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30.6.06

Gli uomini, fino adesso


Bene, bravo, bis
Tranquillo Barnetta (Svizzera)
Non so se si sia ritrovato titolare solo per l'infortunio di Behrami, ma questo ragazzo ha fatto un mondiale notevole. Grande personalità, buoni piedi, sempre l'ultimo a mollare. Ma un po' tutta la svizzera, solida e giovane, promette molto bene, per i prossimi Europei in casa e per i mondiali del 2010. Saranno una squadra difficilissima da affrontare.

Tim Cahill (Australia)
Centrocampista di sostanza, quantità e qualità. L'ho mirato a fantacalcio perché in Premier League quest'anno ha segnato un gol pazzesco e mai scelta fu più azzeccata. All'esordio entra coi suoi in svantaggio, segna una splendida doppietta e si conquista un posto da titolare inamovibile, che onora con altre tre prestazioni colossali. Il migliore dei suoi.

Fabio Cannavaro (Italia)
A oggi il miglior giocatore del Mondiale. Nessun altro a livelli così alti per quattro partite consecutive.

Joe Cole (Inghilterra)
Si innamora un po' troppo del pallone, ma nell'addormentato centrocampo inglese è l'unico che inventi qualcosa (anche un gol della madonna, fra l'altro). Salta sempre l'uomo, spesso ne salta due, talvolta ne salta tre, ogni tanto si schianta contro il quarto. Ma quando si inserisce nel gioco di squadra è micidiale.

Bobby Convey (USA)
Un'ala destra atletica, velocissima e tecnica. Non in campo contro i cechi, per tutta la seconda partita fa letteralmente impazzire Zambrotta e nel finale ridicolizza Pirlo con un dribbling "campetto". Nel terzo match segna l'unico gol degli USA, bruciando sullo scatto il difensore ghanese, raccogliendo il bel lancio di Beasley e tirando fortissimo sul secondo palo. Sempre l'ultimo a mollare, butta sul piatto palle, cuore e sangue. Da tenere d'occhio.

Andreas Isaksson (Svezia)
Se c'è un giocatore da salvare nella spedizione svedese, è lui. Ha giocato un signor torneo, è stato decisivo in parecchie situazioni (e del resto le amnesie dei suoi compagni lo mettevano nelle condizioni di dar spettacolo) e contro la Germania ha piazzato una serie di capolavori pazzesca, che ha nettamente ridotto il possibile passivo.

Kakà (Brasile)
Quando il Brasile non gira, ci pensa lui a tenerlo in piedi, segnando un gol strepitoso all'esordio e generando gli unici reali momenti di gran gioco della squadra. Nel suo primo Mondiale da protagonista, fa subito capire che nei titoli di coda il suo nome sarà fra i primi.

Miroslav Klose (Germania)
Tutti lo criticano, tutti dicono che non lo vorrebbero, tutti ne parlano non troppo bene. Ma intanto lui, quando conta, mostra un dinamismo, una voglia e una concretezza micidiali. Eccellente sia nel fare gol, sia nel servire i compagni. Invasato.

Maniche (Portogallo)
In nazionale come in club, se ne parla sempre poco, sempre meno di altri. Eppure lui è sempre lì, pronto a inserirsi e fare i gol decisivi, quelli che pesano come macigni. E neanche banalissimi, perché il difensore olandese è pollo, ma lui è molto bravo.

Maxi Rodriguez (Argentina)
Un gran bel centrocampista offensivo, sempre in movimento, sempre pericoloso, attivissimo e decisivo in zona gol, risolve con un colpo da campione l'ottavo di finale.

Keiji Tamada (Giappone)
Zico è scemo e gli preferisce un Takahara acciaccato e uno Yanagisawa imbarazzante. Lui attende il suo momento, scende in campo l'ultima mezz'ora del secondo match e fa vedere buone cose. Titolare contro il Brasile, apre e chiude un'azione bellissima. Appoggia la palla a Inamoto e si butta in profondità sulla destra, mentre Inamoto, di prima, lancia Santos liberissimo in fascia sinistra. Santos stoppa, salta l'uomo, si accentra e serve un grande assist di esterno sinistro. In tutto questo, Tamada non si ferma un secondo, si fa tutto il campo di corsa, raggiunge la linea difensiva brasiliana, taglia verso sinistra liberandosi, incrociando col compagno di reparto e dettando il passaggio, lascia scorrere il pallone, alza la testa e, solo davanti a Dida, di prima, tira un mancino fortissimo, nel sette, sul primo palo. Magari è un giocatore di merda, ma per quest'azione si merita tante belle parole.

Robin Van Persie (Olanda)
Ragazzi, questo è forte per davvero. Tecnicissimo, alto, fisicamente solido come un macigno, con un gran tiro e una bella sventola sulle punizioni. Se Wenger lo tiene in riga, diventa un campione.

Patrick Vieira (Francia)
Sta facendo un mondiale pazzesco. Se non gli avessero "cancellato" quella alla Corea, avrebbe segnato tre reti in tre partite consecutive. Monumentale in mezzo al campo, decisivo in zona gol, quando vede la crisi all'orizzonte si carica la squadra sulle spalle e la porta ai quarti di finale.

Dwight Yorke (Trinidad & Tobago)
Il centravanti del Manchester anni Novanta si gioca, alla bellezza di 35 anni, il suo primo Mondiale e lo fa con la gioia, il gusto e la spensieratezza di chi sa di aver già avuto tutto. Non si toglie lo sfizio di segnare sul palcoscenico più grande di tutti, ma gioca tre partite da mattatore, piazzandosi in mezzo al campo e guidando i suoi come un condottiero d'altri tempi. Mastodontico.

Zinha (Messico)
Forse il giocatore più talentuoso e convincente di un Messico comunque molto positivo. Un brasiliano naturalizzato di trent'anni, della cui esistenza, francamente, non sapevo nulla. Segna all'esordio contro l'Iran e, quando entra in campo con l'Argentina, si mette a dribblare anche le zanzare.




Mani nei capelli
Dida (Brasile)
Fino adesso ha avuto un sacco di culo, con attaccanti avversari serviti regolarmente da sue smanacciate e che finiscono per tirare alto a porta vuota. Durerà?

Landon Donovan (USA)
Nel 2002 era il ragazzino interessante, nessuno si aspettava nulla e lui rispose con un torneo scintillante, in cui fu l'anima di una squadra capace di arrivare a una decisione arbitrale sbagliata da una possibile semifinale. Quest'anno aveva tutto il peso del mondo sulle spalle ed è letteralmente scomparso. Mancanza di palle?

Frank Lampard (Inghilterra)
Verrebbe da metterlo nella categoria seguente, perché la classe c'è e l'eliminazione ancora no, ma fino adesso per l'Inghilterra è quasi un uomo in meno. Magari è fuori forma.

Arjen Robben (Olanda)
Conferma tutto ciò che già si sapeva: veloce, tecnico, egoista e senza palle. Gioca per i fatti suoi e, quando la partita si fa complessa, scompare dal campo.

Ronaldinho (Brasile)
Verrà fuori sulla distanza? Possibile. Per adesso si è visto un giocatore totalmente inutile, oltre che - caso strano per lui - anche abbastanza nervoso. Sarà pure fuori posizione, ma per uno che viene continuamente (e a sproposito) messo sullo stesso piano di Maradona e Pelé, beh, fatico a credere che possa essere un problema tanto grosso.

Tomas Rosicky (Repubblica Ceca)
L'esordio scintillante contro dei dimessi e rinunciatari USA trae in inganno e fa ben sperare, ma Rosicky ha fatto un Mondiale francamente ridicolo. Grosso coi piccoli, piccolo coi grossi.

Luca Toni (Italia)
Bravo, eh, si sbatte, lotta, suda, difende, aiuta, ma non fa gol. Dalla scarpa d'oro t'aspetti un filo di più.

Il centrocampo dell'Olanda
Giovani, talentuosi, inesperti e polli.

Il centrocampo della Spagna
Giovani, talentuosi, inesperti e polli.



Dai, che ce la fai
Leo Messi (Argentina)
Immagino non sia ancora del tutto a posto, ma negli scampoli di partite giocate ha fatto vedere alcune cose delle sue. Mi piace tantissimo, mi fido di lui.

Frank Ribery (Francia)
Ha iniziato male, ha proseguito peggio, ma nelle due partite che contavano è stato efficace e decisivo. Continua a non sembrarmi il talento pazzesco di cui si parla, ma potrebbe stupirmi.

Wayne Rooney (Inghilterra)
Piano piano, un po' anche per necessità, sta crescendo. Contro l'Ecuador si è visto qualche lampo. Il problema è che forse non c'è tempo.

Francesco Totti (Italia)
Sempre meglio, anche se resta da vedere la tenuta in novanta minuti di fuoco contro una squadra in grado di mettere davvero fisicamente sotto l'Italia.



Peccato
Cissé, Owen, Kewell, Nesta, Smicer e altri che sicuramente mi sfuggono.
Avrei voluto vedervi di più, o addirittura vedervi punto e basta.



Infine
Un bacio a Ronaldo: tutti gli sputano in testa, lui va per la sua strada, diventa capocannoniere assoluto nella storia dei mondiali e se la ride di gusto.

29.6.06

Poseidon

Poseidon (USA, 2006)
di
Wolfgang Petersen
con
Kurt Russel, Josh Lucas, Richard Dreyfuss, Jacinda Barrett, Emmy Rossum, Mike Vogel, Mia Maestro, Jimmy Bennett, Freddy Rodríguez, Kevin Dillon

Remake di L'avventura del Poseidon (1972, con Gene Hackman ed Ernest Borgnine), Poseidon racconta la lotta per la sopravvivenza all'interno di una nave cappottata da un'onda anomala. Wolfgang Petersen si ritrova fra le mani una sceneggiatura deficitaria e fa il possibile, sfruttando tutto il suo mestiere per mettere assieme una giostra ben confezionata, a tratti divertente, ma priva di passeggeri.

I protagonisti di Poseidon sono macchiette appena abbozzate, che si limitano ad eseguire il compitino, seguendo le regole del film catastrofico nelle psicologie e negli eventi. E così c'è quello antipatico che muore come un coglione, il personaggio simpatico che muore tragicamente, l'eroe tutto d'un pezzo, l'avventuriero ombroso e via dicendo.

Ma il vero peccato non sta tanto nelle psicologie tagliate con l'accetta, quanto nel disinteresse ad approfondire idee tutto sommato interessanti, come la controversa morte di un personaggio nella parte iniziale, che offre un potenziale drammatico notevole e per nulla sfruttato nel proseguio del film. E questo esempio rappresenta al meglio tutto ciò che è il Poseidon di Wolfgang Petersen: un film privo di cuore, che non ha il coraggio di sporcarsi le mani con le budella dei suoi morti e finisce, quindi, per risultare freddo e distaccato.

28.6.06

Ottavi di finale


La Germania passa il turno dominando e convincendo. Dopo un inizio vittorioso ma incerto, nel corso delle tre partite successive si è regolata dietro e ha trovato maggiore intesa davanti, con un Klose sempre più invasato e un Podolski che finalmene ha trovato la via del gol. Ciò non toglie che debbano ancora incontrare un'avversaria degna di questo nome. Vedremo con l'Argentina.

La Svezia esce sostanzialmente nella vergogna, lasciandosi alle spalle un Mondiale mediocre. Lenta, abulica, involuta, paga forse lo scotto di essersi trovata con gli uomini chiave fuori forma, ma resta il fatto che questa squadra è molto lontana dalla bella e divertente sorpresa del 2002 e da quella spettacolare macchina da contropiede vista nel 2004.



I ragazzi del Pibe, nel girone, hanno vinto di giustezza contro una buona Costa d'Avorio, hanno fatto sei gol al Casalpusterlengo e non hanno giocato contro l'Olanda. Ci sta, insomma, che le lodi fossero un po' esagerate e che contro una squadra solida, organizzata e ben messa in campo come il Messico abbiano faticato. Lode e onore delle armi ai centroamericani, portatori sani dell'allenatore più "sagoma" del Mondiale. Solo giusto, comunque, che alla fine si sia risolto tutto con la super giocata di una delle stelle emerse fino a oggi: le "grandi" sono tali anche e soprattutto perché hanno i campioni in grado di piazzarti la pennellata d'autore.



Un'Inghilterra davvero inguardabile passa il turno grazie al vomito effettato di Beckham e rimanda l'ora della verità. La squadra non gira proprio e, soprattutto, delude in quello che doveva essere il suo punto forte, il centrocampo. Vero che in tre su quattro, lì in mezzo, hanno fatto gol, ma sono state tutte azioni estemporanee (quando non calci piazzati). Manca, piange il cuore a dirlo, l'anima offensiva, Frank Lampard. Non so se è fuori forma, se si pesta davvero i piedi con Gerrard (epperò nel 2004 non se li pestavano) o se non c'è con la testa, ma temo sia proprio lui la chiave. Certo, avere l'attacco morto non aiuta.



Che la giovane, inesperta e sbarazzina Olanda esca in quel modo contro un Portogallo sornione e sgamatissimo è solo giusto e nell'ordine delle cose, anche se mi ha davvero fatto incazzare a morte. Portoghesi insopportabili nell'atteggiamento, piagnoni, simulatori, perditempo, spero escano nella vergogna. Ma Olandesi davvero troppo leziosi e inconcludenti: del resto l'avevo detto che temevo la loro gioventù e l'assenza di uomini realmente di personalità. Una squadra talentuosa, ma disunita e incapace di giocare assieme come si deve. E non a caso l'occasione migliore, quella sfortunata traversa piena, arriva da Cocu, il vecchio saggio del centrocampo.

Van Basten sarà criticato nei secoli dei secoli per non aver messo Van Nistelrooy, ma secondo me è ancora più grave aver atteso così tanto per inserire la punta in più (chiunque essa sia). Vennegoor ha giocato dieci minuti, ma in quei dieci minuti ogni singola palla buttata avanti dagli olandesi la prendeva lui di testa e la deviava verso un compagno. In ogni caso, sta costruendo una bella Olanda giovane e ha gli uomini per farlo. Ne riparliamo fra due anni. Il Portogallo va avanti con merito, ma soprattutto con demerito degli avversari esili e polli. Giusto così.



L'Italia fa soffrire chi tifa per lei, ma gioca una partita nettamente migliore di quanto il rigore salva-chiappe allo scadere possa far pensare. Lippi sceglie di impostare sulla solidità difensiva e sulle ripartenze, vuole evitare di subire troppo la freschezza atletica dei canguri e, alla fine, ha ragione. I Socceroos arrivano al (pessimo) tiro solo grazie a qualche rimpallo fortunato, ma rischiano tantissimo quando gli azzurri trovano la giocata che li porta a pungere per davvero. Alla fine il possesso palla sarà in mano agli uomini di Hiddink e probabilmente lo sarebbe stato anche in undici contro undici, ma le occasioni migliori, per non dire le uniche, ce le hanno gli italiani. La vittoria, insomma, per quanto indubbiamente giunta un po' a culo, è meritata.

Ah, i due episodi chiave. Materazzi, visto a velocità normale, arriva davvero come un treno. Posso capire che l'arbitro tiri fuori il rosso, considerando anche che probabilmente lo teneva d'occhio per una mezza reazione di poco prima e non voleva correre il rischio di perdere il polso della partita come era accaduto la sera precedente a Ivanov. Resta comunque un'intervento al massimo da ammonizione, tanto più che a subire davvero il fallo non è Bresciano, ma Zambrotta. Il rigore è generoso, cercato con molto mestiere da Grosso, ma tutt'altro che regalato. Non solo il difensore australiano è pollo a buttarsi per terra totalmente fuori tempo, ma, mentre fa di tutto per levare dalle palle il braccio destro, allarga quello sinistro (coperto alla visuale dell'arbitro) e tira una bottarella alla gamba di Grosso. Bottarella da poco, certo, ma che un minimo il tempo glie lo fa perdere. Altrettanto certo che Grosso rovini per terra solo e unicamente perché sa che da quella posizione non può crossare (a chi la dovrebbe dare?) e non può tirare (di sinistro non c'è modo, di destro la butta in curva). Insomma, giusto così.

Bravo Totti, certo aiutato dal fatto (poi Lippi dirà previsto) di entrare quando sono ormai tutti cotti e non pagare il suo "ritardo" fisico, ma capace di creare tre grandi giocate con altrettanti palloni toccati. Esageratamente criticati Iaquinta e Del Piero, che certo non stupiscono, ma fanno ciò che Lippi chiede loro (Iaquinta ci mette un po' a capirlo) e riescono anche a piazzare un paio di bei cross. Giuste lodi comunque all'Australia, che ha fatto un signor torneo e deve solo essere fiera. Mi è spiaciuto un sacco scoprire che Kewell non avrebbe giocato vedendolo entrare in campo con le stampelle. Brutto modo per chiudere un Mondiale, proprio subito dopo aver finalmente trovato il gol, oltretutto nella partita più importante. Forse con lui in campo sarebbero riusciti a creare qualcosa di sensato in attacco. Un bacio a Hiddink: lunedì sera ha rosicato come un coglione, il giorno dopo ha trovato la forza di parlare con un minimo di senso. Resti un coglione, ma sei anche un signor allenatore.



Applausi per Svizzera e Ucraina, che non hanno regalato un ottavo di finale memorabile sul piano del gioco, ma chiudono qui un signor Mondiale. Sì, chiudono qui, perché se ci si preoccupa per l'Armata Brancaleone di quello che vuole insegnare l'inglese ai figli, beh, allora tanto valeva uscire al girone. Spiace un sacco per Senderos, avrei voluto vederlo in campo un'ultima volta, e per il suo sostituto, rotto alla fine del primo tempo. Che sfiga! E che schifo di rigori. Mi beo, comunque, di averli pronosticati tutti, uno per uno. Chi mi sedeva a fianco non capiva se porto sfiga o ho intuito.

Il Brasile si fa piallare dal Ghana, ma approfitta di una banda di polli incapaci di concretizzare le occasioni e di chiudere come si deve. Certo, se l'arbitro ti grazia un Juan da espulsione e ti abbuona il raddoppio in fuorigioco quando l'avversario ti sta sezionando, beh, diventa facile. Ma dei merdosi fischietti parlo più avanti.



Gli ottavi di finale si chiudono con una partita bella ed emozionante. La Spagna si conferma squadra femmina, incapace di tirare fuori le palle quando il gioco si fa duro. Han fatto i fighi giocando contro l'Acireale, il Cimiano e la Sangiuseppese, ma contro i galletti l'han presa sonoramente in culo. Qualche accenno di bel gioco nei minuti iniziali, un rigore sacrosanto trasformato e poi una solida marea black a travolgerli a centrocampo, loro e il possesso palla tanto bello e spettacolare. Zidane, dopo aver rischiato di chiudere la carriera con uno squallido pareggio contro la Corea, gioca un partitone e mette l'oliva nel Martini con un bel gol. Ribery sbaglia tanto ma, assieme a Vieira, si rivela l'arma migliore per punire le gambe molli degli spagnoli. Henry non pervenuto.



Da sottolineare, non posso farne a meno, quanto gli arbitri facciano sempre più cacare. La Germania ha dominato e meritato con la Svezia, l'arbitraggio probabilmente non ha deciso (oltretutto il rigore sbagliato da Larsson era pure generoso), ma resta il fatto che si è vista la prima vera "gestione" per la squadra di casa: quasi tutti gli episodi dubbi, quasi tutte le piccole scelte, quasi tutti i cartellini, andavano in una sola direzione. Se il quarto di finale con l'Argentina sarà equilibrato come credo, questa cosa potrebbe pesare molto.

Tremendo anche Ivanov in Portogallo Olanda, che non espelle sull'infortunio di Cristiano Ronaldo e già da lì comincia a perdere il controllo della situazione. Per carità, lo ringrazio anche, che la Royal Rumble è stata divertente, ma non ci ha capito davvero un cazzo, dall'inizio alla fine. Del gioioso arbitraggio pro-carioca ho detto, ma va aggiunto che, visti gli orrori commessi fino adesso nel torneo, a 'sto giro all'Italia va più che bene. Contro i canguri un arbitro un po' protagonistoide e fiscale, ma certo non scandaloso.

Ah, fra l'altro, Rosetti ieri sera è stato solo ottimo. Secondo me tifa un po' Ucraina.

Gesù, Giuseppe e Maria


Loro, Gesù, Giuseppe e Maria.

27.6.06

The Doll Master

Inhyeongsa (Corea del Sud, 2004)
di Yong-ki Jeong
con Yu-mi Kim, Eun-kyeong Lim, Hyeong-tak Shim, Ji-young Ok, Hyeong-jun Lim

Se la Rumi ti fa gli occhi dolci, già è difficile dire di no. Se poi il film è un horror, beh, il pensiero che magari ci si diverte sorge spontaneo. Eppure, quella vocina, quella della censura preventiva, che ti dice di non farlo... ma niente, le tappo la bocca e vado avanti. Vado avanti e mi ritrovo a guardare un filmetto, non orrendo, vero, perfino con qualche bella immagine, chiaro, ma con difetti da latte alle ginocchia.

Una caratterizzazione dei personaggi e un intreccio che davvero avrei potuto accettare solo guardando un cartone animato giapponese (almeno) dieci anni fa, una fotografia e una messa in scena sorprendentemente poco curate per una produzione coreana, una quasi totale assenza di suggestioni. Anche un paio di idee simpatiche, probabilmente per una questione di grandi numeri, ma disperse in un mare d'inutilità.

Peccato, perché le bambole, quelle vere e quelle meno vere, sono proprio belline e d'effetto, ma non hanno attorno un film.

26.6.06

OutRun 2006 Coast 2 Coast

OutRun 2006 Coast 2 Coast (Sega, 2006)
sviluppato da Sumo Digital


OutRun 2006 è il piacere della derapata, della guida terrona ma spensierata e gioiosa. Non ci sono negri incazzati che rappano con catenazze al collo, il massimo della rabbia viene dalla bionda passeggera che inveisce sul pilota. Si viaggia da un capo all'altro di un'America favoleggiante e si ammirano paesaggi mozzafiato, dipinti con estro e poesia.

Un passatempo divertente e placido, mai troppo difficile, anche perché, appena appena c'è un minimo di sfida, basta comprare una rossa nuova fiammante per far mangiare polvere agli avversari. E poi ci sono le prove folli, la fuga dagli alieni, l'inseguimento dei fantasmi, il tiro al bersaglio.

E, infine, c'è la gioia di una roba per la quale non ne avrei mai comprato due copie, ma che come gentile omaggio diventa un piacere. Lo stesso gioco, su PS2 e su PSP, in salotto e in tasca. Il salvataggio è unico, lo passi da una parte all'altra e vai avanti ad accumulare miglia, premi, macchine e puttanatine.

Il tutto sotto un cielo invaso da stelle cadenti, mentre il suono della risacca oceanica accompagna il tuo vagare fra una Testarossa e una F40.

Relax.

25.6.06

Spiral


Spiral (Giappone, 1995)
di Koji Suzuki


Leggere il primo Ring ha rappresentato per me una piacevolissima sorpresa. Oltre a ritrovare quelle belle atmosfere morbose e inquietanti che caratterizzano l'horror nipponico, ho scoperto un intreccio tutto sommato abbastanza diverso da quello delle trasposizioni cinematografiche. Già solo la presenza di un protagonista maschile ribaltava parecchi temi dei film, eliminando la stantia storia d'amor perduto, concentrandosi su una divertente amicizia virile e cambiando non poco il rapporto con la demoniaca Sadako/Samara.

Ma la stessa Sadako risultava un personaggio profondamente diverso da quello ormai impresso a fuoco nell'immaginario collettivo. Adulta, con un passato più ricco alle spalle e con un paio di "particolarità" abbastanza sconvolgenti. Insomma, non solo un bell'horror investigativo, ma anche un romanzo capace di stupirmi nonostante alcune svolte cardine le conoscessi già tramite i film.

Questo seguito riprende alcuni punti fondamentali del primo libro e li fa evolvere in una direzione abbastanza lontana. L'elemento investigativo rimane al centro dell'azione e non mancano i momenti puramente horror, ma la storia devia più verso una fantascienza quasi à la Michael Crichton. È infatti una variante del virus del vaiolo a causare le morti "volute" da Sadako e una sua mutazione porterà a sviluppi parecchio interessanti.

Lo stile del racconto, però, rimane quanto di più lontano possibile dalla narrativa di genere americana. Ritmi blandi, atmosfere stranianti, descrizioni asettiche e inquietanti, visioni angoscianti tipicamente orientali. Interessante e intrigante, mi ha messo addosso una gran voglia di leggere l'episodio conclusivo della trilogia.

24.6.06

(Fanta)Bestemmie

Gioca Bueno [The Bad] - 4 [72.83] - Qualificata
Doctors Without Borders [Il Dottore] - 4 [71] - Qualificata
Edicola di giopep [giopep] - 4 [70.33]
Bovanza FC [Bovati] - 4 [67.33]

La (Fanta)Missione Impossibile è stata un fallimento. Per un attimo è sembrato che dovessi vincere e passare il turno in gloria, poi il mio avversario ha cominciato a tirare fuori gol da tutte le parti (Klose, Klose, Joe Cole, Zigic, Vieira) e abbiamo pareggiato. In più ho sbagliato portiere e per questo motivo sono stato sorpassato e sono finito al terzo posto nel girone. Insomma, l'avventura FantaMondiale si chiude qui.

Esco a testa alta, con la terza fantamedia assoluta su sedici partecipanti, ma quest'anno sono uscito a testa alta un po' da qualsiasi cosa, e prima o poi la testa si abbassa. Oltre ai due infami qua sopra, passano il turno Eclisse, ph, Stricchio, Nadif, Gruspola e la mia RumiRu. Almeno, ho qualcuno per cui tifare.

Sigh.

Considerazioni sparse dopo la prima fase


La Germania va avanti, facendo un po' meno schifo del previsto, ma contro avversari tutto sommato abbordabili. Non c'è ancora stato bisogno di far valere il "fattore campo", vedremo cosa succederà più avanti. In ogni caso, a occhio, potrebbe pesare contro la Svezia, ma l'Argentina vista fino adesso sembra più forte di qualsiasi torto arbitrale e di tutto il possibile pubblico.



L'Inghilterra vince ma non convince. Non del tutto, perlomeno. Spiace tantissimo per Owen, poveretto, ma paradossalmente il duo offensivo Pertica/Birraiolo mi pare meglio assortito. Ottimo Gerrard, si deve svegliare Lampard. La Svezia dubito possa farcela contro i tedeschi, specie con un Ibrahimovic in queste condizioni. Stima totale per Trinidad & Tobago, che han giocato tutto sommato pure meglio di quanto pensassi. Splendido vedere Yorke che fa "quello forte nella squadra di scarti" e arretra a far salire la boccia.



Il girone infernale ha finito per mostrare equilibrio zero, per colpa di una Serbia ridicola e della pollaggine della Costa D'Avorio (che se fosse stata più solida dietro avrebbe probabilmente dato ben altri grattacapi). L'Argentina è davvero splendida, ha segnato il gol più bello del Mondiale (Cambiasso dopo ottocento passaggi di prima in tipo un minuto di possesso) e ha mostrato tutto, dal cinismo nel tenere il risultato contro la squadra pericolosa, alla capacità di demolire la squadra ridicola facendo i numeri. Bella anche l'Olanda, ma coi limiti di una squadra giovane, inesperta e senza un vero uomo di personalità (forse solo Cocu, ma non ha la statura che ci vuole).



Ridicolo e non meritevole di commento il girone del Portogallo, mentre quello italiano è stato il più equilibrato, anche se francamente mi è parso equilibrato più verso il basso che verso l'alto. Nel 2002 gli USA arrivarono carichi, in stato mentale di totale grazia (coglioni fumanti sul piatto) e con un tabellone obiettivamente abbordabile. Fu un quarto di finale meritatissimo (e solo un rigore negato li separò dai supplementari con la Germania), ma erano e restano una squadra obiettivamente scarsina, che per di più a 'sto giro ha giocato una partita intera senza coglioni, ha deluso nei suoi uomini migliori, ha segnato un solo gol (l'autorete di Zaccardo non fa testo) e ha subito pure qualche torto arbitrale nel match decisivo. Ecco, nonostante tutto questo, hanno avuto speranze di passaggio del turno fino all'ultimo... come si fa a parlare di girone forte? Detto ciò, l'Italia alla terza giornata se l'è cavata con autorità in una situazione in cui, normalmente, uscirebbe con la coda fra le gambe e in mezzo alle polemiche. Non solo, ha un tabellone estremamente favorevole, che le potrebbe permettere di andare avanti e far crescere chi ancora non è in piena forma. Qua finisce che si arriva davvero in fondo. Da sottolineare come il passaggio del Ghana porti a sei la striscia di Mondiali consecutivi in cui una squadra africana passa il primo turno. Da sottolineare, infine, l'uscita di scena del merda. Muori.



Il Brasile vince, ma convince più o meno come l'Inghilterra. Le riserve giocano meglio dei titolari. Ronaldo cresce di partita in partita, ma resta un po' gordo. Non so francamente che dire, ma certo è chiaro che con quella gente in squadra è un attimo vincere anche la partita più stronza. Lode e gloria agli australiani, cazzutissimi e mai domi, con una rimonta esaltante sui giapponesi e una partita con i croati che paradossalmente meritavano di stravincere e han pareggiato quasi a culo. Si fermeranno agli ottavi, ma han fatto un gran mondiale. Spiace per i nippo nappo, che però son sempre quelli: qualche bella fiammata, ma il nulla davanti e i polli dietro. Splendido, però, davvero splendido, il gol di Tamada contro il Brasile. Bella l'azione, belli i due passaggi, bello il movimento della punta, bellissimo il tiro nel sette sul primo palo. Tecca e Altafini sono rimasti zitti per qualche secondo. Magari, se Zico avesse fatto giocare lui, invece di tenere in campo il cadavere di Takahara e quel catorcio di Yanagisawa, con l'Australia avrebbero segnato il secondo gol e vinto.



La Svizzera si conferma squadra stracazzuta e solida, che del resto in tempi non sospetti avevo pronosticato prima nel girone. E contro l'Ucraina hanno una solida chance per conquistare degli ottimi quarti di finale. La Francia, aiutata da un'avversaria indecente, ha tirato su la cresta e va agli ottavi. Vedremo. Per citare Compagnoni, "La Corea esce a testa alta". Molti dicono che è più debole rispetto a quattro anni fa, a me sembra che la differenza principale siano gli arbitri, che, con tutta la possibile voglia di buona fede, una mano l'avevano ovviamente data (e, certo, pesa anche l'assenza di Hiddink in panchina). Hanno comunque fatto quello che potevano, contro due squadre obiettivamente superiori sul piano tecnico e fisico. E i tifosi coreani restano divertentissimi e un piacere da guardare e ascoltare.



Spagna bellissima da vedere, possesso palla, inserimenti, due punte in gran forma, ce n'è per tutti i gusti. Va però detto che ha incontrato un'Ucraina contrattissima all'esordio e due squadre un po' indecenti. Caressa e Vialli dicono che il possesso palla è bello, ma se la palla glie la rubi e li attacchi in velocità e in profondità possono faticare parecchio. Tendenzialmente, agli ottavi, Malouda, Vieira e Makelele qualche palla dovrebbero rubarla. Vediamo se Henry le sfrutta. L'Ucraina passa il turno con un rigore netto negato alla Tunisia e un rigore regalato a Shevchenko che inciampa da solo. In tre partite ho visto una squadretta nervosa e poco incisiva, ma obiettivamente contro la Svizzera possono giocarsela. Girone francamente brutto, il loro, anche se l'Arabia Saudita contro la Tunisia ha fatto due gol della madonna.




Finisce quindi uno spettacolare primo turno. Qualche partita un po' di merda, francamente, ma tantissime emozioni, spesso anche in match, come detto, non bellissimi. Ultima giornata spettacolare, con solo un girone totalmente chiuso e almeno la metà con davvero qualcosa di serio in palio. Più in generale, proprio guardando i tifosi, la gente, le squadre, si respira una bella aria, o perlomeno questo traspare dalla TV.

A proposito di TV, la copertura di Sky è fenomenale, mi sono guardato praticamente tutto (ho rinunciato giusto a qualcosina durante Cannes, ma la gestione di higlights, repliche e registrazioni su MySky ha aiutato alla grande), ho goduto con diretta gol nella terza giornata e mi sono pure ascoltato un po' di chiacchiere in studio, che si confermano mille volte più ascoltabili che da qualsiasi altra parte.



Unico lato negativo, ma secondo me MOLTO negativo, gli arbitraggi. Forse la cosa è poco in luce perché, rispetto al 2002, la squadra di casa non ha ancora avuto bisogno di spintarelle e, soprattutto, l'Italia non ha subito torti particolari, ma si sono viste robe imbarazzanti. Lasciamo pure perdere i fuorigioco sbagliati, che poi alla fine, specie con le nuove regole, è questione di centimetri. Ma in area di rigore si è visto veramente di tutto. Così, pensandoci al volo, mi vengono in mente il gol irregolare convalidato ai giapponesi e il rigore netto a loro negato contro l'Australia, il rigore inventatissimo contro gli USA nella partita col Ghana, il rigore netto negato alla Tunisia contro l'Ucraina (con poi quello regalato a Shevchenko), la comica delle tre ammonizioni a Simunic. E oltretutto, qui, a far ridere i polli non sono manco (non sempre, perlomeno) arbitri di secondo piano, ma gente tipo Merk, che in teoria dovrebbe essere "candidato" per la finale. Andiamo bene...

22.6.06

Super Size Me

Super Size Me (USA, 2004)
di e con Morgan Spurlock

Super Size Me è un documentario a tratti divertente e a tratti interessante ma che, come spesso accade ai documentari americani "mainstream", tende a sfruttare assunti un po' estremi per provare tesi esageratamente schierate. Davvero c'è bisogno di mangiare da Mc Donald's tre volte al giorno per un mese, per intuire che come esperimento sarà dannosissimo? Davvero c'è bisogno di far vedere che si arriva anche al vomito, se si somministrano menu super size a un uomo decisamente magro e abituato a mangiare solo pranzetti biologici preparati da una vegetariana? Davvero, infine, c'è bisogno di fare paragoni fuori luogo e lontani dal vaso come quello coi fumatori?

Del resto, con un lieve rigurgito di onestà intellettuale, Spurlock - discorso sul fumo a parte - ammette e comprende questi dubbi nella parte finale del film, sottolineando però che sì, c'è bisogno eccome di farlo, perché la maggior parte degli americani non si rendono conto da soli di queste cose.

Certo, sarebbe anche il caso di farlo con un documentario un filo più incisivo, invece che con questa robetta, in cui si vede un tizio che passa il tempo a passeggiare e mangiare di merda, per poi andare dal dottore e sentirsi sciorinare un po' di dati senza un preciso filo logico, per poi tornare a passeggiare e mangiare di merda, per poi andare dalla dietologa figa e sentirsi sciorinare un altro po' di dati senza un preciso filo logico, per poi tornare a passeggiare e mangiare di merda, per poi rendersi conto che ha fatto una cazzata mettendosi a mangiare di merda.

Per inciso, Spurlock, prima di iniziare a subire gli effetti nefasti della dieta, commenta i panini con una serie di superlativi e, non bastasse, in corsa mostra un uomo magro e in salute che vive mangiando due Big Mac a pasto. Insomma, se fai una dieta da coglione stai male, ma i panini del Mac, mangiati ogni tanto, sono ottimi. Grazie per l'informazione.

21.6.06

(Fanta)Missione Impossibile


Gioca Bueno [The Bad] - 3 [75.25]
Edicola di giopep [giopep] - 3 [73]
Doctors Without Borders [Il Dottore] - 3 [71.5]
Bovanza FC [Bovati] - 3 [68.5]

Questa, all'alba dell'attualmente in corso ultima giornata del primo turno, è la fastidiosamente equilibrata classifica del mio girone di fantamondiali. Io e Bovati, sulla carta, avevamo chiaramente due squadre materasso, finite per sfortunato sorteggio contro due corazzate. E invece, guarda un po', ce la stiamo giocando fino alla fine, in quello che a conti fatti si è rivelato il girone di ferro: al momento, su sedici squadre partecipanti al torneo, abbiamo le prime tre fantamedie in assoluto... e comunque quella di Bovati è la settima.

Proprio contro Bovati (quando per inciso ho totalizzato il punteggio più alto visto fino adesso nel torneo) sono arrivati i miei tre punti, ottenuti grazie alla goleada di Australia - Giappone (Nakamura, Cahill, Cahill, Aloisi, tutti in campo per me, con fra l'altro il nipportiere in campo per Bovati). La sconfitta è giunta invece contro Il Dottore, in una partita francamente un po' sfigata: ho perso per uno 0.25 di fantamedia, in sostanza per colpa di un'ammonizione o di un qualsiasi giocatore lasciato colpevolmente in panchina (per esempio Donovan, che mi sono lasciato convincere a lasciar fuori da un maledetto... mai ascoltare consigli sulla formazione di fantacalcio), ma soprattutto contro i gol di, sigh, Park Ji Sung e Frei.

E adesso devo giocarmi tutto all'ultima giornata, schierando un Lampard (capitano, mio capitano) che per la terza partita di fila ha tirato ottocento volte nello specchio della porta senza segnare, un Van Nistelrooy e uno Sneijder che mentre scrivo stanno facendo pena (Ruud sostituito subito prima di inviare il post) e un Isaksson bibucato, contro un Klose già in doppietta, un eroico Jevric e un Fernando Torres che probabilmente si divertirà con l'Arabia Saudita. Oltretutto, se per turnover Torres non dovesse giocare, al maledetto The Bad entrerebbe il gol di Zigic. Insomma, considerando che - tolta una vittoria a questo punto improbabile - per passare il turno mi serve che entrambe le partite finiscano in parità, butta malissimo. Ma non importa: comunque vada, sarò fiero dei miei ragazzi.

[Cannes 2006] Congorama - 10 canoe - Ça brûle - Lights in the dusk


Quinzaine des Réalisateurs
Congorama (Canada/Belgio/Francia)
di Philippe Falardeau

Piacevolissima commedia agrodolce su un sedicente inventore un po' sfigato e anche po' antipatico, che scopre di essere stato adottato e s'imbarca nella ricerca delle sue origini canadesi. Ho riso di gusto e ho apprezzato lo squallore infinito del protagonista, che davvero fa di tutto per rivelarsi un uomo molto triste.

Un Certain Regard
10 canoe (Australia)
di Peter Djigirr e Rolf de Heer
Alcuni zozzoni australiani scortecciano gli alberi per costruirsi delle canoe. Il vecchio della situazione racconta al giovane stolto una favoletta dei tempi andati. I due piani narrativi, il primo in bianco e nero, il secondo a colori, vengono uniti da una voce narrante. A metà fra il documentario sulle abitudini degli aborigeni e l'adattamento cinematografico di una pseudoparabola leggendaria, 10 canoe sarebbe anche interessante, se non fosse per quell'insostenibile voce del narratore, che davvero tedia dall'inizio alla fine.

Quinzaine des Réalisateurs
Ça brûle (Francia)
di Claire Simon

Il classico film francese da festival. Sembrava non esserci, e invece spunta fuori all'ultima giornata.

Quinzaine des Réalisateurs
Lights in the dusk (Finlandia)
di Aki Kaurismaki

Come quattro anni fa, chiudo la rassegna di Cannes con un film di Kaurismaki. Come quattro anni fa, la scelta è solo ottima. Questa specie di fotoromanzo noir, fatto di attori costantemente in posa plastica, frasi che sono sentenze scolpite nel marmo e colori intensi, è un'amara riflessione sul potere del denaro e della patata, ovviamente affrontata col solito gusto tragicomico. Affascinante.

19.6.06

Rumble Tumble


Rumble Tumble (USA, 1998)
di
Joe R. Lansdale

Sarà forse perché per disintossicarmi (vaffanculo Dan Brown) ne ho letti due in fila, ma questo quinto episodio della serie dedicata a Hap e Leo mi è sembrato il più debole. Stanco, quasi, un po' come Hap, che comincia a mostrare gli anni che si porta sul groppone. Resta una lettura piacevolissima, un western appassionante, divertente (forse è l'episodio più comico) e impreziosito dal solito spettacolare linguaggio di Lansdale, ma in effetti la serie comincia a mostrare un po' di ripetitività. Diciamo che prima di leggere il sesto farò passare un po' di tempo.

18.6.06

[Cannes 2006] Transylvania - Princess - The Host


Fuori concorso
Transylvania (Francia)
di Tony Gatlif

Un volantino pubblicitario - probabilmente sponsorizzato dall'ente del turismo transilvano - che passa praticamente tutto il tempo a far vedere paesaggi e situazioni tipiche, con processioni e gente in costume. Fra una cartolina e l'altra, una ridicola Asia Argento si strugge per l'amor perduto (interpretato, mioddio, da Morgan).

Quinzaine des Réalisateurs
Princess (Danimarca)
di Anders Morgenthaler
Bellissimo noir a cartoni animati, che racconta con taglio adulto e crudo le vicende di un prete missionario, tornato a casa per la morte della sorella pornostar e ritrovatosi ad accudirne la figlioletta. Finirà invischiato in un ambiente non dei migliori, con tragiche conseguenze. Intenso, commovente, ricco di idee e stilisticamente molto interessante. Un gioiello.

Quinzaine des Réalisateurs
The Host (Corea del Sud)
di Joon Ho-Bong

Un mostro mutante nato da una barzelletta terrorizza una metropoli coreana, ma incappa nella vittima sbagliata quando "rapisce" la piccola Hyun-Seo e si ritrova perseguitato dalla sua improbabile famiglia. Splendido minestrone di horror, melodramma e comicità demenziale, misurato e dosato come davvero solo gli orientali sono capaci di fare. Due ore di luna park, per di più neanche frustrate dalla solita mancanza di polso dei registi coreani. Forse anche per la grande carica autoironica, non c'è mai un momento di stanca e il divertimento è totale, dall'inizio alla fine. Esaltante.

17.6.06

[Cannes 2006] En soap - Lying - Dans Paris


Berlino 2006
En Soap (Danimarca/Svezia)
di Pernille Fischer Christensen

Gran premio della giuria
Premio miglior opera prima
Una soap opera a episodi (con tanto di riassunti della puntata precedente) che racconta le vicende di Charlotte, una bionda svedesona che lascia il suo ragazzo e va a vivere in un appartamentino di periferia, e Veronica, il timido e depresso travestito che vive al piano di sotto col suo barboncino e sbarca il lunario facendo marchette. En Soap mostra con ironia e intensa leggerezza il rapporto fra di loro, oltre che con l'ex di lei e la madre di lui. Divertente, ben scritto e recitato alla grande.

Quinzaine des Réalisateurs
Lying (USA)
di M. Blash
La versione stronza de Il giardino delle vergini suicide. Quattro povere deficenti si rintanano per un fine settimana nella casa di campagna e passano il tempo a comportarsi da cretine, a parlare del nulla e a non fare un cazzo. Novantadue minuti trapanati direttamente nello scroto.

Quinzaine des Réalisateurs
Dans Paris (Francia)
di Christophe Honoré

Due mucciniani falliti litigano e scopicchiano dicendo puttanate a raffica, senza soluzione di continuità. Dopo mezzora di crescente odio per lei e compatimento per lui, si presenta davanti ai miei occhi una scena in cui un ragazzo e suo padre parlano mentre in TV viene trasmessa una puntata di Passaparola. Quando mi rendo conto che sto prestando più attenzione a ciò che dice Jerry Scotti che alle cazzate che sentenziano i due personaggi, scatta l'intolleranza: fuga dal cinema, cena a base di sushi, rinuncia al pur promettente film tedesco delle 20:00 e via a casa a vedere le partite del mondiale grazie a MySky.

[Cannes 2006] Tzameti 13 - Le temps qui reste - Jindabyne - Crónica de una fuga - El laberinto del fauno


Venezia 2005
Tzameti - 13 (Francia/Georgia)
di Gela Babluani

Premio miglior opera prima
Un interessante film noir, che omaggia gli stereotipi del genere con un bel bianco e nero e, pur zoppicando un po' nella parte iniziale, diventa davvero appassionante quando entra nel vivo e si appoggia sulla bella idea alla base dello script. Molto bravi gli attori, compreso l'Aurélien Recoing già visto - e apprezzato - in A tempo pieno (Venezia 2001).

Cannes 2005 (Un certain regard)
Le Temps qui reste (Francia)
di François Ozon
Un fotografo di successo scopre di avere un tumore in stadio avanzatissimo e non la prende molto bene. Ozon ci racconta i suoi ultimi mesi di vita, mantenendo un apprezzabile distacco dalla retorica e dal sentimentalismo spinto, ma forse esagerando e finendo per non emozionare e non coinvolgere più di tanto. Il punto di vista "terra terra" è comunque apprezzabile, così come l'intensa interpretazione di Jeanne Moreau.

Quinzaine des Réalisateurs
Jindabyne (Autralia)
di Ray Lawrence

Sorta di riarrangiamento in salsa australiana dell'episodio dei pescatori visto in America Oggi, Jindabyne racconta delle tante possibili reazioni di fronte a una morte violenta e insensata. Lento nei ritmi, ma tutto sommato gradevole per un certo humor nero sottopelle e per l'ottima costruzione psicologica, il film di Ray Lawrence funziona anche grazie a un bel cast, con tanti bravi attori tutti in parte.

Crónica de una fuga
Crónica de una fuga (Argentina)
di Adrián Caetano

Il racconto della cattura, prigionia, tortura e fuga di quattro prigionieri politici (fra cui il calciatore Claudio Tamburini) nell'Argentina governata dall'esercito degli anni Settanta. Film di cassetta, confezionato con un impianto di genere e che non si concede alle fisime autoriali da festival. Nulla di entusiasmante, ma piacevolissimo.

In concorso
El laberinto del fauno (Messico/Spagna/USA)
di Guillermo Del Toro

Stupenda favola horror, che racconta in parallelo i rimasugli della guerra civile ispanica nel 1944 e il rapporto fra una bambina di dieci anni e una serie di creature fantastiche. Del Toro oscilla alla grande fra il fiabesco, le atmosfere angoscianti che conosce tanto bene e il crudo realismo "guerreggiante". Splendidi effetti speciali, poesia, narrazione intensa e ritmo trascinante, quasi due ore e mezza vissute in scioltezza nonostante fosse il quinto film di una giornata lunghissima. Il primo reale momento d'entusiasmo della rassegna.


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15.6.06

[Cannes 2006] La tourneuse de pages - The hawk is dying - Shortbus


Un certain regard
La tourneuse de pages (Francia)
di Denis Dercourt

Film indeciso fra il thriller, la commedia nera, il dramma dai toni epici, che racconta una vendetta nata nel crudele cervello di una bambina e consumata undici anni dopo. La voltapagina viaggia pericolosamente in cima al baratro del ridicolo, ma tutto sommato è un film piacevole e a tratti divertente. La passeggiata finale modello Keyser Soze non si può guardare, però.

Quinzaine des Réalisateurs
The hawk is dying (USA)
di Julian Goldberger
Un filmetto da festival, che butta inutilmente sul pomposo e sul pretenzioso una vicenda che poteva essere raccontata con maggiore umiltà e concretezza. Bravissimo Paul Giamatti, capace di rendere quasi interessanti una serie di lunghi monologhi senza senso, ma solo la sua interpretazione e la bellezza del falco rendono interessante questo film.

Fuori concorso
Short Bus (USA)
di John Cameron Mitchell

Film spudorato e svergognato, drammatico, intenso, ironico e divertente, che racconta l'amore e il sesso nelle coppie "di tutti i tipi". Scende nel dettaglio, anche e soprattutto grafico, ma riesce sempre a non scadere nel morboso grazie alla forte autoironia e alle tante risate che strappa. Qualche passaggio un po' fuori giri, soprattutto quel finale cantato ai limiti dell'insopportabile, ma un bel film. Sempre che non dia fastidio vedere uccelli in primo piano per un'ora e mezza di fila.

14.6.06

[Cannes 2006] The Wind that Shakes the Barley - A Fost sau n-a fost? - Changement d'adresse


In concorso
The Wind that Shakes the Barley (GB/Irlanda/Italia/Germania/Spagna)
di
Ken Loach
Palma d'oro

La lotta per l'indipendenza dell'Irlanda nella prima metà del secolo scorso, raccontata nell'ottica dei contadini che si impegnano come volontari contro l'esercito inglese. I drammi e le tragedie di quel momento, raccontati con garbo, intensità e uno sguardo crudo e tutto sommato poco retorico. Molto bravo Cillian Murphy, non tutto il cast alla sua altezza. Un Ken Loach di quelli belli, comunque.

Section parallèle
A fost sau n-a fost? (Romania)
di Corneliu Porumboiu
Camera d'Or
Divertentissimo esercizio di stile, in cui si seguono le vicende di un giornalista televisivo "che si è fatto da solo" e prova ad indagare, sedici anni dopo, su come la rivoluzione è stata vissuta nella sua cittadina. Lo fa intervistando nel suo scalcinato programma un paio di ubriaconi mitomani. Ne esce fuori una commedia amarognola, ma esilarante, tutta giocata sui dialoghi e sulla simpatia dei personaggi. Quasi tutto il film è visto tramite l'occhio della telecamera con cui viene realizzato il programma TV e la regia è volutamente impacciata, proprio perché la camera è in mano a un operatore incapace. Non ho visto tutti gli altri esordi del festival, ma questo è in effetti meritevole di un premio.

Quinzaine des Réalisateurs
Changement d'adresse (Francia)
di
Emmanuel Mouret
Bella commediola francese, che gioca coi ritmi e l'umorismo "scemotto" tipico appunto delle commediole francesi, diverte con le sue situazioni al limite fra il farsesco e il nonsense e regala un prevedibile, ma giusto finale consolatorio. I drammi amorosi di un protagonista scritto, diretto e interpretato dallo stesso, talentuoso (e faccia di cazzo), Emmanuel Mouret. Un modo piacevole per chiudere una prima giornata sorprendentemente liscia.

13.6.06

Bei momenti #007


Simpatia.

11.6.06

La mappa del tifo di giopep


Purtroppo, la nazionale per cui tifo apertamente in Germania non c'è. Questo mi risparmierà molta sofferenza, ma non mi impedisce di partecipare emotivamente alle varie partite. Le varie nazionali di questo Mondiale, infatti, sono divise per fasce.

Le simpatie estreme
Quelle squadre per cui ho fortissima simpatia, che mi fa piacere vedere andare avanti, che spero vadano avanti, per le quali a tratti arrivo anche al tifo scatenato, e che ovviamente mi dispiacerebbe veder uscire. Da sempre l'Inghilterra, ma anche il Giappone e la Svezia.

Le simpatiche
Non è che le segua troppo, però nell'ambito della singola partita finisco nettamente per parteggiare per loro. Tipicamente, di questo gruppo fanno parte le squadrette che riescono a fare più di quanto ti aspetti, o magari anche solo le squadrette. Ovviamente si fa in fretta ad entrare o uscire da questa categoria. Per esempio, un bel modo per farmi prendere in simpatia una squadra, è fare palesemente cacare ed essere stracriticate da tutti come sta accadendo alla Germania. Al momento ci metto nettamente dentro anche Trinidad & Tobago, USA, Australia, Corea del Sud, Svizzera e Costa d'Avorio. Tocca metterci anche l'Olanda, che con la categoria "squadrette simpatiche" non c'entra nulla, ma alla fin fine mi sta abbastanza simpatica, pur senza farmi gasare particolarmente.

Le neutre
Le squadre di cui, in sostanza, non me ne frega nulla. Fanno in frettissima a diventarmi antipatiche, così come fanno in frettissima a diventarmi simpatiche. Ma in sostanza possono fare un po' quello che vogliono, non mi importa. Ovviamente diventano automaticamente il male se si trovano a giocare contro una squadra per cui simpatizzo, così come diventano il bene se poste di fronte a una squadra che odio. Di questa categoria neutrale, come (quasi) sempre, fa parte l'Italia. Neanche quattro mesi fa, simpatizzavo nettamente per gli azzurri, per la prima volta da millenni, ma niente, sono riusciti a farmi passare l'entusiasmo pure in questa edizione. Sempre meglio del palese tifo contro che feci nelle ultime due edizioni degli Europei, comunque. A far loro compagnia nella fascia di mezzo le africane in genere, le americane del centro/nord, l'Iran, l'Ucraina.

Le antipatiche
Le squadre che, per un motivo o per l'altro, mi stanno un po' sulle palle, pur senza arrivare all'odio. Penso per esempio alle fighette del Portogallo, al Brasile (che di base non mi starebbero sulle palle, ma mi danno fastidio per certi atteggiamenti sul campo), alla Francia (che, per rigetto nei confronti dell'odio globalizzato, alla fin fine non riesco ad odiare fino in fondo da un punto di vista calcistico), alla Spagna e alla Polonia.

L'odio
Il Sudamerica in generale, stradominato dall'Argentina, che non ho mai potuto sopportare e che certo con la sua insostenibile melina contro la Costa d'Avorio non mi si è resa più simpatica. E poi le nazionali slave e l'Arabia Saudita.

Muori
Pavel Nedved

10.6.06

Harry Potter e il prigioniero di Azkaban

Harry Potter and the Prisoner of Azkaban (USA/GB, 2004)
di Alfonso Cuarón

con Daniel Radcliffe, Rupert Grint, Emma Watson, Gary Oldman, David Thewlis, Alan Rickman, Robbie Coltrane, Michael Gambon, Emma Thompson

Dopo i due orrendi, piatti e noiosissimi film di Chris Columbus, finalmente Harry Potter viene preso in mano da un regista con le palle e trova una sua identità, forse non destinata a durare, dato il successivo nuovo cambio dietro alla macchina da presa, ma certo convincente. E meno male, visto che i primi due episodi mi erano piaciuti tanto da farmi passare la voglia di andare al cinema per i due successivi.

Cuarón regala ai personaggi delle psicologie, mostra di avere un'idea di cinema, abbandona i toni eccessivamente addolciti dei primi due episodi e confeziona un film elegante, curato, solido nella sceneggiatura e debole solo nella parte finale, che non riesce a offrire la giusta emotività, forse per un'eccessiva fretta nel tirare le fila.

Certo, aiutano i primi effetti speciali davvero convincenti della serie e più in generale la crescita dei personaggi, che meglio si prestano a tematiche non dico adulte, ma quantomeno interessanti. Ma i meriti dell'uomo dietro alla macchina da presa sono evidenti, anche nella bravura con cui dirige un cast davvero azzeccato e in parte. Cast che fra l'altro mi sono gustato per la prima volta in originale, apprezzando finalmente gli effetti dell'imposizione della Rowling sull'utilizzo di soli attori britannici.

Insomma, il terzo Harry Potter è un bel passo avanti. Non che ci volesse molto.

"Comincia il mondiale"


L'ha detto Fabio Caressa, e siamo tutti contenti.
Ovviamente, è iniziato anche il FantaMondiale di it.fan.studio-vit.

Questi i miei ragazzi:

Portieri
ISAKSSON Andreas SVE
VAN DER SAR Edwin OLA
Difensori
CANNAVARO Fabio ITA
LEWIS Eddie USA
LUCIC Teddy SVE
MARTINEZ Gilberto COS
ONYEWU Oguci USA
PERNIA Mariano SPA
TRABELSI Hatem TUN
VASHCHUK Vladislav UKR
Centrocampisti
BABIC Marko CRO
CAHILL Tim AUS
GYGAX Daniel SVI
LAMPARD Frank ING
MAKELELE Claude FRA
NAKAMURA Shunsuke JPN
OGASAWARA Mitsuo JPN
SNEIJDER Wesley OLA
Attaccant
ALOISI John AUS
DONOVAN Landon USA
PARK CHU YOUNG KOR
TAKAHARA Naohiro JPN
VAN NISTELROOY Ruud OLA

Al torneo, oltre al sottoscritto, partecipano Bovati, Il Dottore e The Bad, nel mio girone. Il girone B include alegalli, Eclisse, Nola e ph, il girone C Delu, Paride, RuMiKa e Stricchio, il girone C Flx, Gruspola, Holly e Nadif.

In palio onore e gloria.
Venderemo cara la pelle.

6.6.06

Piove


Pensierino serale per una persona che sta passando un brutto momento.

Un bacio.

5.6.06

Millennium - Stagione 2

Millennium - Season 2 (USA, 1997/1998)
creato da Chris Carter
con Lance Henriksen, Megan Gallagher, Brittany Tiplady, Terry O'Quinn, Kristen Cloke

La seconda stagione di Millennium si presenta come totalmente speculare rispetto a quella dell'anno precedente. Laddove nel primo anno il fulcro del racconto erano i serial killer, mentre il tema mistico/religioso, esclusi gli ultimi episodi, viaggiava sullo sfondo, qui gli assassini appaiono sporadicamente e l'oggetto investigativo del Millennium Group diventa motore principale delle vicende.

Non solo, varia anche la stessa costruzione degli episodi, non più singoli racconti indipendenti, con un sottile filo a legarli, ma tasselli concatenati di un ampio mosaico, che prende le mosse da un episodio d'avvio sostanzialmente in linea con la prima stagione e costruisce poi un'unica grande saga, la cui conclusione sembra essere solo un punto di partenza per l'annata successiva.

E se nel primo anno di trasmissioni Frank Black era sì protagonista, ma soprattutto tramite per raccontare altrui miserie umane, qui l'approfondimento psicologico del personaggio interpretato da Lance Henriksen diventa motore principale degli eventi. Tutto ruota attorno ai suoi drammi, alle sue motivazioni, al suo conflitto familiare e alla sua ricerca di una verità nascosta dietro all'associazione di cui fa parte.

La svolta "soprannaturale" non nasce dal nulla, dato che era comunque ben più che accennata nella prima stagione, ma può comprensibilmente lasciare perplesso chi si era abituato e affezionato alle tematiche viste in precedenza. Principali "colpevoli" del misfatto sono probabilmente Glen Morgan e James Wong, reduci dal successo della strepitosa quarta stagione di X-Files e incaricati di dare nuova linfa a Millennium.

E la loro impronta si nota non solo nel taglio narrativo meno "terra terra", ma anche nell'utilizzo di un'ironia e una capacità di sdrammatizzare che in precedenza sembravano assolutamente off limits nelle avventure di Frank Black. La cosa curiosa è che, nonostante questo, la seconda stagione di Millennium risulta se possibile ancora più cupa e opprimente della prima.

Il risultato di tutto ciò è un telefilm sostanzialmente diverso, la cui evoluzione ha comunque senso da un punto di vista narrativo, ma che certamente ha poco a che vedere con quanto era venuto prima. Resta però una serie di grande qualità, forse meno costante, ma capace comunque di regalare momenti dalla grande intensità narrativa (The Curse of Frank Black, Midnight of the Century), divertenti e azzeccatissime sperimentazioni (Jose Chung's Doomsday Defense, Somehow, Satan Got Behind Me), intensi thriller (The Mikado, Pest House) e un affresco narrativo convincente, che culmina negli ottimi due episodi conclusivi.

4.6.06

Bad Chili


Bad Chili (USA, 1997)
di
Joe R. Lansdale

Tornano Hap Collins e Leonard Pine e torna la miscela di humor nero, dialoghi frizzanti, mistery investigativo e dannazione noir che caratterizza le avventure dei due detective per caso texani. Con questo quarto capitolo la serie raggiunge livelli perfetti di sintesi ed efficacia, alterna divertenti botta e risposta, situazioni grottesche, investigazioni seducenti e battaglie mortali con scoiattoli rabbiosi.

I temi son sempre quelli: amicizia virile, amori disperati, senso dell'onore e della giustizia. E Lansdale appassiona e diverte come suo solito, cancellando per fortuna dalla mia memoria quella vergogna letteraria del Codice Da Vinci. Grazie, Joe.

3.6.06

Fame chimica

Fame Chimica (Italia, 2003)
di
Antonio Bocola e Paolo Vari
con Marco Foschi, Valeria Solarino, Matteo Gianoli

Interessante esordio per due registi italiani che non si piegano al trend dello sciatto e mettono in scena una Milano non proprio da bere, senza però rinunciare alla cura per l'immagine e mostrando una regia robusta e convincente tanto quanto le prove degli attori, soprattutto dell'ottimo Matteo Gianoli.

Insomma, un film antimucciniano se ce n'è uno, privo della pomposa retorica e del gusto per lo spettacolo che caratterizzano il regista romano e i suoi epigoni. Vari e Bocola si concentrano sul realismo dei drammi da periferia, sui furtarelli, sulla vita da panchina al parco e sul razzismo del leghista frustrato. E raccontano i sentimenti, il rapporto fra padre e figlio, l'amicizia, l'amore per la figlia del barista.

Peccato solo per quei ridicoli inserti musicali con un dimagritissimo Zulu, davvero pacchiani e fuori posto. Ma ignorandoli si scopre un bel film italiano recente.
Il che, diciamocelo, non è mica facile.

2.6.06

Bei momenti #006


Pomeriggio di festa, riposo e relax, sveglia tardi, una tazza di the in mano, i Pearl Jam nello stereo, il sole che scalda, un gatto che ronfa. Piacere.

X-Men - La trilogia


X-Men (USA, 2000)
di Bryan Singer
con Hugh Jackman, Patrick Stewart, Ian McKellen, Anna Paquin, Famke Janssen, James Marsden, Rebecca Romijn, Halle Berry, Tyler Mane, Ray Park, Bruce Davison

Nel rivedere il primo X-Men quasi sei anni dopo, mi sono stupito per un'eleganza formale che non ricordavo e non gli riconoscevo. Singer costruisce la scena apponendo ben chiara la sua firma, raccontando le psicologie dei personaggi e creando atmosfere stranianti. Non rinuncia a dipingere immagini dalla grande forza evocativa, ma si concentra soprattutto sui volti, sui dettagli, sulle piccole cose.

E il punto di forza è il taglio realistico, che punta a raccontare una storia fatta di persone, non di superpoteri. Singer si mantiene terra terra ed apre la strada per quello che poi diventerà il nuovo filone del cinema fumettistico, lontano dalle esagerazioni barocche di Tim Burton e Joel Shumacher. A risultare vincente è quindi la scelta di adattare, invece che riprodurre, trasformando materiale fumettistico in materiale cinematografico, fatto di credibilità, buoni attori e compattezza narrativa.

Il bello è che, nonostante questa fuga dall'estetica colorata e ipercinetica dei fumetti di supereroi, X-Men si mantiene estremamente fedele al materiale d'origine. I personaggi, pur avendo molti punti di distacco da quelli noti ai fan, ne conservano l'essenza, nella caratterizzazione psicologica e in quella visiva. E la stessa struttura narrativa del film aderisce in pieno alle regole della serialità a fumetti, presentando un episodio importante, ma inserito in un contesto preesistente e che certo non si chiude qui. Insomma, promosso a pieni voti.



X-Men 2
X2 (USA, 2003)
di Bryan Singer
con Hugh Jackman, Patrick Stewart, Ian McKellen, Brian Cox, Alan Cumming, Anna Paquin, Shawn Ashmore, Aaron Stanford, Famke Janssen, James Marsden, Kelly Hu, Rebecca Romijn, Halle Berry, Bruce Davison

Tre anni dopo, gli X-Men di Bryan Singer proseguono sulla stessa linea, riallacciandosi a quanto raccontato nel primo film e portando avanti un discorso seriale, fatto di trame che si intrecciano con quelle del primo episodio e che pongono le basi per il già annunciato successivo. Aumentano i personaggi e con loro il senso di meraviglia, ma si perde un po' per strada l'approfondimento, in parte per un gioco di sottintesi (inutile sarebbe ripetere quanto detto nel precedente film), un po' per le difficoltà nel tenere le redini di un cast tanto ampio.

Il secondo X-Men, comunque, è un buon film di genere, riuscito come e in parte più del primo, ma che soffre di un problema congenito e inevitabile, del resto caratteristico anche del fumetto d'origine, che ha sempre dato il suo meglio quando abbandonava un po' la sua natura corale per concentrarsi su pochi personaggi. E così, mentre protagonista e mattatore rimane il solito Wolverine di Hugh Jackman, il resto del cast si muove sullo sfondo, facendo quasi da tappezzeria.



X-Men 3: Conflitto finale
X-Men: The Last Stand (USA, 2006)
di Brett Ratner
con Hugh Jackman, Famke Janssen, Halle Berry, Patrick Stewart, Ian McKellen, Kelsey Grammer, Shawn Ashmore, Aaron Stanford, Ellen Page, Anna Paquin, Ben Foster, James Marsden, Rebecca Romijn, Cameron Bright, Vinnie Jones, Dania Ramirez

Paradossalmente, ma forse neanche troppo, l'episodio che meglio riproduce le atmosfere dei fumetti originali è anche il film meno riuscito dei tre. In The Last Stand si vedono per la prima volta dei veri scontri fra esseri dotati di superpoteri e si respira per la prima volta quell'estremo senso del melodramma così tipico delle saghe di Chris Claremont (per fortuna senza dover subire la logorroica retorica dello sceneggiatore britannico).

Il problema è che tutto questo leva spazio a ciò che aveva reso grandi i primi due episodi, soprattutto perché Brett Ratner fatica a sfruttare il potenziale drammatico offerto dalla sceneggiatura. Ci sono trovate potentissime, dall'esordio di Angelo, con quel suo disperato e vergognoso mutilarsi, ai dubbi della Bestia di fronte alla cura, al rigetto di Magneto per chi subisce la cura stessa. Ma viene tutto accennato, lasciato più che altro alla fantasia dello spettatore, stordito dalla magnificenza e dalla spettacolarità della messa in scena.

L'approfondimento psicologico non è nelle corde di Ratner, che si concentra più sul macrocosmo narrativo, mettendo in scena un conflitto di proporzioni cataclismatiche e premendo sul pedale dell'azione e del conflitto "esteriore". Il regista, poi, probabilmente anche nel tentativo di non distaccarsi troppo dall'immaginario visivo creato da Singer, firma un film solido, ma un po' anonimo, che fa sentire la mancanza del ragazzone fuggito su Krypton. In questo terzo episodio non c'è nulla che richiami la potenza evocativa della prigione di plastica o di quella bellissima sequenza iniziale che, nel secondo film, introduceva il personaggio di Nightcrawler.



Nel complesso, la trilogia cinematografica dedicata agli X-Men si distingue per compattezza narrativa e stilistica. Guardare i tre film in fila permette di cogliere un preciso filo conduttore, che poneva già nel primo episodio le basi e i punti chiave che avranno poi portato alla cataclismatica conclusione. Il cambio di regista nel terzo film si sente, ma non in maniera esagerata e anche sul piano estetico la serie tiene molto bene.

A convincere, poi, è anche l'attenzione con cui gli sceneggiatori hanno scelto di rielaborare e adattare per il grande schermo personaggi, temi e situazioni che hanno fatto la pluridecennale storia fumettistica dei mutanti Marvel. Tutta la serie è ricca di ammiccamenti a episodi che sono impressi a fuoco nella memoria degli appassionati e nella stessa scrittura dei dialoghi c'è grande attenzione al linguaggio, alle frasi fatte, a tutto ciò che può richiamare i fumetti d'origine.

E allora mi tocca ripetere quanto dicevo parlando di Batman Begins: "Tutti, ma proprio tutti i recenti film di supereroi hanno un momento o due in cui mi scatenano la pelle d'oca, mi mettono addosso i brividi, mi fanno quasi venire le lacrime agli occhi, perché fanno vivere davanti alle mie pupille personaggi e situazioni che da tanti, troppi anni ho imparato ad amare." Beh, questa trilogia "mutante" è strabordante di situazioni del genere, dalla battaglia fra Wolverine e Sabretooth nel primo film, al momento in cui lo stesso Logan si scatena a scuola durante l'assalto militare nel secondo, a tutto il terzo film. Che, ripeto, è forse il più debole, ma anche il più fumettistico e, quindi, il più emozionante in quest'ottica.

 
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