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22.5.14

X-Men: Giorni di un futuro passato


X- Men: Days of a Future Past (USA, 2014)
di Bryan Singer
con Hugh Jackman, James McAvoy, Michael Fassbender, Jennifer Lawrence, Nicholas Hoult e un sacco di altra gente fra cui Anna Paquin che è il settimo nome del cast anche se appare per tre secondi netti

Nel chiacchierare del film durante i mesi passati è stato detto più e più volte: questo è l'X-Men cinematografico più grande e ambizioso di sempre, quello più abnorme nel senso di scala dell'azione che mette in scena, quello che punta più alto dal punto di vista del cast e della vastità del racconto. E in fondo è vero. Il macello che viene messo in scena nel gran casotto finale, in un notevole montaggio alternato fra i due piani narrativi in ballo, è davvero uno spettacolo che supera abbondantemente il disastro ad Alcatraz del terzo film e mostra muscoli in genere tenuti nascosti dalla serie. Ed è probabilmente vero anche che coordinare un cast così ampio e ricco dev'essere stato un delirio organizzativo da mal di testa infinito. Senza contare che, sul piano narrativo, c'è l'ambizione di far convergere in un unico punto quelle che di fatto stavano diventando due serie quasi separate (o magari anche tre, se consideriamo i film dedicati a Wolverine). Quindi sì, grande ambizione. Il paradosso sta nel fatto che, allo stesso tempo e tutto sommato per gli stessi motivi, al racconto di Giorni di un futuro passato l'ambizione finisce anche un po' per mancare, nel momento in cui tende a concentrarsi troppo sul proprio ombelico e a raccontare una storia sostanzialmente a solo uso e consumo di chi ha seguito la serie fino a qui, la cui forza emotiva risiede in larga parte nella risoluzione di conflitti che son bene o male sempre quelli da oltre un decennio.

In fondo, Bryan Singer, nel tornare alla serie con cui - dopo il successo di Blade - ha definitivamente aperto l'era dei supereroi al cinema, ha compiuto un'operazione che per molti versi ricorda quella di Superman Returns. X-Men: Giorni di un futuro passato è un film che guarda brutalmente al passato (eh... ) e si riallaccia con affetto non solo a X-Men: L'inizio, ma anche e soprattutto, ai primi due episodi che proprio Singer aveva diretto. Lo fa sul piano narrativo tanto quanto su quello formale, recuperandone la colonna sonora e infilando da tutte le parti richiami più o meno evidenti a immagini, battute, sequenze iconiche di quelle due pellicole. Ma lo fa anche, va detto, senza ignorare quel che è venuto dopo, anzi. La complessità dell'operazione, in questo senso, è notevole, perché il film si dimostra rispettoso dell'intera storia cinematografica mutante e prende in considerazione e in qualche modo omaggia tutto quel che è venuto prima, utilizzando sotto forma di flashback immagini da quasi ogni singolo episodio (compreso l'odiato X-Men: Le origini - Wolverine, escluso solo Wolverine - L'immortale). Tutto viene messo in conto, tutto viene utilizzato, si strizza perfino l'occhio a Kelsey Grammer e poi si passa lo spazzolone. Già, perché l'altra operazione che viene in mente, come era prevedibile, è quella dello Star Trek di J.J. Abrams, per il modo in cui vengono utilizzati i viaggi nel tempo al fine di ritrovarsi con botte piena e moglie ubriaca, facendo convergere tutto quanto in una passata di spugna che allo stesso tempo concede dignità a tutto quel che si è visto prima, congeda il passato con inchino e bacetto affezionato sulla fronte e segna un punto di partenza per una nuova vita dei mutanti Marvel al cinema.

Si trattava evidentemente di un obiettivo fortemente inseguito e che del resto ha senso se pensiamo che la Fox sta provando pure lei a rincorrere il successo dei Marvel Studios, con ben tre film mutanti previsti a cadenza annuale dal 2016 in poi. E l'obiettivo è centrato in pieno, perché sotto quel punto di vista il film funziona e lo fa riuscendo comunque ad essere bene o male comprensibile anche come creatura a sé stante, una sorta di bizzarro frullato che mescola le mazzate da supereroi con un bel racconto di fantascienza incentrato su futuri distopici e paradossi temporali. Il prezzo da pagare sta in quell'amore tutto hollywoodiano per la didascalia, in quella scarsa fiducia - magari anche giustificata - nei confronti dell'attenzione di chi guarda, che risulta in una parte centrale afflitta dal morbo dello spiegone. Praticamente tutti i personaggi principali sono lì in placida attesa, col loro bel numerino stretto in mano, per il momento in cui avranno occasione di salire sul palchetto e fare il riassunto di quel che sta accadendo, dove stiamo andando e quale sia la missione, descrivere con perizia i temi principali del racconto e fornire qualche cenno sul passato per dare colore. Il risultato è che il film s'arena un po' verso metà, in attesa di riprendersi poi verso il gran finale, esattamente nella stessa maniera in cui si arena un po' verso metà la stragrande maggioranza dei blockbuster moderni obbligati per contratto a sfondare le due ore.

"Fidati: punta tutto sulla Lazio."

Nel complesso, però, X-Men: Giorni di un futuro passato è un film che funziona e riesce abbastanza nell'impresa impossibile di far girare in maniera equilibrata un cast tanto numeroso. Certo, non tutti hanno lo stesso peso, ma i vari pezzetti del puzzle s'incastrano bene fra di loro e forse l'unico ad uscire un po' male è Bolivar Trask. Come personaggio è anche affascinante e Peter Dinklage lo tiene in piedi di solo carisma, ma fa talmente poco che per paradosso quasi emerge di più il faccione spigoloso di Josh Helman, impiegato a dare volto e continuità al personaggio di William Stryker (cattivone di X-Men 2 e X-Men: Le origini - Wolverine). Ma di fondo, l'assenza di veri e propri antagonisti carismatici è un po' il pregio e il limite di questa serie cinematografica, cui sembra spesso interessare molto più il conflitto "razziale" e il metaforone che l'avere una macchietta a fare da bersaglio cui tirar le pizze. E in questo senso il film funziona davvero bene e regala un crescendo finale emozionante e azzeccato, per quanto magari un po' traballante sul confine con lo stucchevole.

Ma, di nuovo, la sceneggiatura fa davvero i salti mortali - e li fa bene - per dare un senso a tutto quanto e, sebbene il film si concentri molto sul raccontare l'evoluzione di Xavier e sul portare in primo piano Mystique, tutti hanno un loro senso nella storia e i vari Jackman, Fassbender, McAvoy e Lawrence si caricano in spalla il racconto e se lo gestiscono a botte di bravura e di carisma. Con menzione d'onore per Nicholas Hoult che è davvero tanto cicci e adorabile. Il resto lo fa Singer, che agli X-Men ci tiene e si vede. Dal punto di vista visivo il film è un interessante e azzeccatissimo miscuglio, che prende l'immaginario visivo definito dallo stesso regista tanti anni fa e lo filtra attraverso scelte registiche contestualizzate nel periodo storico, quasi a voler dare, almeno per brevi tratti, la sensazione di stare guardando un film girato negli anni Settanta. Le scene d'azione, poi, sono potenti, efficaci e soprattutto ingegnose. Singer non tira fuori forse un pezzo di bravura pari all'esordio di Nightcrawler nel secondo X-Men, ma ancora una volta dà il meglio quando riesce a concentrarsi sui poteri più fuori di cozza, per esempio utilizzando le capacità di Blink per coreografare un paio di battaglie davvero suggestive.

Ma ovviamente il meglio arriva con l'introduzione del personaggio che nelle foto promozionali sembrava quello più inguardabile e faceva imbestialire i fan pignoli integralisti. Il Quicksilver di Evan Peters è semplicemente spettacolare per scrittura, interpretazione e messa in scena dei poteri. Singer gli dedica una ventina di minuti, durante i quali Peters prende completamente possesso del film e non lo molla un attimo fino alla sua uscita di scena. La sua esibizione al Pentagono è divertente, coinvolgente, sorprendente... insomma, funziona a meraviglia, vale da sola il prezzo del biglietto e non a caso già si chiacchiera di dargli un ruolo più ampio nel prossimo film. Tra l'altro, nella nerdottica dell'adattamento, X-Men: Giorni di un futuro passato è un gran bel lavoro, che prende spunto da una storia fondamentale per i mutanti Marvel e la inserisce molto bene nel contesto della serie cinematografica. E in più, quasi ogni singola inquadratura ha le strizzatine d'occhio e le tirate di gomito che escono dalle fottute pareti. Poi, certo, se si vuole l'adattamento fedele alla lettera è meglio andare altrove, ma quello era chiaro già quattordici anni fa col Wolverine alto un metro e novanta e le differenze d'età fra i personaggi ai limiti del penale.

Ah, dopo i titoli di coda c'è lo schizzettino über-geek. Restate seduti.

3 commenti:

Spiegami due cose che non ho capito o che non so. Come ha fatto il professore a recuperare il corpo che era stato distrutto dalla rossa fenice? ( la personalità l'aveva messa nel tipo malato) e perché Wolverine ha nei giorni nostri un po' di capelli bianchi? Lui non rimane sempre uguale? Se sono domande sceme non farmelo pesare!!!

Cmq speravo fosse un po' meglio, ma è carino. Aspetto la recensione di edge of Tomorrow, che non mi è dispiaciuto affatto.

Wolverine invecchia, solo molto più lentamente, quindi nel futuro c'ha i capelli bianchi. :)

Quanto a Xavier, è una delle incongruenze con i vecchi film. Non l'unica, forse la più grossa. Che poi se volessero un modo per spiegarla lo troverebbero, sai che ci vuole, ma se ne sono sbattuti e amen. :D

Edge of Tomorrow dovevo andarlo a vedere all'anteprima di stasera ma c'ho avuto sbattimenti. L'uscita ufficiale, qua, è martedì. :)

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