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6.5.14

Noah


Noé (USA, 2014)
di Darren Aronofsky
con Russell Crowe, Jennifer Connelly, Ray Winstone, Emma Watson, Logan Lerman, Anthony Hopkins e le voci di Nick Nolte e Frank Langella

Perché in Francia, luogo noto per la grande cura nel proteggere la propria lingua e, in generale, l'identità nazionale*, Noah l'hanno intitolato Noé, mentre in Italia hanno lasciato il titolo Noah, anche se poi ovviamente nel doppiaggio italiano il personaggio si chiama Noé? Che senso ha? Cos'è, un marchio registrato? Che mi significa? Perché? Perché, maledizione, perché? Non lo so. Però mi fa molto ridere. Forse speravano che così la gente non s'indisponesse troppo per le licenze che Aronofsky s'è preso rispetto al testo originale scritto da J. Dio tanti anni fa. "Ehi, si intitola Noah, mica Noé, è un'altra storia liberamente ispirata a". Può essere. E del resto è anche vero che Aronofsky ha fatto una Peter Jackson e s'è dedicato alle vicende dell'arca, della creazione e di un po' tutto quello che vi ruota attorno pescando da diverse fonti, gironzolando fra testi apocrifi e un po' quel che gli girava e andando poi a modificare, levare, aggiungere, stravolgere in base alle esigenze di ciò che voleva raccontare. O, comunque, questo è quel che leggo su siti molto affidabili, perché onestamente io non è che ne sappia molto e mi tocca fidarmi.

Fatto sta che, in questo film che racconta di una fra le saghe fantasy più note e coi fan più pignoli e integralisti del pianeta, paragonabili forse solo a quelli de Il signore degli anelli, fin dall'inizio si vedono dei giganti di pietra, che poi si spiegano essere angeli caduti, finiti dritti nel fango e conseguentemente diventati gli antenati di Benjamin J. Grimm. Ecco, queste creature qua sono fra gli aspetti che han fatto chiudere a molti la vena sul collo perché esagerati, poco credibili e apparentemente usciti da un film di Michael Bay. Ora, detto che mi sembra poco credibile infastidirsi per la scarsa credibilità di un film che racconta dell'arca grazie alla quale scampoli di razza umana e coppie dei vari animali si sono salvati dal diluvio universale, il bello è che quei giganti sono fra le prime cose di cui mi sono innamorato guardando Noah. Sarà che non m'hanno ricordato per niente Michael Bay e, invece, con quelle loro forme e, soprattutto, movenze tutte sgraziate, mi hanno fatto venire in mente la stop motion dei bei tempi, con magari un pizzico di plastilina a ricoprire il tutto. Impressione solo mia? Può essere, però davvero, nell'osservare quei creaturoni che berciavano per bocca di Nick Nolte e Frank Langella, m'è per qualche motivo venuto un po' in mente Ray Harryhausen e il film m'è subito diventato simpatico.

Più in generale, Noah mi risulta simpatico in quanto film che non conosce la vergogna e va avanti per due ore abbondanti facendo un po' tutto quel che gli pare, mettendo in scena con un gusto (?) surreale ed esagerato una storia che, del resto, ci si presta bene, allo sbraco totale. C'è il serpente verde fluorescente che t'illumina la cameretta quando vai a dormire e hai paura del buio, ci sono le inquadrature in controluce di Aronofsky che s'atteggia dipingendo quadri sul grande schermo, c'è la brutalità del disaster movie originale, messo in scena con spreco di CG e di effetti "fisici", sparando animali e acqua a tonnellate in tutte le direzioni, ci sono le pizze in faccia e le storie d'amore melodrammatiche, i temi universali e le riflessioni vegane, c'è una bella sequenza infilata così, all'improvviso, tipo parentesi, sulla creazione dell'universo e c'è un film di cose che esplodono girato con lo stile sporco e ruvido del suo regista, a creare un contrasto surreale e affascinante. Il tutto, poi, passa per gli occhi e le labbra di un manipolo d'attori impegnati a (provare a) recitare in inglese, perché si sa che l'accento britannico fa antico e solenne, e a interpretare tutto sommato bene le assurdità esagerate che la sceneggiatura impone loro. Una sceneggiatura che, per altro, racconta pur sempre di un eroe invasato ridotto quasi all'infanticidio, non fosse che poi gli tremano le ginocchia quando il gioco si fa duro.

E insomma, sarà sconclusionato e surreale, esagerato, forse un po' troppo lungo e con qualche filo narrativo di cui si sarebbe potuto fare a meno, certamente pacchiano e discontinuo, ma Noah, a modo suo, è un bel film. Aronofsky ha preso tutto quel che compone un blockbuster moderno e l'ha frullato e frollato attraverso la sua sensibilità, sfruttandolo per raccontare quel che voleva raccontare, tramite il suo gusto e la sua percezione. Il risultato è una roba alla fin fine molto meno incasinata e accazzodecane di quanto m'aspettassi ed è un film grosso, folle, strabordante, fuori misura e pieno di robe che esplodono, ma che ha qualcosa da dire, lo dice con forza e trasuda da ogni fotogramma la passione, lo spirito e la voglia del suo autore. Altro che il coglione con le ragnatele.

*Certo, poi a Parigi dovunque ti giri c'è Starbucks, quando qualche mese fa hanno aperto il primo Burger King c'è stata la fila fuori per settimane (no, non sto esagerando) e anche qui hanno sviluppato l'assurda abitudine di cambiare i titoli di alcuni film americani "traducendoli" dall'inglese all'inglese. Ma, ehi, perlomeno il film su Noé si intitola Noé.

5 commenti:

L'ho apprezzato anch'io, Noah (o Noè), al netto dei suoi difetti. Ho apprezzato il fatto che, nonostante sia sempre a due passi dal pacchiano spinto, riesce a restituire una visione artistica forte, d'autore, e persino coraggiosa. Ho apprezzato la maniera in cui Aronofsky ha rappresentato a livello visivo roba tipo il mito, il sacro e il folklore: l'ho trovata originale e ricercata.

Per certi versi tutto il film mi ha ricordato come toni l'Excalibur di Boorman, e francamente (ma qui ne faccio una questione di gusto personale) preferisco una roba così straripante e coraggiosa, ai film asciutti e perfettini.

Anche io non ho capito il perché del nome angolofono. Boh!

Un bel film d'intrattenimento con i suoi momenti epici al punto giusto, ma nulla di più. Da Aronofsky E' DOVEROSO aspettarsi di più, questo è forse il film in cui ha osato di meno..

Piaciuto anche a me. Primo vero innamoramento, identico al tuo, è partito all'arrivo dei giganti strafighi. Ma ad essere precisi, mi è piaciuto molto anche un altro momento, precedente all'esplosione fantasy totale: la bestia (anch'essa molto fantasy) che scappa dai predatori, e la risposta che Noahè dà al figlio sul perché le danno la caccia: "Se la mangiano.". Brivido. Da quel momento, per me mangiare carne non è più la stessa cosa.
PS: Il mese scorso finalmente sono stato a Parigi. Mi ha colpito un casino vedere più starbucks che bancomat in giro per le strade. E non ci sono i Mc!! (o quasi). L'apertura di un Burger King mi riempie di gioia (ho sempre tifato per loro).

Oddio, io di Mc ne vedo abbastanza in giro, magari dipende dalla zona. Va anche detto che hanno una catena locale che va fortissimo, tale Quick. :)

E gli Starbucks sì, sono dappertutto, è impressionante. :D

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