me lo sono perso). Dopo averne letto benissimo per un sacco di tempo, già ero incuriosito, ma ora ho proprio la brama.

Fuori concorso
Bubble
di Steven Soderbergh (USA)
E dopo Kim Ki-Duk, anche Soderbergh prova a fare un film dei Dardenne. Storiella di miseria e squallidume nella provincia americana, realizzata con taglio realistico e utilizzando attori non professionisti sorprendentemente efficaci. Rispetto al classico film da festival europeo (genere cui comunque Bubble appartiene a diritto), manca un po' il senso del melodramma estremo, e non è detto che sia un male. Il risultato, però, è che finiscono anche per latitare le emozioni, ma magari è voluto. Un ottimo Soderbergh, e lo ammetto digrignando i denti. Ma digrignandoli esce il veleno, e allora mi chiedo quale sia il senso dell'operazione, se non l'ennesimo esercizio di stile del maledetto pelato, che stavolta voleva far vedere quant'è bravo a fare l'indipendente.

In concorso
O fatalista
di Joeao Botelho (Portogallo/Francia)
La scelta di passare all'atomica per la Francia si rivela eccellente, se pensiamo che così il Napalm possiamo deviarlo sul Portogallo.

Sezione Giornate degli autori
Naboer
di Pal Sletaune (Norvegia)
Sexy-thriller norvegese, surreale e straniante, con le musiche copiate da quelle di Basic Instint. Nei primi minuti sembra la classica cagata pazzesca, poi ci si inizia a rendere conto del meccanismo che sta dietro all'intreccio e, improvvisamente, il film rapisce, anche perché è girato davvero bene. L'unico problema, per quanto possa sembrare assurdo in una pellicola di 73 minuti, è l'eccessiva lunghezza. L'impressione, se ne parlava all'uscita, è che sia un cortometraggio "stiracchiato" fino a diventare un (corto) lungometraggio.

17.9.05

Venezia a Milano - Tre giorni all'alba


In concorso
Simpathy for lady Vengeance
di Park Chan-Wook (Corea del sud)
Capitolo conclusivo della trilogia sulla vendetta in cui Old Boy (Cannes 2004) era l'episodio centrale e di cui, come penso a molti, mi manca il primo. La struttura narrativa è quasi del tutto diversa dal precedente e questa volta la vendetta è molto più chiara e diretta, senza rivelazioni scottanti nel finale. C'è un crimine da punire, gestiremo. Un film meraviglioso, talmente ricco di idee che a volte si fa fatica nello stare dietro a tutto. Ogni singola immagine e piena di piccoli dettagli e di trovate eccellenti che vanno al di là l'esercizio di stile e riescono sempre a trovare un loro senso nel racconto. Questo Wook si conferma un talento pazzesco, capace di usare la macchina da presa come pochi e senza mai dimenticarsi di mantenere il racconto al centro dell'attenzione. Spettacolare anche nell'uso della colonna sonora, Lady Vengeance ha un solo difetto, il solito: manca un po' di senso della misura. Una sforbiciatina ogni tanto avrebbe forse giovato, ma la cosa si sente comunque meno rispetto a Old Boy, che personalmente trovo un'ampia spanna sotto.

In concorso
The Constant Gardener
di Fernando Meirelles (GB/Kenya/Germania)
Non ho visto City of God, quindi magari non pago la delusione e sono meno cattivo del "dovuto" con questo pretenzioso mix fra romance, thriller e film di denuncia ispirato a un romando di Le Carré. La storia racconta delle nefandezze compiute in Africa dalle multinazionali farmaceutiche e sarebbe anche interessante, se non si perdesse nel tratteggiare personaggi che faticano davvero ad uscire dallo stereotipo e dalla macchietta. Ripeto, non ho visto City of God, ma questo Mereilles mi sembra sia un po' troppo di maniera, con le sue musichette "emozionanti" e con quell'uso dei colori "drammatico". Nonostante tutto, e nonostante verso metà la testa abbia preso a ciondolare, non mi sento di bocciare completamente il film, ma temo i meriti siano quasi tutti del sempre ottimo Ralph Fiennes.

Sezione Orizzonti
Everything is illuminated
di Liev Schreiber (USA)
Altro mix di umorismo e dramma "ebreo", questa volta senza furbette sorpresine finali stile "sapete, vi abbiamo fatto ridere fino adesso, ma in realtà era un film drammatico: datemi un Oscar". A conti fatti, Schreiber avrebbe forse fatto meglio a mantenere la furbizia, dato che è tanto bravo a trattare la comicità (tutta la prima parte di film è adorabile) quanto impacciato e stucchevole quando si addentra nel sentimentalismo. Esilarante, comunque, il fatto che Elijah Wood interpreti un altro film in cui cerca un anello. Finirà come Orlando Bloom, che sembrano chiamarlo quasi solo per tirare frecce?

Sezione Giornate degli autori
Viva Zapatero!
di Sabina Guzzanti (Italia)
In un raro lampo di autocoscienza mi sono reso conto che le mie condizioni erano tali che se fossi andato a vedere il film di Abel Ferrara mi sarei addormentato sui titoli di testa. Ergo, schizziamo all'Anteo e sciroppiamoci il documentario della Guzzanti. Ottima scelta! Viva Zapatero! prende spunto dal caso Raiot e dai tristi episodi suoi compagni di disgrazia (che so, Biagi, Santoro, Paolo Rossi... ) per raccontarci con estrema lucidità, ironia e (amaro) divertimento perché e percome ci troviamo sotto regime.

16.9.05

Venezia a Milano - Giro di boa


Fuori concorso
La vida secreta de las palabras
di Isabel Coixet (Spagna)
Sarah "Sono quasi sopravvissuta agli zombie centometristi" Polley interpreta una ragazza un po' taciturna che finisce su una piattaforma petrolifera a fare da infermiera per Tim Robbins, un operaio rimasto ustionato a causa di un incidente. Da qui parte un gran bel film, fatto di bei dialoghi fra bei personaggi. Drammatico ed emozionante, ha forse l'unico difetto di essere un po' lento nella parte centrale. Molto, veramente molto bravi tutti gli attori.

Fuori concorso
The fine art of love - Mine Haha
di John Irvin (Italia/Repubblica Ceca/GB)
Il resoconto sugli avvenimenti in un collegio femminile germanico ai primi del novecento. Ovviamente le ragazze venivano trattate di merda. Signori, questa roba è spazzatura, ma di quella dimenticata sul balcone per giorni d'estate e che quando la sollevi il sacchetto fa la bava. Per un attimo ho temuto che fosse addirittura in concorso, ma evidentemente non sono stati fatti soffoconi a sufficienza per giungere a tanto. Disarmante, nel dilettantismo che traspira da ogni singolo fotogramma.

In concorso
La seconda notte di nozze
di Pupi Avati (Italia)
Un film adorabile, classica commediola agrodolce da Pupi Avati, piacevolissimo e divertente, si passa sopra alle ingenuità. Antonio Albanese, molto bravo, sta assumendo le fattezze di Lino Banfi.

Fuori concorso
Fragile
di Jaume Balaguerò (Spagna)
Ho sempre pensato che Balaguerò fosse un cretino sopravvalutato. Nameless era un film talmente ridicolo che non mi sembra neanche il caso di rivangare. Un po' meglio Darkness, se non altro perché c'era la Paquin che faceva la sciantosa e per il finale clamorosamente cupo. In questo caso, invece, bastano pochi minuti per rendersi conto che è tutto sbagliato: si tratta solo di arrivare alla prima apparizione di Calista Flockhart, che personalmente detesto come attrice e come donna. Fragile è la fiera del ridicolo involontario, riesce giusto a creare una vaga simulazione di tensione nella parte centrale, ma il giochetto crolla ogni volta che inquadrano il volto di quella sottospecie di mutante anoressica. Balaguerò, va detto, riesce comunque a sorprendere lo spettatore: quando sei ormai convinto di essere davanti semplicemente a un brutto film horror, il regista spagnolo alza ulteriormente il tiro e riprende a nuotare verso il fondo del pozzo di merda in cui si è infilato. L'ultima mezzora è dominata dalla moglie di Frankenstein che infesta il secondo piano dell'ospedale e che riesce nel non facile compito di risultare più ridicola della Flockhart. Il finale col principe azzurro, poi, è l'apoteosi. Fra l'altro, secondo me Balaguerò non lo voleva, il lieto fine. E' un duro, lui.

Sezione Giornate degli autori
Falling... in love
di Ming Tai-wang (Taiwan)
La cosa più interessante di questo film è lo stucchevole uso del colore. Non c'è molto altro, anche perché qualcuno si è scordato che fra la fase "scrivere un soggetto" e la fase "effettuare le riprese del film" ci deve essere la fase "scrivere una sceneggiatura". Invece, la "sceneggiatura" è "lui ama lei, lei ama lui, litigano, lui va in giro a chiavare con altre donne, succedono cose a caso". Forse da metà in poi succede qualcosa, ma non lo so, perché ho deciso che poteva essere più utile andare a casa e dormire un po'.

15.9.05

Venezia a Milano - Day three


In concorso
Good Night, and good luck
di George Clooney (USA)
Coppa Volpi per il miglior attore a David Strathairn
Premio Osella per la fotografia
Mamma mia, ma che bello! Eccellente "docufilm" sull'attività giornalistica della CBS nel periodo del maccartismo. Ottimo cast, tutti gli attori (Clooney, Jeff Daniels, Robert Downey jr. e Mito Frank Langella fra gli altri) sono davvero in parte e l'interpretazione di Strathairn è fantastica. Clooney, porca troia, è un signor regista, confeziona un film che è un piacere da guardare, e non solo per il micidiale bianco e nero. Marò, forse esagero, ma me ne sono innamorato, altro che "un po' palloso"...

Fuori concorso
Initial D
di Andrew Lau e Alan Mak (Hong Kong)
Ho spesso sentito parlare di Initial D, ma non ho mai avuto a che fare con una qualsiasi delle sue innumerevoli incarnazioni (serie animate, fumetti, videogiochi... ). Questo film, comunque, è proprio quello che è: l'adattamento di un manga per ragazzi. Sembra davvero di assistere alla versione "live" degli OAV che mi guardavo a raffica dieci e oltre anni fa. Ci sono tutti, ma proprio tutti gli stereotipi: i personaggi giovincelli, il protagonista belloccio, talentuoso e silente, l'amico Boss Robot, i rivali onorevoli con cui nasce l'amicizia virile, i cretini assortiti, il cattivo professionista, la storia d'amore pura, tenera, dolce, pucci pucci, pissi pissi bau bau micio micio. Ma tutto, proprio, compresi miliardi di altre cosette che adesso non mi vengono in mente. Unica differenza con ciò a cui ero abituato, il fatto che dieci anni fa l'episodio dell'albergo a ore si svelava essere un equivoco. Ad ogni modo, ripeto, un anime per adolescenti, cosa che, ahimé, mi pone ormai un filo fuori target. Simpatico, divertente, alcune gag funzionano alla grande e le gare sono girate molto bene, ma lo si guarda con sufficienza, mentre probabilmente dieci anni fa mi ci sarei gasato a dismisura.

Fuori concorso
Four Brothers
di John Singleton (USA)
La carriera di John Singleton mi lascia perplesso: l'esordio con Boyz 'n the Hood è fulminante (o perlomeno così me lo ricordo), ma poi, per quanto con Shaft mi sia tutto sommato divertito, vengono un po' i brividi a scorrere la lista su IMDB. Come a quella cosa impresentabile di 2 fast 2 furious si possa far seguire questo signor film francamente mi sfugge. Ma del resto non sono nigga e non faccio il regista. Four Brothers è un film motherfucka di brutto, spacca i culi abbestia e non disdegna il buon sentimento. Una sceneggiatura di granito, che mette assieme praticamente solo stereotipi, ma lo fa con una padronanza devastante, una regia d'acciaio, che non si concede la minima sbavatura, e una serie di personaggi letteralmente cuciti addosso agli attori. 104 minuti di intrattenimento puro ed efficacissimo, non stanca mai, tocca i tasti giusti ed emoziona. Respect.

In concorso
I giorni dell'abbandono
di Roberto Faenza (Italia)
ROTFL, ma cosa è 'sta cosa? Non la capisco. Per due terzi circa sembra quasi un bel filmetto, una commedia agrodolce divertente, con dialoghi tutto sommato azzeccati e situazioni deliziose nella loro assurdità. Poi, all'improvviso, si prende sul serio e diventa la solita puttanata italiota pretenziosa e poetica come un bacio perugina. Bah, comunque fino a un certo punto è molto divertente. Ah, ma è un'impressione mia o la mania della sponsorizzazione è ormai ufficiale anche nei film italiani? Il bennet in Texas, il videotelefono qui...

Gabrielle
di Patrice Chereau (Italia/Francia)
Non so bene il motivo, ma ormai è ufficiale: a 'sto giro i film francofoni mi respingono. Non so come mai, e mi suona anche strano, visto che spesso in passato i miei film preferiti della rassegna veneziana erano di origini transalpine, ma così è. Appena sento parlare in francese, scatta il travaso di bile e non mi controllo. Non riesco a proprio a concentrarmi sul film, magari ne apprezzo la fotografia, la cura per l'immagine, la messa in scena particolare, ma non riesco a farmi prendere. Non mi acchiappa. E sì che ci provo, eh! Ma non c'è nulla da fare, bastano pochi minuti e mi ritrovo a pensare ai fatti miei, a cose tipo "chissà che stanno facendo in Champions", "dobbiamo fare l'asta del fantacalcio", "che ora è?", "minchia, domani è meglio se scrivo l'introrece", "che è 'sta puzza?" e via dicendo. Detto questo, Gabrielle fa comunque vomitare, eh. Ma proprio senza diritto di replica.

14.9.05

Locarno/Venezia a Milano - Day two


Locarno, sezione Piazza Grande
On a clear day
di Gaby Dellal (GB)
In queste rassegne non manca mai. E' lei, la classica commediola brit pop, con tutti i suoi assi nella manica: buonismo, personaggi-macchietta, buonismo, piccoli e grandi drammi familiari, buonismo, una missione catartica da portare a compimento, buonismo, buoni sentimenti e buonismo. Comunque piacevole e divertente per un'oretta, diventa insopportabile nella parte finale. Quando è partito l'applauso del pubblico in sala mi sono caduti quattro denti. Menzione speciale per Peter Mullan, eccellente anche quando recita in queste scemenze.

Locarno, in concorso
La neuvaine
di Bernard Emond (Francia)
Premio miglior intepretazione maschile
Premio ambiente e qualità di vita della Giuria dei Giovani(ROTFL)
Premio Giuria Ecumenica
Altro che Napalm, l'atomica ci vuole. Fottuti mangialumache.

Venezia, fuori concorso
Edmond
di Stuart Gordon (USA/Francia/GB)
DM: "Pronto?"
SG: "Pronto, parlo con David Mamet?"
DM: "Sì, sono io, con chi parlo?"
SG: "Ciao, David, sono Stuart, Stuart Gordon!"
DM: "Oh, ciao Stu, è un pezzo che non ci si sente... "
SG: "Già, dal party in quel locale... saranno sei mesi... come stai, tutto a posto?"
DM: "Sì, sì, tutto ok... mi fa piacere sentirti, che mi dici?"
SG: "Beh, ecco, volevo farti un saluto... e magari sapere a che punto sei con la sceneggiatura!"
DM: "La sceneggiatura... "
SG: "Ma sì, dai, ti ricordi, ci eravamo lasciati con la promessa che avresti scritto il mio prossimo film!"
DM: "... AH, SISISI, RICORDO! Te l'ho promesso mentre offrivi il quinto giro!"
SG: "Eh, adesso non ricordo questi dettagli, però... "
DM: "Eh, Stu, i dettagli sono fondamentali."
SG: "Hai ragione. Vabbé, allora, che mi dici?"
DM: "Scusa un attimo."
Mamet mette una mano sul microfono della cornetta.
DM: "Tesoro? Ascolta, mica ti ricordi dove ho messo Edmond? Ma sì, dai, la sceneggiatura, quella fesseria che ho scritto quando andavo al liceo... dai, quella che abbiamo trovato spostando la cassapanca... esatto, quella! Ah, nel terzo cassetto? Ok, grazie!"
Mamet leva la mano dalla cornetta.
DM: "Eccomi, scusa l'interruzione."
SG: "Ma no, figurati."
DM: "Dicevamo... la sceneggiatura è pronta!"
SG: "Davvero?"
DM: "Certo, l'ho finita non più di una settimana fa. E devo dire che mi sembra proprio un ottimo lavoro!"
SG: "Ma è fantastico! Possiamo vederci, così me la dai, facciamo una rimpatriata... "
DM: "Mmm... no, ascolta, per me è un po' difficile, sai, sono pieno di lavoro, e stiamo ristrutturando casa... forse è meglio se te la spedisco, dai."
SG: "Uh, ok, hai ragione, non voglio disturbarti oltre. Hai ancora il mio indirizzo?"
DM: "Credo di sì, ma qui è un casino adesso, sai, forse è meglio se me lo ridai."
SG: "Certo! [INDIRIZZO CANCELLATO PER TUTELARE LA PRIVACY DI STUART GORDON]"
DM: "Ok, allora domani come prima cosa ti spedisco il copione."
SG: "Fantastico, ti ringrazio davvero tanto David, io... "
DM: "Sì sì, ok, non devi ringraziarmi, adesso scusa, però, devo andare. Ciao, eh."
SG: "Ok, ciao, e grazie ancora."
DM: "TU-TU-TU-TU"

Venezia, fuori concorso
Texas
di Fausto Paravidino (Italia)
Gran bell'esordio, per un autore che sicuramente mostra inesperienza nel tenere le redini della storia e appare ancora un po' grezzo, ma senza dubbio ha un bel potenziale. Un film corale, volendo mucciniano, anche se non ha quella cura per l'immagine (ma neanche quella patina e quella pretenziosa prosopopea). Divertente e intrigante, con tante belle idee, come la conversazione all'autogrill, e anche qualche ingenuità. Soprattutto ci mette troppo a tirare le fila del discorso e il finale si fa confuso. Bella sorpresa, comunque.


DM: "Pronto?"
SG: "Ciao, David!"
DM: "Mmm... "
SG: "Come, non mi riconosci?"
DM: "Brian Yuzna?"
SG: "Hahahah, spiritoso! Sono Stuart, dai!"
DM: "Ah, ciao, Stu, come va?"
SG: "Alla grande! Ho letto il copione, è strepitoso, non vedo l'ora di mettermi al lavoro."
DM: "Mi fa piacere."
SG: "No, davvero, voglio ringraziarti, è una storia bellissima, e io credo che ne verrà fuori un gran film."
DM: "Dai, non esagerare."
SG: "Non scherzo, faccio sul serio. Voglio presentarlo a Venezia."
DM: "ROTFL"
SG: "Come?"
DM: "No, scusa, è che ho gli operai in casa, sai, stiamo ristrutturando... "
SG: "Ah, certo... beh, non ti disturbo oltre, volevo solo ringraziarti.
DM: "Ma figurati, non è niente. E' stato un piacere, anzi. Ciao, eh."
SG: "Ciao e grazie ancora!"
DM: "TU-TU-TU-TU-TU"

 
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