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25.10.06

A sangue freddo


In Cold Blood (USA, 1965)
di Truman Capote

14 novembre 1959, Holcomb, Kansas, Stati Uniti d'America. Richard Hickock e Perry Edward Smith si introducono nell'abitazione della famiglia Clutter a scopo di rapina. Ne usciranno con una quarantina di dollari in tasca e un tremendo omicidio plurimo sulla coscienza. Nel giro di sei mesi saranno arrestati e, dopo cinque anni di processi, appelli e rinvii, pagheranno con l'impiccagione il loro crimine. Il romanziere Truman Capote, affascinato da un breve articolo letto sul New York Times del 12 novembre 1959, decide di recarsi sul posto nelle vesti di inviato del New Yorker, per realizzare un'inchiesta giornalistica e scrivere un libro che racconti quella vicenda sfruttando le tecniche narrative del romanzo.

Nasce così A sangue freddo, un resoconto romanzato che tratta i suoi protagonisti come personaggi da approfondire e caratterizzare, dando alla sua opera una forza e un crudo realismo che un semplice articolo di cronaca non avrebbe forse potuto vantare. Capote racconta le ore precedenti al delitto, la vita delle future vittime, la tragica sera del 14 novembre, la fuga dei due criminali e le conseguenze di quanto da loro commesso. Le indagini, l'arresto e il lungo periodo di attesa per un'inevitabile condanna a morte, eseguita, a sangue freddo, il 14 aprile 1965. Tutto quanto si legge nel romanzo, sostiene Capote, deriva dalla sua esperienza diretta o dai racconti degli stessi protagonisti.

Lo scrittore di New Orleans, infatti, trascorre anni interi frequentando la cittadina di Holcomb, familiarizzando con gli abitanti, le forze di polizia e, dopo l'arresto, i due stessi criminali. Instaura rapporti di sincera amicizia con molte persone del luogo, da cui trae linfa per dare vita alla sua opera. E vive l'atroce consapevolezza di desiderare, in un certo qual modo, l'esecuzione di due esseri viventi, perché essa rappresenterà l'unica possibile e degna conclusione per il suo libro.

Da questa esperienza nasce un romanzo splendido per la sua capacità di raccontare quegli avvenimenti in maniera ferma, asciutta, precisa, approfondita, emozionante, agghiacciante, commovente. Capote se ne tira fuori, non si manifesta mai nel racconto, nonostante sia stato una presenza importantissima, fondamentale, nella vita carceraria di Perry Smith, e così facendo non spezza mai l'illusione, non distrae dalla forza di un romanzo che scivola via per quasi quattrocento pagine senza farsene accorgere. Ma lascia, in bocca e nello stomaco, un senso acidulo di sconforto, di fastidio, di immensa tristezza.

2 commenti:

Vedo che ti dai ai classici! Bene, perchè è in effetti un ottimo libro.

Se lo trovi (ci dovrebbe essere in DVD) ti consiglio il film di Brooks, degli anni '60: secondo me è tranquillamente all'altezza del libro (pur nei limiti del differente mezzo narrativo).

Sì, prima o poi me lo vedrò, ma pure Capote: dei vari adattamenti ho visto solo l'ottimo Infamous.

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