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30.8.10

giopep's Yard Sale - Riviste

Tutto gratis, signore e signori: in questo post ci trovate le riviste di cui mi voglio liberare. Se siete collezionisti, se siete di quelli che fanno le scansioni e le mettono online, se semplicemente le volete, sono vostre. Tutto ciò di cui non riesco a liberarmi tramite le vostre manine entro la fine di settembre troverà nuova casa nella raccolta differenziata. Tutto ciò che non sta in questo post perché vorrei conservarlo, ma alla fine mi rendo conto che è troppa roba e va a ciapà i rat, lo aggiungo poi. Fra l'altro, già in quest'elenco ci sono cose che avrei voluto conservare. Ma insomma, nella vita tocca fare scelte difficili. E non sono queste.

Le altre sezioni del mercatino stanno qui.

Come si ottengono le riviste dismesse dal giopep?
giopep@gmail.com e passa la paura. Mi raccomando sbrigatevi, che mi occupano il pavimento ed è un attimo che ci pisci sopra il gatto e/o che decida di gettarle dalla finestra in preda a scatto d'ira.

Colpo di scena: mi sono liberato di tutto ciò di cui volevo liberarmi.
Eventualmente ci saranno aggiornamenti in futuro.


C'era in realtà anche un sacco di altra roba che ho buttato per direttissima. Vai a sapere, magari era invece proprio quella che alcuni fra di voi desideravano ardentemente. Rimane il fatto che ho ancora una caterva di riviste di videogiochi e di cinema e se cercate qualcosa in particolare non avete che da chiedere: magari decido di liberarmene.

27.8.10

Halo 3

Halo 3 (Microsoft Game Studios, 2007)
sviluppato da Bungie Studios


Halo 3 riparte più o meno da dove si era fermato Halo 2: con uno squallido tuffo nel pantano della narrazione spicciola, putrida, priva di nerbo e di senso, mirata al rincretinito pubblico di adolescenti (anagrafici o mentali, poco cambia) che domina il mercato dei videogiochi. Il turbinio di minchiate stellari che tocca sopportare nei filmati d'intermezzo è talmente al di là del bene e del male che ho passato praticamente tutto il tempo a ridere di quel che osservavo. Umorismo da quattro soldi, pomposità ingiustificata, totale indecisione stilistica, con quei toni a metà fra una commedia che fa piangere e un dramma di cui non si può che sghignazzare. Verrebbe da chiedersi se sia fatto apposta, se invece che essere un “vorrei ma non posso” sia un “voglio proprio questo, lo schifo, perché faccio satira”. Poi però ti guardi le interviste ai serissimi e convintissimi sceneggiatori in allegato a Halo Legends e decidi di metterci una bella pietra sopra. Sopra a loro, proprio.

Ma mica finisce qui, la tristezza, perché Halo 3 m'è parso, francamente, il gioco d'alto profilo più brutto da vedere su cui abbia mai posato gli occhi. Sì sì, ha dei begli effetti di luce, e sì, come no, chi gioca ad Halo non lo gioca per la grafica, ci mancherebbe. Ma è brutto, di un brutto che davvero non si può quasi commentare. È brutto stilisticamente, anche perché pure qui torna quell'indecisione di cui sopra. E, boh, sarà che non me ne intendo, ma a me è parso brutto forte anche tecnicamente. Poi, insomma, gli interni son vuoti, noiosi, monotoni corridoi ripetuti all'infinito fin dal primo episodio, ma Halo 3 mi ha agghiacciato anche (soprattutto) con gli esterni, in cui di solito Bungie riesce a iniettare un bel senso epico, evocativo, di scala che ti seppellisce con le sue dimensioni. Qui, invece, passi la maggior parte del tempo a camminare verso una sagoma lontana che sembra uscita da King Kong. Quello del 1933.

Poi ci sarebbe anche il problema che la monotonia, la ripetitività stilistica, come al solito si spalma anche sulle situazioni di gioco, che ti portano ancora una volta avanti e indietro due o tre volte per le stesse ambientazioni e che affogano nel pantano del riciclo anche le cose migliori. Perché la prima volta che incontri uno Scarab, questo robo enorme che ti cammina sopra e sembra invincibile, è un momento semplicemente splendido. Ma al terzo combattimento contro lo stesso tipo di robo enorme mi sono rotolati i coglioni sotto il tavolino. Ed è un peccato, perché sotto altri punti di vista la cosa funziona molto bene, con un bel senso di progressione nella sensazione di potenza, nel passare dal primo, terrorizzante incontro con una roba abnorme e invincibile, inquadrata da sotto, sovrastante, fino al terzo appuntamento, in cui si combatte ad armi pari contro non uno, ma due di quei cosi, visti dall'alto, da lontano, minuscoli, quasi fosse uno shoot em'up di vent'anni fa. Insomma, c'è perfino del buono in termini di regia, di narrazione, quando i personaggi non parlano.

Eppure, nonostante tutto questo, Halo 3 mi è piaciuto e mi ha divertito. Lo ha fatto perché l'ho giocato in cooperativa, col solito Holly, a livello Leggendario, e mi ha offerto una sfida sempre appassionante e varia negli scontri coi nemici. Anche se, insomma, in un gioco tanto lodato – e a ragione – per l'intelligenza artificiale, mi ha fatto un po' tristezza vedere nemici che si fermano durante uno scontro e se ne stanno lì in mezzo a farsi sparare, o magari ti danno le spalle e se ne vanno camminando, o si limitano a una zona ben precisa e non ti inseguono se ti allontani anche solo di un filo. Per non parlare delle “sporche” tipo il respawn infinito in coop, che del resto è un classico della serie (se non sbaglio assente solo in Halo 2 a Leggendario) o il bug sul boss finale, che ha passato tutto il tempo ad accanirsi sul mio cadavere mentre Holly lo seppelliva di razzi.

Ma, ripeto, nonostante i bug, nonostante l'I.A. che passa dall'essere stupefacente al far ridere i polli, nonostante una componente narrativa e “artistica” che, sempre gradevoli musiche a parte, fa violentemente schifo, nonostante (ed è un nonostante non da poco) non lo giochi in multiplayer, rimane una roba che mi ha divertito parecchio, soprattutto per le singole sfide che mano a mano ha saputo propormi, costringendomi spesso a un lavoro di cooperazione e di studio approfondito della situazione per poterne uscire vivi a malapena. E alla fine, diciamocelo, conta quello.

L'ho giocato, come ho detto, in cooperativa (due giocatori) e a livello Leggendario. A cavallo fra autunno e inverno dell'anno scorso, se non ricordo male. E l'ho giocato in inglese, nell'edizione speciale acquistata a due soldi grazie alle offerte di Play.com. Il doppiaggio del secondo episodio e la partecipazione di Linus a questo mi hanno convinto che fosse veramente il caso di comportarsi così. Resta il fatto che quando quei personaggi aprono bocca dicono solo minchiate, quindi non è che cambi poi molto.

25.8.10

If Chins Could Kill!

If Chins Could Kill! Confessions of a B Movie Actor (USA, 2002)
di Bruce Campbell


Con tutti i grandi attori e registi che ci sono in giro, perché uno dovrebbe andarsi a leggere l'autobiografia di Bruce Campbell? Sarà mica capace, Bruce Campbell, con quelle mascelle, di scrivere un bel libro? Sì, è capace. If Chins Could Kill non è certo un pezzo di gran letteratura, ma è un resoconto scorrevole, pieno di fatti interessanti e soprattutto parecchio divertente su come possano svilupparsi la vita e la carriera di un attore di serie B, che vive e svivacchia ai margini dello stardom, un po' per scelta e un po' per necessità.

Dopo un racconto divertente della sua infanzia, Campbell si dilunga giustamente sulle vicende che portarono alla realizzazione del primo Evil Dead (La casa per gli ignoranti. Gli alberi lo sanno per chi lo sa). È il lavoro di Campbell a cui viene dedicato più spazio, per ovvi motivi: ha fatto da trampolino di lancio per la carriera sua e dei compari coinvolti (Sam Raimi in primis), ha rappresentato una fondamentale palestra di cinema ed è ancora oggi – assieme ai due seguiti – il suo film più famoso, oltre che, probabilmente, ciò per cui verrà ricordato.

E si tratta di una sezione spassosa e gustosissima, in cui Campbell racconta il nascere dell'amicizia e della collaborazione con gli altri ometti, dalla scuola ai primi filmini, alle proiezioni clandestine, agli approcci con i personaggi famosi. E poi la ricerca degli investitori, le inquietanti avventure di lavorazione, la produzione, la vendita del film, la promozione in giro per il mondo... una lettura davvero piacevole e ricca di aneddoti interessanti e curiosità su cosa voglia dire creare da zero un fenomenale filmetto del genere. Anzi, su cosa volesse dire, perché ormai, sotto tanti punti di vista, è tutto cambiato.

Ma il libro non finisce lì e, anzi, prosegue con il racconto di come sia andata avanti la carriera di Campbell, del tentativo di accedere al cinema di serie A, delle avventure in televisione, del rapporto con le star, di cosa voglia dire essere un attore, lavorare nel cinema, avere quotidianamente a che fare con la macchina produttiva e con i fan. Una lettura piacevolissima, ricca di spunti e consigliata a tutti gli appassionati di cinema o anche solo a chi è interessato a conoscere, seppur in maniera superficiale, un certo tipo di aneddoti, di meccaniche, di “cose” che ruotano attorno a quel mondo. E pazienza se non sapete neanche chi sia Bruce Campbell. Non è quello il punto.

Il libro l'ho comprato in una qualche libreria londinese un anno fa, mentre gironzolavo fra i concerti dell'Hard Rock Calling. Dubito esista un'edizione italiana. Per i curiosi sull'argomento, segnalo anche l'ottimo The Evil Dead Companion, che comprai un decennio fa in Irlanda e che è interamente dedicato alla lavorazione di Evil Dead e va ancora più in profondità su alcuni aspetti “sperimentali”. Se non sapete chi sia Bruce Campbell, che caspita ci fate su questo blog?

24.8.10

Monocast


Nuovo esperimento per Outcast, questa volta con un podcast monotematico che sarà di volta in volta dedicato a un singolo argomento. Si comincia con un'analisi sull'intera produzione legata a Dead Space, condotta dal sottoscritto in compagnia di Quedex e Braincoso. Sta qui.

Ci sono miliardi di cose che col senno di poi avrei fatto diversamente. Capita.

23.8.10

Quantum Of Solace

Con questo post inauguro un nuovo tag, dal fantastico nome “Quasi me ne dimenticavo”. A che serve, questo tag? Serve a indicare che ciò di cui parlo nel post l'ho visto/letto/giocato/sarcazzato un po' tanto tempo fa. Tipo mesi, ma magari anche più di un anno. Che senso ha? Ha il senso che io creo le bozze qua su Blogger e poi mollo lì i post a marcire e la cosa mi dà sinceramente fastidio. Solo che poi mi spiace cancellarli senza aver mai scritto niente sull'argomento. Quindi proviamo a fare 'sto esperimento, quando mi viene voglia, e vediamo cosa ne viene fuori.

Quantum Of Solace l'ho visto, come mio solito, piuttosto in ritardo, nel solito ciclo di film in lingua originale che frequento a Milano City. Diciamo qualche mese dopo l'uscita, così, a spanne. Mi ci sono quindi avvicinato con ben chiari in testa i commenti di tante persone che lo bollavano come minchiata. E come sempre accade in questi casi, mi è piaciuto. Certo, non è Casino Royale, non ha il fascino della prima volta e neanche quello di essere un film in cui la scena d'azione decisiva è una partita a carte, però non sono proprio riuscito a capire cosa abbia di tanto sbagliato.

Riprende le vicende da dove si erano interrotte, questo penso ce lo aspettassimo un po' tutti, e le porta più o meno a conclusione, mantenendosi su binari stilistici, visivi, di racconto molto coerenti con quelli del primo episodio. Regala un paio di gnocche fuori scala. Conserva il savoir faire da parcheggiatore albanese di questo nuovo Bond. E in un paio di momenti offre anche bei pezzi di regia, in particolare nella parte ambientata a teatro, con quel Daniel Craig che saltella da un corrimano all'altro.

Certo, non dice nulla di nuovo, la tira un po' troppo per lunghe e ha una scena d'azione conclusiva che davvero non finisce mai, però mi sembra perlomeno in linea con quel che ricordo del secondo Bond con Pierce Brosnan (anzi, questo è meno noioso, dai). Insomma, siamo negli standard. Il che, se vogliamo, mette addosso un po' di tristezza, pensando a che porcherie arrivarono dopo, con Pierce Brosnan.

Beh, dai, non è andata male. Ah, il film, come dicevo, l'ho visto in lingua originale al cinema Arcobaleno di Milano, nel contesto del sempre amabile ciclo Sound & Motion Pictures. Importanza di guardare questo film in lingua originale? Oh, dai, è James Bond, son tutti inglesi, o comunque fanno finta di esserlo, essù. Fra l'altro io con l'inglese “non americano” ho sempre qualche problema. Tipo che ci metto una mezz'ora buona prima di abituarmi e iniziare davvero a capire che caspita stiano dicendo.

20.8.10

La settimana a fumetti di giopep - 20/08/2010

Ma devo scriverla ogni volta, un'introduzione? No, dai.

Alvar Mayor #1: "La leggenda di Eldorado" ***
Prosegue l'accurata indagine nell'impolverata pila dei “questo è troppo grosso/scomodo da portare in metropolitana, lo lascio qui e lo leggo poi”. Il primo volume di Alvar Mayor l'ho comprato alla Lucca del 2005, aizzato da Holly, che era tutto gasato per la presenza di Trillo. Tant'è che, aprendo il tomo, ho scoperto che m'ero pure fatto fare l'autografo con tanto di dedica. E che è, Alvar Mayor? È un fumetto d'avventura classicheggiante, su toni non molto lontani da quelli dei Bonellidi vari, anche se basato su storie decisamente brevi. Affascinante nelle atmosfere, un po' legnoso nei disegni, che però prendono corpo e si fanno via via più interessanti di episodio in episodio. Ma sono poi usciti i volumi successivi? Darò un'occhiata.

Love And Rockets #18: "Luba in America” ****
Ma finirà, un giorno, Love And Rockets? Ricordo di averne letto episodi sparsi per la prima volta un paio di millenni fa, su una rivista antologica, ma ho un vuoto di memoria e non riesco a puntare il dito: era il magazine di Tank Girl o quello di Lupo Alberto? Non che importi qualcosa. Comunque, qui si indaga sulla vita di Luba e delle sue sorelle, coi soliti toni a metà fra la farsa e la tragedia e con la solita, adorabile, disinvoltura sessuale. Un fumetto da non leggere in metropolitana, perché non sai mai cosa ti aspetta quando cambi pagina. O forse va letto in metropolitana proprio per quello.

Mythos ***
Che bello, che idea fantastica, innovativa, originale. Raccontiamo di nuovo le origini di alcuni fra i principali supereroi Marvel. Però con dei disegni della madonna, dallo stile pittorico che proprio guarda ti lascia di sasso. Bello, eh, mabbasta.

Echo #2 ***
Quanto ci ha messo a uscire, il secondo volume di Echo? Un anno e mezzo? Qualcosa del genere. E, chi l'avrebbe mai detto, dopo tutto questo tempo il pathos è un filo crollato e si fa fatica ad essere in tensione per avvenimenti che si svolgono subito dopo storie lette diciotto mesi fa. Peccato, perché i disegni, lo stile, il talento per la narrazione di Moore son sempre quelli, quindi il potenziale per tirare fuori un altro bel pezzo di fumetto, nonostante il soggetto non proprio originalissimo, ci sarebbe anche. Ma con 'sti tempi...

iComics #1/2 ***/****
A maggio sono stato a Rapallo per seguire Cartoons On The Bay. Da lì ho scritto quattro resoconti per Nextgame, nel secondo dei quali parlavo anche di iComics, una nuova rivista antologica bimestrale dedicata al fumetto italiano (ma non solo) più o meno d'autore. Sono poi usciti i primi due numeri e io me ne sono accorto un po' tardi, ma sono riuscito a recuperarli entrambi in giro per le edicole dell'Italia vacanziera. Com'è? Non male. I redazionali spaziano fra interviste interessanti (Will Eisner, per dire), approfondimenti curiosi e slasagnate divulgative un po' insipide. Nel secondo numero, per esempio, c'è un articolo sul fenomeno iPad che vedrei bene su Gente. Ma insomma, è anche normale, non è quello il punto. Il punto sono i fumetti e in quel senso si va abbastanza bene, perlomeno se si sorvola sui brevi scritti che li introducono (pomposi, ricercati, “poetici”, sembrano usciti dal peggio della letteratura fantasy). Nel primo numero c'è un bel campionario di ottimi disegnatori, anche se le sceneggiature lasciano abbastanza a desiderare, ma nel leggere il secondo si trova parecchio bel fumetto. Certo, si trova anche l'imbarazzante storia scritta da Roberto Genovesi, in piena linea col lirismo scoreggione degli scritti di cui sopra, ma insomma, rimane comunque addosso voglia di continuare. Ah, poi ci sarebbe l'aspetto multimediale, col QR da fotografare per avere accesso a materiale che sembra pure interessante. Ma il mio iPod Touch non fa fotografie e il mio cellulare Samsung è un mezzo catorcio.

Serie varie su cui non è che possa mettermi a riscrivere le stesse cose a ogni santo numero:
Il grande sogno di Maya #44 ***

Queste cose le ho lette mentre stavo al mare. In montagna mi sono portato quasi solo libri, ma anche un paio di fumetti pescati dalla pila polverosa. Appena ho tempo/voglia ci salta fuori un bell'appuntamento tutto amarcord.

18.8.10

L'apprendista stregone

The Sorcerer's Apprentice (USA, 2010)
di Jon Turtletaub
con Nicolas Cage, Jay Baruchel, Alfred Molina, Teresa Palmer, Toby Kebbell, Monica Bellucci


Più che l'omonimo episodio di Fantasia, che pure viene apertamente citato a metà film, L'apprendista stregone mi ha fatto venire in mente il duello fra Merlino e Maga Magò ne La spada nella roccia. E d'altra parte si tratta pur sempre di roba Disney, quindi la cosa potrebbe non essere casuale. Ci ho visto quella voglia di inventarsi trucchi e magie i più assurdi e fantasiosi possibili con cui far duellare gli stregoni, che poi è forse l'unico aspetto interessante di 'sto filmaccio (occhio: "forse" si riferisce a "interessante", non a "unico").

Il problema è che il duello fra Merlino e Maga Magò aveva attorno La spada nella roccia, mentre le scaramucce fra Nicolas Cage e i suoi superamici hanno attorno un film di merda mediocre. Del resto, dall'uomo mediocre che ha diretto quelle due robe in cui il parrucchino di Cage va in giro a cercar tesori, cosa ti puoi aspettare, se non un film mediocre, con una regia pacchianissima, un senso della narrazione da tema di quinta elementare e una sceneggiatura urenda in cui uno dei cinque ad averci lavorato è riuscito a inserire per sbaglio un paio di battute divertenti?

Ma insomma, non è che faccia completamente schifo, perché appunto qualche idea simpatica nell'esecuzione delle magie c'è, e di fondo è semplicemente il solito film mediocre per ragazzi. Di quelli che son mediocri, perché una roba che vale la pena guardare solo quando sei minorenne e non ti accorgi di stare guardando una minchiata, dai, è mediocre. Però, appunto, quand'ero minorenne, direi attorno ai quindici anni, penso che con un film in cui un ragazzo nerd e sfigato impara a volare, sparar fiamme e lanciare le onde energetiche di Dragonball mentre si bomba la bionda gnocca della classe, oh, mi sarei esaltato un sacco. E pensa se l'avesse pure diretto un regista, invece di un cretino!

Il film l'ho visto a fine luglio, in anteprima, perché insomma, era gratis, buttalo. Questo però significa anche che l'ho visto doppiato. E, mah, quando hai Alfred Molina è un po' un peccato, doppiarlo. Fra l'altro, gli apprendisti di Merlino erano un californiano, un inglese e un'italiana che parla con la cadenza di un'albanese. Pare una barzelletta.

16.8.10

Super Mario Galaxy 2

Super Mario Galaxy 2 (Nintendo, 2010)
sviluppato da Nintendo EAD Tokyo - Kōichi Hayashida


Non comincio neanche a parlare di Super Mario Galaxy 2, perché tanto finirei per dire sempre le stesse cose. Piuttosto andatevi a leggere quel che avevo scritto del primo episodio, che tanto a giudizio generale siamo lì. Qua, invece, preferisco concentrarmi su alcuni aspetti specifici del “seguito” Super Mario Galaxy 2. A cominciare dal fatto che, come seguito, rinnega per certi versi quanto visto nel primo episodio e si pone piuttosto come seguito/evoluzione/distruzione di New Super Mario Bros. Wii. E del resto, dagli torto, a Nintendo, se vuole provare a trascinare quindici milioni di persone dall'uno all'altro.

Via, quindi, la – pur appena accennata e nonostante questo molto riuscita – narrazione, via l'hub centralizzato da cui accedere ai mondi, via il senso di universo unico e coeso che comunque già nel primo Galaxy reggeva a fatica, specie nel confronto con quel che era venuto prima. Spazio invece a una struttura linearissima nella progressione per mappette bidimensionali, tali e quali a quelle dei Mario 2D. E che del resto ben si presta alla concezione delle galassie, piccole entità di gameplay quasi sempre molto brevi, veloci, frizzanti e talmente poco interessate a tenerti appiccicato allo schermo oltre misura da porre in primo piano la sfida alla velocità di completamento.

Ciao, ti sei divertito con New Super Mario Bros. Wii? Fantastico, guarda qua che roba, è un Mario di quelli strani, in tre dimensioni, ma c'è la mappetta a cui sei abituato, c'è lo Spirito Cosmico che ti mostra cosa fare se ti incarti, c'è il DVD con le istruzioni (che però non puoi guardare sul Wii, perché qua a Kyoto siamo un po' delle teste di minchia) e c'è un livello iniziale che muta gradualmente, passando dalle due alle tre dimensioni, spiegandoti pian piano come si gioca, in un modo adorabile che pochi padroneggiano come Nintendo. E c'è poi quello stesso spirito di sfida, con un gioco che si lascia portare a termine abbastanza agevolmente, ma che è pronto a spezzarti le reni se vuoi provare a scovarne ogni singolo segreto.

Nella gestione dei segreti, però, Super Mario Galaxy 2 non mi ha convinto fino in fondo, anche se forse più che altro per una questione di gusti. Bene il diverso utilizzo di Luigi, ma la formula scelta per le 120 stelle supplementari, semplicemente sparse in giro per i livelli, mi lascia qualche perplessità. Da un lato è ottima, perché non si limita a farti semplicemente affrontare di nuovo tutti gli stage dall'inizio alla fine (anzi, dalla maggior parte si entra ed esce subito) e perché ti spinge, come tutte le missioni di ricerca, ad esplorare al meglio ogni anfratto di ambientazioni splendidamente costruite. Dall'altra, però, si tratta in sostanza di ripetere la stessa azione per centoventi volte di fila. E io mi smarrono.

Ma d'altronde, me ne rendo conto solo nello scriverne, forse anche in questo caso si tratta di una scelta in qualche modo figlia di New Super Mario Bros. Wii e del suo proporre la ricerca dei segreti sotto forma di monete extra da raccattare in giro. Il vero fastidio, comunque, giunge con l'ultima, duecentoquarantaduesima stella. Lì, davvero, sorge la voglia di uccidere tutti. Non tanto perché richieda di affrontare un livello piuttosto tosto senza farsi mai sfiorare da un nemico. Quello, tutto sommato, è nel naturale ordine delle cose: è la sfida estrema. Il vero “vaffanculo” sta nel numero 9999. Una roba pretestuosa e senza senso. Dovete morire. Tutti.

Ci sarebbe, poi, un'ultima faccenda, che è quella del “more of the same”. E c'è poco da dire: questo è Mario Galaxy 2. È la stessa roba, due anni dopo. Lo stesso concept, sviluppato molto meglio e più a fondo, con tante nuove idee interessanti, tanti spunti incredibili, trovate fantastiche nella concezione dei boss, splendide strizzatine d'occhio ai fan di vecchia data. E c'è pure Yoshi, che da solo fa mezzo gioco. Ma è, comunque, la stessa roba. Così come New Super Mario Bros. Wii era, di fondo, la stessa roba giocata due anni prima su DS. Non è necessariamente un problema, è anzi solo una figata per chi vuole esattamente quello, ma è comprensibile che possa lasciare indifferenti.

L'ho giocato in inglese, perché sì. Anche se le traduzioni Nintendo sono generalmente ben fatte, quindi non c'è problema. M'è durato due mesi, ma perché ero sempre via e l'ho giocato poche volte. In realtà ho fatto tutto nel giro di tre o quattro sessioni particolarmente intense. Dove per “particolarmente intense” significa “da parecchie ore”. E dove parecchie di quelle parecchie ore mi sono servite per la maledetta, schifosa, fottutissima duecentoquarantaduesima stella. Andate affanculo.

14.8.10

NEIN NEIN NEIN!!!

Appena tornato, subito ripartito. Sono a Colonia, con Fotone, a seguire la GDC Europe per Nextgame. Saremo poi raggiunti da un'altra mandria di disperati per seguire anche la GamesCom. Al solito, spammerò su Facebook, Friendfeed, Twitter e negli appositi spazi di questo blog tutto quello che scriverò per Nextgame. Oltre ai vari articoli, fra l'altro, ci sarà come sempre anche il simpatico e gioviale blog ufficiale, che ancora non posso linkare perché ancora non c'è. Ma lo linkerò. Poi torno e mi rimetto a gestire il mercatino. Giuro.

Ok, eccoci:
Nextgame
La pagina della GDC Europe/GamesCom
Il blog

Seguite la GDC. È roba figa. Davvero. E seguite pure questo blog (questo qui, quello che state leggendo adesso, non quello su Nextgame), ché in montagna ho scritto un po' di cose e le ho messe in pubblicazione automatica.

13.8.10

Vaffanculo Rai

Quella delle Olimpiadi di Sydney su D+ è ormai una favoletta conservata nel caldo del cuore mio e di chiunque altro le abbia seguite. La si racconta ai nipoti per dire “io c'ero”, tornando con sguardo sognante a un tempo in cui il mondo sembrava poter diventare un posto migliore. Tranquillo e Buffa che raccontavano di quel tizio canadese dal capello lungo che faceva tutto da solo o di quel tiro allo scadere che quasi ammazzava gli americani con due anni d'anticipo, Rino Tommasi che saltellava dalla boxe al tennis, mano nella mano con Gianni Clerici. Queste cose qui, queste cose che ti fanno un po' felice.

Si arrivava dal delirio degli europei del 1999, con quel “mamma butta la pasta” ultimo rantolo di umana accettabilità che io riesca ad avvicinare al tragico concetto di “sport sulla TV di stato”. Poi, a Sydney, le figure dei fessi, anche se con il piacere di quel bel primo tempo contro Vince Carter e Kevin Garnett. Degli europei nel 2001 non ricordo nulla, ma immagino siano finiti maluccio, visto che nel 2002, a Indianapolis, mentre gli altri facevano la storia, di italiani non se ne vide manco l'ombra (a parte, toh, qualche probabile antenato degli argentini).

Ci fu però Sky (si chiamava già Sky? Non so, non ricordo, sono in montagna, non ho voglia di controllare e ho nelle orecchie i Pooh che gorgheggiano la sigletta della nazionale della Rai e mi viene voglia di morte). C'erano Tranquillo e Buffa, a commentare quel che accadde in Indiana, e io me lo ricorderò sempre col loro commento e con niente altro me lo voglio ricordare. D'altra parte dubito si possa ricordare con altri commenti italiani, dato che le merde cui paghiamo lo stipendio, se prendono i diritti del basket, fan vedere solo le partite degli azzurri (magari a schermo diviso con sull'altro lato la pelota basca).

Mi ricordo le urla sul delirio argentino e i commenti sul fatto che in questo caso è tutto diverso dal rischio con la Lituania nel 2000, perché lì “a metà partita gli americani facevano gli alley-oop da metà campo, qua hanno inseguito dall'inizio alla fine”. Ricordo come i due mi hanno fatto appassionare alle gesta di Pero Cameron, giocatore assurdo. E ricordo quel post lunghissimo che scrissi dopo la sconfitta degli USA, ricordo il dispiacere per la caviglia di Ginobili, ricordo il tifo esagerato per l'Argentina in finale, “Divac non può sbagliarli entrambi, è troppo Divac”, i supplementari... sigh.

Nell'estate del 2003, poi, succedevano un paio di cose. Compravo totalmente alla cieca i biglietti per andare, l'anno dopo, a guardarmi semifinali e finali del torneo di basket ad Atene. Chi avrei visto? Boh. E poi succedeva che su Sky trasmettevano gli europei di pallacanestro. Quelli in Svezia. Quelli senza Pozzecco. Quelli del massacro subito all'esordio contro la Francia. Quelli della successiva cavalcata trionfale, con la sconfitta di un soffio contro la Germania ma la vittoria poi, nella finale terzo posto, proprio contro la Francia (“mamma butta la pasta”, se vogliamo). Quelli che il giorno dopo la partita si commentava in ufficio con Ualone la telecronaca di Flavio Tranquillo. “Segna... subisce il fallo... e andrà in lunetta col tiro libero... sssupplementare.”

Nel 2004, Sky si fece gli affari suoi e io mi attrezzai un po' come capitava per seguire le Olimpiadi. Cominciavano gli anni del fastidio, anche se in quel caso moderato. Operazioni d'alta tecnologia assieme a Vito per avere il collegamento diretto fisso in ufficio (purtroppo limitato a quel che passava la Rai), stazione tecnologica con due schermi TV e due satelliti per seguire Eurosport e le quattro (quattro) reti satellitari organizzate dalla TV di stato tedesca. Altri popoli, altri modi di utilizzare i soldi delle tasse. Ma poi, amen, tanto andai ad Atene, chi se ne fotte della televisione.

Da lì, fastidio. Guardare Europei e Mondiali di basket è diventato, semplicemente, un incubo. E non solo perché i risultati della nazionale sono andati sempre peggio. Fosse solo quello, figurati: ok il tifo, che c'è ed è fortissimo, ma nel 2002 gli italiani non c'erano e fu figata lo stesso. E allora cosa non va? Boh, per dirne una, non va che la Rai compri i diritti ma trasmetta solo le partite dell'Italia. E tutto il resto? E il Dream Team (sì, insomma, le controfigure)? E la spettacolare (e odiosa) Spagna? E chissenefrega, immagino. Se sei appassionato fatti una bella connessione a banda larga e comprati le partite sul sito FIBA, oppure vai sui canali in streaming dei cinesi o scaricati il torrent il giorno dopo. E io lo faccio anche, eh, però, oh, sarò stupido io, ma è davvero tanto chiedere che se la Rai si compra i diritti per un evento poi magari lo trasmetta in maniera degna? Non dico la diretta su Rai 1, ma perlomeno quella su Rai Sport, in un orario in cui stanno trasmettendo partite del campionato di calcio dilettanti? No? Troppo? Ci mancherebbe, del resto i miei soldi è meglio spenderli per regalare promozioni agli schiavetti di Minzolini.

Oltretutto qua è un'agonia anche quando le trasmettono, le partite. Ché Lauro veramente non si può sentire, per incapacità di condurre una telecronaca, competenza tecnica da dopolavorista, partigianeria a caso con urla e invettive contro arbitri solo ed esclusivamente quando la decisione è corretta, insostenibile logorrea nel parlare sopra a chi lavora con lui e a chi viene intervistato. E fa pure la faccetta da scontroso se l'intervistato s'incazza per le domande da cerebrolesi che gli rivolge. Certo, meglio che niente. Al di là del fatto che spesso “niente” è esattamente quel che ci rifilano. Per dirne una, che poi sarebbe anche un po' l'argomento del post, in questi giorni sono in corso le qualificazioni per gli Europei dell'anno prossimo.

Ovviamente le partite dell'Italia sono trasmesse dalla Rai. Solo su Rai Sport, eh! E solo le partite in casa, ci mancherebbe. Non vorremmo mica chiedere troppo, a 'sta gente. E così, io, dopo aver solo letto sulla Gazzetta delle prime due partite, dopo essermi trascinato il decoder in montagna per vedere dei segni di vita da una nazionale che sta iniziando a raccattare i pezzi degli ultimi disastri e che finalmente ha vinto una partita contro la temibile Finlandia, son qui a chiedermi se comprare la Gazzetta giovedì per sapere com'è andata la trasferta in Montenegro. Perché le decisive trasferte in Montenegro e in Israele sulla Rai non le trasmettono. E dove mi trovo non ho esattamente altro modo di vederle. Che faccio, leggo sulla Gazzetta o aspetto di tornare a casa il giorno dopo e cercare un torrent della partita?

E poi la gente si lamenta se Sky prende i diritti in esclusiva di qualche partita del Mondiale di calcio. Cioè, io lo capisco anche, eh, che si lamenti, chi non ha Sky, però, porca puttana, almeno Sky la pago perché mi piace, invece di essere costretto a pagare per legge gente che non se lo merita. Poi io non metto in dubbio che in Rai ci lavorino anche persone competenti, preparate, vogliose. Del resto, ce lo spiega anche Roberto Gotta e noi ci fidiamo. Però, che ci posso fare se la nazionale di basket mi tocca seguirla in questo modo e mi vien voglia di lanciafiamme? Che vi devo dire, se a commentare la nazionale di calcio c'è stato per anni “uno che ha fatto retrocedere tutte le squadre che ha allenato e non si capisce su quali basi possa commentare l'operato del C.T. della nazionale”?

Boh, bah, ho perso il filo del discorso, mi sono perso. Il succo rimane: meno male che Sky ha trasmesso pure i Mondiali del 2010, visto che anche il loro servizio più squallido sembra una delizia, di fianco ai colori da Telemontecarlo del 1985, alle cariatidi in studio e all'insopportabilità di buona parte di quel che si vede/dice/sente in Rai. E meno male pure per le Olimpiadi di Londra, via. E pazienza se Caressa dopo i Mondiali del 2006 ha sbroccato e non è più quello di una volta. Intanto una volta c'era lui che urlava “Roberto Carlos Sosa” e già mi piaceva un sacco quando non se lo cacava nessuno e poi pian piano ha finito per diventare l'idolo delle folle. E con lui c'è tanta altra gente che fa bene il proprio lavoro e, pur criticabile per mille motivi, sta spanne sopra al resto. Guardati una partita dei Mondiali sulla Rai, tu, proprio tu che dici che non c'è più il Caressa di una volta, e poi ne riparliamo.

Insomma, vaffanculo Rai.

E vacci pure coi miei soldi, non c'è problema.

No, davvero, è tremendo, non so che fare. Tanto lo so come va a finire: se leggo il risultato sulla Gazzetta, è stata una partita bellissima, vinta dall'Italia, e io non l'ho vista. Se non lo leggo e aspetto, soffro per due giorni, scarico il torrent e poi mi vedo un'oretta di massacro col Montenegro che vince di trenta. Che faccio? Che ho fatto? Non lo so, anzi ormai lo so, ma il post ormai l'ho scritto e non lo cambio, anche se lo pubblico in differita.

9.8.10

Novelcast

Primo (e, vai a sapere, magari ultimo) appuntamento con Outcast Racconti. Un sei minuti buoni di audioracconto tutti firmati, scritti, diretti e interpretati da Braincoso. Stanno qui.

Ho pubblicato l'episodio in un passaggio veloce in quel di Milano, tornando dall'Abruzzo. Ma mentre leggete questa cosa sono in montagna da un po' di giorni.

4.8.10

La settimana a fumetti di giopep - 04/08/2010

Ok, far ridiventare questa roba un appuntamento settimanale mi sa che è impossibile, però, insomma, magari riesco a mantenere una certa regolarità.

L'ultimo cavaliere ***
E per il programma "leggiamoci quel mucchietto di fumetti che ho lì da anni e per qualche motivo è sempre stato a prender polvere", oggi tocca a questa rilettura sotto forma di fumettone per bambini del Don Chisciotte. Un Will Eisner minore, se ci si aspetta qualcosa sullo stile dei suoi racconti più famosi, ma una lettura comunque piacevolissima.

Rotten ***
Quando leggi un'introduzione che ti dice più o meno "non è proprio The Walking Dead, ma insomma, siamo da quelle parti", l'aspettativa si alza giusto un filo. E Rotten non è all'altezza, ma proprio neanche per sbaglio. Dopo un inizio piuttosto impacciato, però, la seconda metà di questo primo volume (pubblicato in Italia da Allagalla) cresce non poco e fa pensare che forse - forse - questo mix fra western e morti viventi abbia un suo perché. Vediamo.

Stray Toasters ****
Vi è mai capitato di guardare un film di cui in linea generale vi è abbastanza chiaro lo svolgersi degli eventi ma vi sembra di non capire nulla di quel che succede in alcune scene specifiche? Ecchepperò anche quelle scene totalmente insensate sono una gran figata travolgente, eh! A me, per esempio, è capitato quando sono andato a vedere all'Arcadia 2001: Odissea nello spazio. Sono stato letteralmente travolto dalla figata, ma in certi passaggi avevo proprio un bel punto di domanda sopra alla testa. Ecco, Stray Toasters è così. Una figata in cui a tratti non si capisce nulla. Solo che al posto della regia di Kubrick ci sono i disegni di Sienkiewicz, uno bravo ma bravo ma bravo ma bravo tanto, che quando disegnava I nuovi mutanti (incidentalmente forse la roba migliore e invecchiata meglio fra quelle scritte dal barba Claremont) era "quello che disegna brutto ma in effetti no è bello è che non si capisce bene". Qui un retroscena di questa nuova, notevole, edizione italiana.

The Punisher #15: "Sei ore per uccidere" ***
Il Punisher di Garth Ennis, senza Garth Ennis a scrivere i suoi dialoghi divertenti e a dare quel suo tono assurdamente sopra le righe anche quando prova a fare il serio. Meglio? Peggio? Bah, comunque gradevole. Ma quanto carisma in meno.

Desperadoes: Epidemic ***
Desperadoes, un po' meno bello e un po' più corto.

Lilith #4: "Cavalcando con il diavolo" ***
Mah, sempre bellino, sempre scorrevole, sempre ben disegnato, sempre la stessa roba. E sempre un po' l'impressione che non mi basti una lacrima buttata lì in una vignetta per farlo diventare un fumetto poi così intelligente. Però devo ammettere che a un certo punto, invece di pensare "ah, qua dovrei ridere", ho riso per davvero. Credo sia la prima volta che mi capita con Enoch dai tempi di Sprayliz.

Serie varie su cui non è che possa mettermi a riscrivere le stesse cose a ogni santo numero:
Vagabond #47 ****, Worst #20 ****

Questa roba viene pubblicata in automatico mentre io sono al mare, presumibilmente a leggere tanti altri fumetti di cui parlare nel prossimo episodio di questa roba.

 
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