Godzilla (USA, 2014)
di Gareth Edwards
con Godzilla, Bryan Cranston, MUTO, Aaron Taylor-Johnson, MUTA, Ken Watanabe, Elizabeth Olsen, Juliette Binoche
Allora, giusto a scanso di equivoci, segnalo che ho amato tantissimo
Pacific Rim, lo ritengo una fra le robe più belle che ho visto al cinema l'anno scorso e i motivi li ho abbondantemente spiegati
qua. Meglio chiarirlo subito, così chi mi legge può farsi i suoi pregiudizi e io posso dedicarmi serenamente all'argomento del giorno, anche considerando che, sì,
Godzilla è un film di mostri ispirato a materiale nipponico, sì, ci sono sempre di mezzo Warner Brothers e Legendary Pictures e sì, anche in questo caso gran parte del succo sta nell'essere seduto in mezzo alla sala all'Imax e farsi calpestare brutalmente dalla potenza delle immagini e dei suoni con le cose enormi che ti guardano dall'alto, ma sono due film molto diversi. E qui recupero una delicata analogia che ho estratto su Twitter fra ieri e oggi.
Godzilla te la fa annusare per tutto il film e te la dà solo alla fine ma, cacchio, dopo tutti quei preliminari, quando finalmente si concede, ed è un concedersi di quel livello lì, risulta veramente difficile lamentarsi.
Pacific Rim parte col sesso anale alla prima scena, ti regala la scopata del secolo di verhoeveniana memoria verso metà e poi ti concede pure la sgroppatina di commiato sul finale. E in entrambi i casi si tratta dell'approccio corretto, perché sono diversi i film, le intenzioni, il tono, lo stile del racconto e le sensazioni che i due registi volevano evocare nello spettatore tutto rannicchiato piccolino sulla poltroncina.
In
Godzilla non si vede quasi mai il tono giocoso, divertito, compagnone e citazionista di
Pacific Rim. Ogni tanto emerge, per carità, in qualche strizzatina d'occhio forse troppo palese o in quei due o tre aspetti dei quali non si poteva fare a meno ma che risultano magari eccessivamente camp per il tono iper-drammatico del film, ma complessivamente si va a parare da tutt'altra parte. Per quanto dipinta di ruggine, senso di sconfitta imminente e disperazione, la storia degli Jaeger ci metteva a bordo di robottoni che andavano a tirar le pizze in faccia ai mostri. Il punto di vista registico rimaneva quello ancorato alla fisica realtà (si fa per dire) dell'occhio umano alle prese con cose
enormi, ma era immerso, banalmente, nel gasamento del riuscire bene o male a rispondere colpo su colpo. In
Godzilla gli umani sono moscerini, stanno lì sullo sfondo a osservare delle divinità che pensano solo ai fatti propri e, incidentalmente, mentre lo fanno spaccano tutto. Il caro Godzilla è un mostrone anche educato, se vogliamo: si immerge per non travolgere le navi, cerca di non dar troppo fastidio e non fa i bisogni in giro, anche se poi, ovviamente, quando passeggia fra i palazzi demolisce tutto e quando gli sparano le cannonate in faccia gli si chiude un attimo la vena sul collo e tira giù il Golden Gate. Ma insomma, anche noi, quando le zanzare ci pungono, accendiamo lo zampirone.
Ecco, lo spirito del
Godzilla di Gareth Edwards è quello lì, quello delle zanzare. Gli umani ci provano, non è che non lo facciano, ma sostanzialmente non possono fare nulla se non assistere impotenti alla forza della natura, che va avanti per i fatti suoi e li ignora. Godzilla e i suoi super amici pensano ai fatti loro, spaccano tutto quanto, non degnano di uno sguardo gli insettini che ronzano loro attorno e decidono di prestar attenzione alle zanzare solo nelle rare occasioni in cui queste pungono. E a quel punto scattano gli schiaffi. In questo senso, il film di Gareth Edwards è riuscitissimo e il suo puntare tanto a lungo sul non mostrare fino in fondo le creature, sul farti vedere quel poco che l'occhio umano riesce a inquadrare, oltre ad essere di fondo anche un richiamo al modo in cui se l'era giocata Ishiro Honda sessant'anni fa, serve proprio a raccontare di questo profondo distacco fra gli esseri umani e i veri, enormi, devastanti protagonisti della storia.
L'essere umano (G. Edwards, 2014)
Nello scegliere questa strada, Edwards e i suoi sono fuggiti fortissimo dal
Godzilla di Roland Emmerich e hanno provato a inseguire il tono assolutamente serio e opprimente dell'originale, centrandolo in pieno ma non riuscendo a recuperarne fino in fondo la forza tematica e drammatica. La parte iniziale del film, la prima oretta o giù di lì, ha una potenza bestiale e funziona perfettamente, anche grazie all'interpretazione viscerale di Bryan Cranston: mozza le gambe per la tensione, regala almeno un paio di scene molto forti e si conclude con una svolta riuscitissima e che, onestamente, non mi aspettavo. Il tutto, quasi senza far apparire mezzo mostro gigante e grazie all'innegabile bravura di Edwards nel far funzionare ogni singola componente, raccontando tantissimo con le piccole cose, con un'inquadratura piazzata lì su quel dettaglio, con le storie che si nascondono dietro alla caratterizzazione di ambienti e paesaggi. Il problema è che poi la narrazione viene definitivamente scaricata sulle spalle di Aaron Taylor-Johnson e il racconto si sgonfia, per altro più per limiti di sceneggiatura che degli attori in sé.
Aronne, di fondo, fa quel che deve fare, Elizabeth Olsen mette la sua forte presenza scenica al servizio di un personaggio a cui viene riservato il ruolo di quella che strabuzza gli occhi e corre a destra e a sinistra e Ken Watanabe, povero, fa il possibile per dar peso alle cretinaggini che gli fanno declamare, ma è proprio il materiale a disposizione che lascia il tempo che trova.
Godzilla abbandona il tentativo di raccontare temi anche interessanti e diventa improvvisamente un film in cui non si fa altro che scappare, provare timidamente a rispondere e osservare i mostri che spaccano tutto. E intendiamoci, va pure bene, ma tutto sommato quell'inizio così forte e in generale il tono così iper drammatico e "grave" lasciano un po' addosso la sensazione che si potesse fare qualcosa di più del solito film in cui l'esercito fa l'esercito (anche se, bisogna concederlo, i militari sono caratterizzati in maniera dignitosa e non c'è il classico generale ottuso che fa cose a caso), i protagonisti vivacchiano correndo da una scena madre all'altra, lo scienziato americano interpretato dall'attore di grido è l'unico che capisce davvero cosa stia succedendo nello stabilimento giapponese e il personaggio orientale è uno stordito che se ne va in giro con l'espressione di quello costantemente sotto acidi, parla solo per aforismi e serve come generatore casuale di didascalie per sottolineare i temi del film.
Dopodiché, parliamoci chiaro, il punto di questo
Godzilla è un altro e quel punto lì viene portato a compimento in maniera eccellente. Perché se è vero che in quel momento citato prima la narrazione viene scaricata sulle spalle di Aronne, è vero anche che in quello stesso momento il film viene invece caricato sulle spalle di Godzilla e il nostro amico lucertolone, per dirla come si usa su internet fra i giovani, delivera. Nell'ottica del film di mostri che fa quel che deve fare, è difficile dirgli qualcosa di negativo. Toh, magari ti puoi lamentare perché ne avresti voluto ancora di più, ma la scelta di accumulare e basta fino all'esplosione finale ha un suo senso preciso sia dal punto di vista tematico che da quello del ritmo e funziona bene. Al di là di questo, Edwards e i suoi mettono assieme uno spettacolo per gli occhi dalla potenza rara e raccontano meravigliosamente bene il passaggio sulla terra di questa creatura completamente fuori dalla nostra portata, che esiste tanto per portar salvezza quanto per seminare distruzione. Oltretutto c'ha un musetto adorabile, lo vorrei avere parcheggiato fisso qua fuori per andare sul balcone a fargli i grattini.
Godzilla (G. Edwards, 2014)
Gli omaggi al passato non mancano e c'è tutto un continuo gioco di rimandi estremamente ben realizzato, che riesce a frullare assieme mille suggestioni e a dar vita a un'identità nuova e forte per quello che, assieme magari a un certo scimmione con cui si è tirato più volte le pizze in passato, è e rimane il mostro più iconico nella storia del cinema. Certo, ogni tanto il giochetto delle citazioni si fa troppo evidente ed esce un po' dal film: quando per un attimo tutto si ferma, il primo piano incalza e Ken Watanabe esclama "Gojira!" m'è venuto in mente Benedict Cumberbatch che svela la sua identità facendo l'occhiolino
nel secondo Star Trek, ma insomma, son cose delle quali è difficile fare a meno e in ogni caso, se ti danno il brividino, che gli vuoi dire? Io vi posso dire che quando doveva farmi tremare, beh, il
Godzilla di Gareth Edwards mi ha fatto tremare. Poi, certo, io ero ben disposto, se è vero - e lo è - che già il ruggito sul conto alla rovescia dell'Imax mi ha fatto perdere il controllo delle funzioni corporee basilari, ma il punto è che il film, sul piano della potenza visiva e sonora, non sbaglia un colpo.
Ogni apparizione dei creaturi ha un impatto devastante e non si parla necessariamente solo di forza bruta. Quelle scaglie che nuotano accompagnate dalle navi, l'inevitabile assalto al treno, la devastazione di Las Vegas, un essere enorme placidamente appollaiato sulla collina alla ricerca di cibo, l'attimo di tenerezza fra due bestioni che in fondo vogliono solo metter su famiglia, le nubi nere che invadono San Francisco, il famoso tuffo dei parà dall'aereo... ma anche cose più piccole e che non necessariamente coinvolgono i mostri ma su cui si proietta brutalmente la loro ombra, da lontano, perfino (soprattutto?) quando non sono nei paraggi... è tutto incredibilmente bello, potente ed efficace ed è sicuramente un
Godzilla che lascia forte la sua impronta. Poi, certo, è anche un po' un accontentarsi, perché sotto allo spettacolo c'è molto poco e alcuni elementi, a cominciare dal discorso sull'energia atomica, per quanto poi a conti fatti fondamentali nel fare da motore agli eventi, sembrano inseriti in maniera un po' impacciata, quasi perché si doveva. Ma insomma, è comunque un gran bell'accontentarsi e sappiamo bene che poteva andare molto peggio.
L'ho visto ieri pomeriggio, in lingua originale, all'Imax qua a Parigi, che non vanta uno schermo abnorme come quello di Londra o alcuni americani ma, insomma, eh, si difende. Ero seduto in settima fila, avevo il naso puntato verso l'alto e tremavo. Penso proprio che tornerò a vederlo.