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30.12.09

A Christmas Carol

A Christmas Carol (USA, 2009)
di Robert Zemeckis
con le voci (e pure un po' le facce) di Jim Carrey, Colin Firth, Gary Oldman, Cary Elwes, Bob Hoskins, Robin Wright Penn


Viene un po' voglia di chiederselo, che caspita sia saltato in testa a uno fra i registi americani più grossi di due degli ultimi tre decenni, per mettersi improvvisamente a dirigere solo animazione al computer. Certo, sì, fatta col motion capture, anzi, col performance capture, con gli attori che recitano. Però, eh, sarà mica cinema, questo qua, coi pupazzetti, eh, ai miei tempi non si facevano queste porcherie, eh. Guardando A Christmas Carol non so se si trovino delle risposte, però si trova un film davvero bello, che il dubbio di aver sbagliato a ignorare i due precedenti me lo fa venire.

Zemeckis è probabilmente l'unico a saper usare il 3D senza abusarne, senza sventolartelo sotto il naso, senza distrarti con le minchiate, ma pensando piuttosto a raccontare una storia e a tappezzare la sua totale padronanza registica con questa nuova tecnica rappresentativa. E a mozzartici comunque il fiato, con questa nuova tecnica rappresentativa. O, forse, il punto è che si tratta dell'unico regista serio ad averci provato per davvero: vediamo come va con Cameron, Dante, Burton e compagnia bella.

Sta di fatto che A Christmas Carol è un gioiello di narrazione per immagini. Una rilettura cupa, fosca, affascinante della splendida novella di Dickens, che cede forse alle lusinghe del luna park solo in quel lunghissimo inseguimento verso la fine, ma per il resto si preoccupa unicamente del mettere in scena come si deve e in maniera intelligente il testo con cui ha a che fare. E certo danno una mano le facce di gomma degli attori, alcuni dei quali fra l'altro neanche semplici da riconoscere (Gary Oldman, lo ammetto, m'era sfuggito), ma tutti efficaci e davvero bravi.

Il film l'ho visto in versione italiana e in 3D XpanD nella sala Energia del cinema Arcadia a Melzo. Importanza di guardare questo film in lingua originale: eh, insomma, per quanto il doppiaggio mi sia parso comunque buono, oltre che privo di insopportabili voci provenienti dalla TV, sarebbe carino ascoltarli, tutti 'sti attori che han fatto il performance capture. Prima del film han proiettato il trailer di Avatar, in 3D. Maremma maiala, avevo la bocca letteralmente spalancata. 23 gennaio. Canzone ascoltata nello scrivere questo brutto post: Innocent - Stereophonics. Mi sembra l'unica decente dell'ultimo album. Sorseggiavo un disgustoso intruglio da macchinetta del caffè.

29.12.09

La settimana a fumetti di giopep - 29/12/2009

La rubrica sta tornando ad essere quasi regolare. Chissà quanto dura?

Bonelli
Volto Nascosto ***
Piacevolissima miniserie che una volta tanto mette in scena un racconto vero e proprio, con un arco narrativo compatto, completo, sensato, fuggendo quindi dalla classica struttura bonelliana della ripetizione infinita che caratterizzava invece Brad Barron. Letta tutta di fila, nel giro di un mesetto, mi ha sorpreso per costanza, senza forse picchi qualitativi sconvolgenti ma anche senza un singolo albo riempitivo o di puro tonfo. Bei personaggi, bello sviluppo, buon mescolare Storia e finzione e un protagonista - Vittorio - davvero riuscito e fuori dai soliti schemi bonellidi.

Marvel
Criminal: Una brutta nottata ****
Criminal contiene a ogni volume una storia diversa, lievemente unita alle precedenti dall'appartenenza allo stesso universo narrativo. Una brutta nottata racconta di come lo sfortunello Jacob Kurtz, che vuole solo vivere la sua vita tranquilla e farsi gli affari suoi, si trovi invischiato in un turbine di sesso, violenza e criminalità. E di come, ovviamente, tante volte sotto le sembianze della sfiga si nascondano gli errori del passato tornati a tormentarci. Scrittura da manuale del solito, eccellente Ed Brubaker e disegni perfetti del ruvido Sean Phillips: una coppia che incarna il noir a fumetti. Quello sporco, lurido, rabbioso, triste, melodrammatico, seducente.

Spider-Man Noir ***
Forse più pulpettone che vero e proprio noir, questa rilettura dell'ummeragn in chiave dark trascina dall'inizio alla fine, raccontando del faticoso annaspare di un vigilante armato di pistola nel fango di una New York corrotta da cima a fondo. Ispirato nelle rielaborazioni grafiche - un avvoltoio così cattivo non si era mai visto - e intelligente nei suoi colpi di scena, ha forse il solo limite di un finale troppo accomodante, che - appunto - mal si adatta all'etichetta di "noir".

Runaways #8: Rock zombi **
Dopo l'abbandono del sempre ottimo creatore Brian K. Vaughan, una fra le serie Marvel più frizzanti, spiritose e intelligenti del decennio sta neanche troppo lentamente andando a catafascio. Spiace per Terry Moore, altrove solo ottimo, ma questo volume può essere al massimo considerato un compitino diligente, moscio, privo di spessore. E disegnato da cani.

Altro
Tag ****
Essere uno fra i maggiori autori di fumetti americani significa anche avere la capacità di tirar fuori qualcosa di realmente nuovo da un tema, quello dei morti viventi, che sembra aver già detto tutto. Trasmetteresti volontariamente una malattia mortale a una persona che ti ha fatto un torto, se fosse l'unico modo per salvarti? Una domanda assurda, non troppo lontana, va detto, da quella posta ai protagonisti di The Ring, che trova però qui risposte non banali.

Non sto facendo esattamente delle vacanze natalizie, ma mi sono ritagliato un po' di tempo per giocare, leggere, guardare. Di scrivere qua dentro mi è però momentaneamente un po' passata la voglia. Ma adesso torna, eh! Canzone ascoltata nello scrivere questo brutto post: Criminal - Fiona Apple. Ho la testa che pulsa.

23.12.09

Regalo di Natale!

Dopo centododici anni con lo stesso template, di cui fra altro mi sono rotto le palle sessant'anni fa, cambio faccia al blog. Brutto? Bello? Pesante? Boh? Comunque, a me mi piace. Un bacio con la lingua a Fotone per la scritta là sopra, abbracci calorosi a chiunque mi faccia notare qualcosa che non funziona o porti alla mia attenzione elementi particolarmente brutti. E sì, lo so che i link là in cima sono da sistemare: appena ho un secondo lo faccio. Ah, dimenticavo: con questo template tornano a funzionare le anteprime dei post! Tripudio!

Ho spostato robe in giro, tolto qualcosina, aggiunto qualcos'altro. Sul serio: se qualcuno ancora mi legge e qualcosa non dovesse tornargli, son tutto orecchie. E iscrivetevi su Networked Blogs, ché mi riempite il box lì in fondo. Mentre scrivevo questo brutto post ascoltavo 4 Guys 1UP del 23 ottobre, con ospite Tim Schafer. Digerivo una corposa macedonia dell'Esselunga.

22.12.09

La settimana a fumetti di giopep - 22/12/2009

Copertina innevata per la Settimana a fumetti natalizia. Perché qui si lavora pure sotto le feste (e sotto la neve)!

Manga
Cross Game #11 ****
Katsu #8 ****
Nuovi sviluppi, nuovi personaggi, umorismo spicciolo, buoni sentimenti, amore e amicizia per tutti. Adachi, my man.

Marvel
Ultimate Spider-Man #70: Ultimatum #3 ****
Ecco, l'unico motivo per cui la goccia Ultimatum non ha fatto traboccare il vaso delle mie sature gonadi sta in questo paio di storielline dell'Uomo-Ragno. Sta nel fatto che Bendis ancora una volta dimostra quanto sia possibile emozionare raccontando di fatto due cose in croce per quaranta pagine. Io, a uno che scrive roba del genere e che riesce ancora a colpire nel segno dopo nove anni e centotrentatré storie della stessa solfa, ci voglio bene e ci do fiducia. Vediamo come va avanti.

Altro
Whiteout: Melt ****
Whiteout: Melt prende i tratti migliori della precedente miniserie e li estremizza, concentrandosi sulla personalità della sua protagonista e soprattutto sulla potenza narrativa dell'ambientazione. Questa volta non c'è un risibile giallo da risolvere - anche se un pizzico di mistero ovviamente non manca - ma solo la pura lotta contro le simpatiche intemperie polari. Azione, colpi di scena, caratterizzazione magistrale dei (pochi) personaggi, il corrosivo stile grafico di Steve Lieber e un Greg Rucka in splendida forma. Leggerlo mentre Milano spalanca le porte alla fine del mondo, poi, non ha prezzo.

Mi sto leggendo tutto Volto Nascosto. E neanche mi sta dispiacendo. Ma ne parliamo a tempo debito. Canzone ascoltata nello scrivere questo brutto post: The '59 Sound - The Gaslight Anthem. Insalata o macedonia?

21.12.09

Quack! (:-|)

18.12.09

La battaglia dei tre regni

Red Cliff & Red Cliff II (Cina, 2008/2009)
di John Woo
con Tony Leung, Takeshi Kaneshiro, Fengyi Zhang, Chen Chang, Wei Zhao, Jun Hu, Chiling Lin, Shido Nakamura


Premessa: della storia cinese so meno di una fava. Ho fatto giusto due ricerchine su Internet, prevalentemente su Wikipedia.

La battaglia dei tre regni è l'adattamento cinematografico di una parte de Il romanzo dei tre regni, monumentale opera che romanza con taglio epico svariati eventi storici della Cina che fu, a cavallo fra secondo e terzo secolo. A quei centoventi capitoli (un migliaio di personaggi, oltre ottocentomila parole) si è nel tempo ovviamente ispirata una marea di altra roba, fra cui pure qualche videogioco, tipo i vari strategici Romance Of The Three Kingdoms, i Kessen e i simpaticissimi Dynasty Warriors.

Ecco, a un appassionato di videogiochi, c'è poco da fare, certi momenti de La battaglia dei tre regni fanno venire in mente proprio l'insopportabile serie di squartammazza targati Koei. Coi generali - non a caso personaggi presenti anche in quei giochi - che scendono in campo e da soli sbaragliano decine e decine di nemici, così, come se niente fosse. Va però detto che queste situazioni e davvero poco altro rappresentano le uniche concessioni di Woo al Wuxiapian cui siamo abituati. Nei due Red Cliff (sì, due, ne parliamo dopo) non si vede gente che svolazza come in La tigre e il dragone e rimbalza fra un muro e l'altro come in New Super Mario Bros. Wii.

E che si vede? Si vede un racconto che - fatta la tara al taglio mitologico con cui vengono caratterizzati i vari protagonisti e determinati snodi narrativi - mantiene abbastanza i piedi per terra, mostrando sì due scene di battaglia epiche, enormi, semplicemente splendide, ma concentrandosi soprattutto sui personaggi, sui complicati intrecci umani e politici che li legano, sulla guerra vista non solo attraverso lo scontro sul campo ma anche (soprattutto) tramite ciò che è preparazione, dialogo, tattica. Si vede un cast meraviglioso, con Tony Leung che al solito mangia in testa a tutti e attorno a lui un campionario di presenze sceniche da mozzare il fiato. Si osserva un John Woo tornato all'eleganza e alla potenza stilistica che sembrava aver ormai irrimediabilmente perso. Si respira il solito, adorabile, malinconico melodramma che permea il cinema dell'estremo oriente tutto e che ce lo fa amare.

Ah, quasi dimenticavo: i due Red Cliff. Avete presente Kill Bill? Volume uno e volume due? Ecco, stessa roba. Red Cliff, in Cina, è uscito sotto forma di due film, da centoquarantaepassaminuti l'uno. La versione occidentale è frutto di un riassemblaggio e scesoiamento voluto e curato dallo stesso Woo, al fine di renderlo più adatto ai nostri palati fini con una durata da centoquaranta minuti e spiccioli. Non l'ho vista, ma ho leggiucchiato in giro e noto come siano in effetti state eliminate quasi solo scene estremamente "cinesi", lontane dal gusto occidentale, oltre a una "sottotrama" che è forse la più debole dei film originali. Ma stiamo comunque parlando dell'eliminazione di oltre due ore di materiale, che genera per forza di cose qualche incongruenza e qualche scena un po' priva di senso, oltre a tagliar fuori alcune fra le più belle immagini dei due film (il parto e la caccia alla tigre? Ma stiamo scherzando?). Insomma, meh.

Il film l'ho visto in lingua originale, sottotitolato in inglese. Importanza di guardare questo film in lingua originale: non saprei, però l'importanza di guardarlo tutto per intero non la sottovaluterei. Eagle Pictures ha comunque annunciato la pubblicazione (su DVD e Blu-Ray) del film in entrambe le versioni: abbreviata e integrale. Quindi a breve saremo tutti più contenti. Nel frattempo, vi segnalo Chua Import & Entertainment, il sito - consigliato dal Guglia, ciao e grazie - tramite il quale ho comprato i due DVD cinesi, dezonati e con sottotitoli in inglese. Spedisce dalla Germania, quindi si schiva quella vergogna nazionale che è la dogana italiana. Mentre scrivevo questo brutto post, Al Michaels e Cris Collinsworth gufavano in televisione. Il mio stomaco elaborava il troppo the bevuto. Gli Eagles battevano agevolmente i Giants e si issavano in testa alla classifica della NFC East.

17.12.09

Multitentacolo

Il podcast del Tentacolo Viola: Episodio IV. Ospite speciale Pierpaolo Greco di Multiplayer. Gli sottopongo un pippone che non finisce più sui metri di giudizio e le scale di valori. E poi si parla di altre cose. Tipo che io parlo di Cooking Mama 3, del nuovo Buzz e di Red Cliff. Sta qui.

I podcast videoludici italiani si vogliono tutti bene fra di loro. Un abbraccio d'amore. Musica ascoltata nello scrivere questo brutto post: The Arrival - Michael Nyman. Mangiavo un paio di kiwi.

Bum bada-boom

16.12.09

Orgoglio e pregiudizio e zombie

Pride and Prejudice and Zombies (USA, 2009)
di Seth Grahame-Smith


L'altro giorno, gironzolando come un'anima in pena da Feltrinelli, ho notato che è uscita un'edizione italiana di Pride and Prejudice and Zombies. E m'è venuto in mente che qua dentro non ho mai scritto di quella sciocchezzuola, anche se ne ho parlato nell'episodio zero di Outcast e quindi magari qualche disperato mi ha ascoltato mentre io lo descrivevo e Fotone rideva. Ma, insomma, mettiamolo pure nero su bianco.

Orgoglio e pregiudizio e zombie è una sciocchezzuola. Seth Grahame-Smith ha sostanzialmente preso il testo originale di Jane Austen e ci ha appiccicato sopra le decalcomanie dei morti viventi. Ma non così per dire, no no, ha proprio preso il testo originale, parola per parola, e l'ha usato come base per realizzare il suo, aggiungendo, togliendo, modificando, ma anche lasciando interi brani del tutto immacolati. La storia è la stessa, l'intreccio non muta di una virgola e le variazioni ruotano tutte attorno al cambio di contesto: la Gran Bretagna in cui amoreggiano Elizabeth, Darcy e tutti gli altri è invasa dagli zombie.

Le modifiche sono talmente deliranti e sopra le righe da non poter che strappare un sorriso: Lizzy e Jane hanno viaggiato in Cina per imparare le arti marziali, la scena del ballo si conclude con un'orda di zombie che irrompe e pianta su un gran casino, Elizabeth rifiuta Darcy prendendolo a calci... tutte simpatiche cosette del genere. Il problema è che non c'è altro. Un esercizio di stile, insomma, che si esaurisce proprio in questo suo giochetto e non riesce a fare quasi nulla in più. Chi - come me - si aspettava di vedere usati gli stessi personaggi e la stessa ambientazione per dare vita a un romanzo horror "canonico", magari dal taglio un po' trash/demenziale, rimarrà sorpreso. In positivo o in negativo? Boh?

L'idea è simpatica e nei suoi momenti migliori funziona anche molto bene. L'estremizzazione delle vicende di Charlotte e il modo in cui l'infezione va ad accentuarne i significati rappresentano forse l'esempio migliore, ma di buone trovate ce ne sono anche altre. Il problema è che sono disperse in un romanzo che, di fondo, condivide tutta la forza del suo intreccio con il testo originale. I personaggi sono quelli, gli snodi narrativi sono quelli e non son certo un paio di risate di bassa lega e due sbudellamenti a cambiar le carte in tavola. Insomma, se è l'intreccio che interessa, tanto vale andare sul libro originale, molto bello e indubbiamente superiore a questo.

Ma allora dove sta, se c'è, il senso di Orgoglio e pregiudizio e zombie? Sta per l'appunto nell'esercizio di stile, nella "rielaborazione" del romanzo originale e nel fatto che sarebbe quasi da leggere con il testo a fronte, confrontando passo a passo le parole di Jane Austen e quelle di Seth Grahame-Smith. In quest'ottica si tratta di un'operazione simpatica, divertente, a tratti perfino intelligente. E mi ha spinto a leggere Pride and Prejudice, che insomma, è già un bel risultato.

Il libro l'ho letto in lingua originale, nell'edizione brossurata di Quirk Books. Importanza di leggerlo in lingua originale? Beh, più che altro sarebbe da capire come sia stata realizzata la versione italiana. Insomma, qua il punto è anche l'utilizzo del testo di Jane Austen: se non è stata mantenuta la fedeltà, che senso ha? Che poi Jane Austen andrebbe comunque letta nella sua lingua e fine, ma insomma, eh. Nello scrivere questo brutto post ascoltavo in sottofondo la roba trasmessa da ESPN durante l'intervallo della partita fra Eagles e Giants. 30 a 17... come finirà?

14.12.09

New Super Mario Bros. Wii

New Super Mario Bros. Wii (Nintendo, 2009)
sviluppato da Nintendo EAD


New Super Mario Bros. Wii è stre - pi - to - so. Punto. Difetti? (1) L'inizio parecchio moscio: nei primi due mondi c'è una totale mancanza di senso del nuovo e di, boh, trasporto. Certo, si intravedono già qualche bella idea e lo sforzo di fare un gioco impegnativo e non la passeggiata che c'era su DS, ma davvero sembra di stare giocando alla stessa roba di tre anni fa. E non è bello. (2) Manca l'online e non ci ho potuto quindi giocare in cooperativa con Holly. (3) Le cazzo di piattaforme/ascensori dell'ottavo mondo: metà delle volte le muovevo troppo velocemente, Mario faceva la piroetta e io finivo nella lava. (4) È un Mario 2D e non è una cosa di tutt'altra pasta come Yoshi's Island, quindi ti viene da paragonarlo a Super Mario World e, vabbuò, su, dai. Però, fine, tutto il resto è stre - pi - to - so.

Ha un crescendo fuori scala: come detto, parti un po' meh, anche se magari ti fai pigliare dal solito stile Nintendo, ma poi ti ritrovi fra le mani una roba assurdamente bella, curata, perfetta, piena di idee, che cresce costantemente dall'inizio alla fine, ha forse il miglior boss finale nella storia dei Mario 2D e dopo il boss ci mette pure il mondo stronzobastardomaledetto dedicato agli hardcore gamer che a prendere le monete del 9-7 ho bestemmiato davvero tanto. Ah, fra l'altro: è il gioco più hardcore che ho giocato quest'anno. E no, non c'è Peach a pecora.

Poi la verità è che ha ragione chi dice che è un aggiornamento del gioco DS, perché dai, è quello, ha quella faccia, ha quello stile, ha pure più o meno gli stessi mondi, non si può negare che lo sia. Però ha pure ragione chi dice "ma col cazzo", perché c'è veramente troppo di più (oh, c'è Yoshi: gameset&match), troppa più cura, troppa più attenzione a fare una roba che funzioni a tutti i livelli, troppe più idee, troppe più cose. E concentrarsi sulla prima visione senza rendersi conto della seconda, se lo hai giocato davvero a fondo, mi sembra abbastanza miope. Se poi ti stai occupando di scriverne una recensione, mi sembra abbastanza degno della brutta gente che ho la sfortuna di chiamare colleghi e che guardo con sdegno dall'alto in basso credendo di essere chissacchì.

È il nuovo Mario paura spaccatutto diverso e innovativo? No, quello era Super Mario Galaxy, per questa generazione direi che siamo a posto. È un gioco della madonna, un Mario della madonna, un platform vecchio stile della madonna? Esatto. Vi sempra poco? A me no. Mamma mia! Ai miei tempi, quando qui era tutta campagna, per dei giochi che erano semplicemente dei seguiti della madonna di giochi della madonna ci si esaltava. Turrican II venne acclamato come capolavoro, non ci si tirava le paranoie perché era uguale al primo.

Quasi tutto quello che leggete in questa pagina l'ho in realtà scritto in una mail per la redazione di Nextgame, all'interno di una discussione ben più ampia e che non riguardava il nuovo Marietto nello specifico. Copio e incollo la chiusura di quella mail: "Uah, figata, adesso copio, incollo, sistemo la formattazione, aggiungo due insulti a Zave e ho fatto il post su New Super Mario Bros. Wii per il blog. Grazie a tutti. :*" Mattia, sei uno stronzo. A New Super Mario Bros. Wii ci ho giocato in inglese, perché ho il Wii impostato così. Ma cambia poco, anzi, in genere le versioni italiane dei giochi Nintendo sono solo ottime. Canzone ascoltata nello scrivere questo brutto post: Crush (non Crash) - Dave Matthews Band. Sorseggiavo una tazza di Earl Grey. Mattia sei una merda.

Hype

"Watching "Avatar," I felt sort of the same as when I saw "Star Wars" in 1977. That was another movie I walked into with uncertain expectations. James Cameron's film has been the subject of relentlessly dubious advance buzz, just as his "Titanic" was. Once again, he has silenced the doubters by simply delivering an extraordinary film. There is still at least one man in Hollywood who knows how to spend $250 million, or was it $300 million, wisely."

Qua il resto, courtesy of my dear Roger Ebert. Però, oh, una cosa importante, che poi è James Cameron riassunto: "I've complained that many recent films abandon story telling in their third acts and go for wall-to-wall action. Cameron essentially does that here, but has invested well in establishing his characters so that it matters what they do in battle and how they do it. There are issues at stake greater than simply which side wins."

Ah, anche: "I saw the film in 3-D on a good screen at the AMC River East and was impressed. I might be awesome in True IMAX. Good luck in getting a ticket before February." In tutto il mondo esce nei prossimi tre giorni. Con qualche eccezione: Giappone (23 dicembre), Polonia (25 dicembre), Argentina (1 gennaio) e - rullo di tamburi - Italia (15 gennaio). Uffa.

Ma sì, dai, pure: "It takes a hell of a lot of nerve for a man to stand up at the Oscarcast and proclaim himself King of the World. James Cameron just got re-elected." Hype. Credo sia il terzo film in questo intero decennio che mi fa voglia a questi livelli. La quarta "cosa", a farmi voglia a questi livelli, così ci mettiamo dentro Dead Rising. Dai, chiudiamo in bellezza: qualcuno mi regali un volo andata/ritorno per Londra con biglietto per la visione all'IMAX. Al pernottamento ci penso io, giuro.

Mentre pubblico questa roba, attendo con ardore l'inizio di Philadelphia Eagles @ New York Giants. Viste anche le scoppole prese dai Dallas Cowboys poco fa, la partita potrebbe definitivamente significare playoff. Hai detto niente. Mi sa che scatta la nottata, a meno che non si vada subito sotto di venti e ciao e grazie. Canzone ascoltata nello scrivere questo brutto post: I Kissed a Girl - Katy Perry (giusto per sputtanarci definitivamente). Sbadigliavo e valutavo quali droghe utilizzare per restare sveglio.

11.12.09

Il presidente - Una storia d'amore

The American President (USA, 1995)
di Rob Reiner
con Michael Douglas, Annette Bening, Martin Sheen, Michael J.Fox


Guardare questo film è un'esperienza lisergica, ma anche un po' catartica. Quasi una scelta morale. Soccombo alla profonda antipatia nei confronti di Michael Douglas e (soprattutto) Annette Bening, che davvero mi attanaglia le viscere al punto di non farmi piacere una sceneggiatura tanto ben scritta e un film tanto leggero e simpatico? Oppure regalo lode, bacio accademico e un mondo di amore a Rob Reiner e Aaron Sorkin, che mi fanno diventare simpatico il Michael e quasi (quasi) sopportabile l'Annette? E ammetto, sigh, che i due antipaticoni sono anche bravi? La seconda, via, ché è Natale e siamo tutti più buoni.

Il presidente è una commedia sentimentale americana. Non molto di più, ma anche nulla di meno. È lui e lei che si conoscono, per qualche strano motivo si innamorano, vanno avanti felicemente, poi c'è la crisi, poi fanno pace e si vogliono bene. Con tanti amici e personaggi di contorno che son simpatici e adorabili (e un paio pure un po' strani). È quello, lo sappiamo. Però è un "quello" fatto davvero per benino, con tutte le sue cosette al posto giusto, con tutti i suoi bei caratteristi che fanno il loro dovere, con una sceneggiatura solida e frizzante.

Ed è per tutte queste cose che Il presidente funziona. Per il fatto di farti interessare alle vicende di persone dai tratti umani e reali, prima che di politici e presidenti. Perché c'è un film e c'è una sceneggiatura, e non solo Amy Adams e Meryl Streep. E Stanley Tucci. Perché - pare poco ma non lo è - ti caratterizza il presidente come un presidente vero, che ha a che fare con problemi veri e deve prendere decisioni su dilemmi veri, mica su crisi inventate con luoghi di fantasia. Perché quattordici anni dopo non sai se chiederti "Ma 'ste robe si discutevano già quattordici anni fa?" o "Ma dopo quattordici anni ancora stiamo dietro a 'ste robe?". Troppo avanti Sorkin e Reiner o troppo indietro il resto del mondo?

Il film l'ho visto in DVD, original language. Importanza di guardare questo film in lingua originale? Beh, gli attori son bravi e c'è qualche giochetto di parole simpatico. Canzone ascoltata nello scrivere questo brutto post: The Boxer - Editors (sto un po' in loop). Nel mio stomaco danzava un Big King XXL menu medio.

10.12.09

[Rec]

[Rec] (Spagna, 2007)
di Jaume Balagueró e Paco Plaza
con Manuela Velasco, Pablo Rosso


Quando a suo tempo vidi i trailer di [Rec], mi immaginai una cosa un pochino diversa da quel che ho poi trovato. Non so bene per quale motivo, mi ero convinto che il film avrebbe raccontato col "trucchetto" della videocamera in prima persona una storia horror sullo stile delle due precedenti di Balaguerò (il perlomeno interessante Darkness e il pessimo Fragile). Insomma, non m'aspettavo gli zombie. E invece qui ci sono gli zombie. A onor del vero va detto che nel finale fa capolino una una botta di misticismo, ma insomma, in sostanza di quello si parla: zombie, del genere "incazzato, rabbioso, corro come un pazzo e ti sbrano".

E se ne parla senza raccontare nulla di nuovo, ma sfruttando il trucchetto della videocamera sempre accesa per calare lo spettatore al centro dell'azione. Che ha qualche forzatura e richiede un minimo di disponibilità per "crederci". Ma, all'ennesimo film che gioca su queste regole, dovrebbe essere ormai chiaro come funzioni 'sto genere di roba. E se piace o no. E se fa venir da vomitare o no. Balaguerò e Plaza, comunque, ci giocherellano abbastanza bene, non si limitano a lasciar la videocamera in mano al reporter coraggioso, la appoggiano anzi di qua e di là, la sfruttano come mezzo di sopravvivenza estrema nel claustrofobico finale, ci fan tutto quel che ci si può fare.

Ne vien fuori un film teoricamente in grado di far paura un po' a chiunque non si faccia prendere da motion sickness, se non altro perché li prova un po' tutti, i modi per spaventarti. Però, con me, non ha funzionato poi tanto. Sarà che mi stavan sulle balle tutti i personaggi e non chiedevo altro che di vederli sbranati? Sarà che la svolta "ultraterrena" del finale m'è parsa un po' ridicola? Sarà che per quanto diretto estremamente bene non l'ho trovato niente più che appunto un esercizio di bravura realizzato estremamente bene? Vai a sapere.

Il film l'ho visto in lingua originale con sottotitoli in inglese (del resto su Play.com te lo tiran dietro). Importanza di guardare questo film in lingua originale? Ma che ne so, mica parlo spagnolo. Leggo comunque in giro che il doppiaggio italiano è stato realizzato con gran cura. Si son sbattuti, insomma. Canzone ascoltata nello scrivere questo brutto post: You Really Got A Hold On Me - She & Him. Nel mio stomaco facevano a botte tonno, fagioli e un Kinder Colazione Più.

9.12.09

Dita unte sullo schermo

Non ho comprato The Secret Of Monkey Island Brutta Edition perché è brutto. Ha la grafica brutta. Capito? Brutta. "Ma dentro c'è pure la versione originale!" Eh, ok, ma quella ce l'ho in diciottomila forme, e non mi interessa dare soldi a gente che vende quella versione brutta. Non bastasse il fatto che quella grafica è brutta già di suo, poi, si aggiunge pure il fatto che ha il design dei personaggi (brutto) tutto triste e stravolto che qualche idiota ha deciso di inventarsi con The Curse Of Monkey Island, rendendolo la "faccia" ufficiale di Monkey Island per questo popolo di giovani d'oggi che non sanno nulla di quando qui era tutta campagna. Guybrush Threepwood non è questa specie di Bernard Bernoulli o questo stronzetto. È questo qui. Ed è bello anche e soprattutto perché pur essendo un completo idiota è quel fighetta con la barba che sta lì dietro. Ma che ne volete capire, razza di debosciati. Vi scatarro su.


Flight of the Amazon Queen (Renegade Software, 1995/2009)
sviluppato da Interactive Binary Illusions - John Passfield & Steve Stamatiadis


Ho però comprato Flight of the Amazon Queen, per iPod Touch. Che è un'avventura grafica del 1995 uscita su Amiga e PC. Ho la versione PC, nel mucchio della roba comprata e mai giocata. E oggi, se vuoi giocare una roba del 1995, lo sbattimento di farla funzionare non vale i cinque euro scarsi che costa la versione iPod Touch. Quindi l'ho comprato per iPod Touch e me lo sono finalmente giocato.

Ed è esattamente quel che immagino fosse quattordici anni fa: un'avventura grafica spudoratamente riciclata e derivativa, con uno script scoppiettante e abbastanza divertente, una serie di enigmi belli piacevoli da risolvere, quella classica atmosfera demenziale e naïf che tanto ci piace. Un po' Indiana Jones e un po' Guybrush Threepwood, piglia per il culo entrambi con affetto e diverte abbastanza dall'inizio alla fine, pur all'interno di confini e stereotipi che più classici di così proprio non si può.

Buoni i due sistemi di controllo (il secondo arrivato tramite aggiornamento, per rispondere alle critiche di gente un po' scema): entrambi girano intelligentemente attorno al problema di stare sporcando lo schermo dell'iPod con il pollice. Poi, per carità, con un pennino si vivrebbe tutti più felici, ma non si può avere tutto. E in compenso c'è un doppiaggio esilarante, con tutti 'sti accenti forzatissimi e bellissimissimi. Insomma, approvato.


Beneath a Steel Sky Remastered (Virgin Interactive, 1994/2009)
sviluppato da Revolution Software - Charles Cecil


Non pago, ho comprato pure Beneath a Steel Sky Remastered, sempre per iPod Touch. No, non è vero, non l'ho comprato, l'ho recuperato per vie traverse proprie dell'essere uno che campa scrivendo di minchiate. Al contrario di Flight of the Amazon Queen, che è una conversione ripulita e bon, questo è un vero e proprio remake. Ma un remake fatto con intelligenza, mica come quella roba brutta, cattiva e antipatica di cui ho parlato in avvio.

Han tirato in mezzo Dave Gibbons, che già si era occupato della grafica di quattordici anni fa, e gli han fatto fare non so bene cosa. Il risultato, però, è un remake di quelli ligi, rispettosi e fatti con amore. L'introduzione e l'epilogo, per dire, sono impeccabili nello spolverarsi e aggiornarsi al nuovo millennio senza grattar via la patina vintage di cui un'operazione del genere dev'essere ricoperta. Il sistema di controllo, pure, è molto intelligente. Oltre che diverso da entrambi quelli di Flight of the Amazon Queen, come per dire: "oh, su, basta sforzarsi, le buone idee stanno lì fuori e aspettan solo di esser colte".

E poi c'è il gioco, che è un'avventura grafica solida, meno facile di come me la ricordassi - forse perché all'epoca ero troppo più allenato al tipo di ragionamenti richiesti da questo genere di giochi - e con una bella scrittura. Comicità spicciola, senso del dramma, un paio di bei colpi di scena e un'ambientazione cyberpunk che magari è passata di moda ma, insomma, quel minimo di fascino se lo porta ancora dietro. Poi, ovvio, c'è anche la polvere, quasi tutta ammucchiata sul Virtual Theatre, che all'epoca pareva quasi rivoluzionario e adesso, insomma, è proprio la curiosità simpatica a cui fai pat pat sulla spalla. Ma va bene così, mica ci si può aspettare la rivelazione del terzo segreto di Fatima da un'avventura grafica del 1994.

Di entrambi i giochi esiste una versione italiana che non ho visto neanche di sfuggita e non so se sia solo sottotitolata o anche doppiata. Importanza di ascoltare questi giochi in lingua originale? Boh, gli accenti fan parecchio ridere e poi, dai, insomma, i giochi di parole. Chi mi ascolta su Outcast mi ha probabilmente ascoltato mentre dicevo le stesse cose che ho scritto in questo quindi abbastanza ridondante post. Sopravviveremo al dolore. Nella confezione originale di Beneath a Steel Sky c'era un fumetto di Dave Gibbons che faceva da prologo alle vicende e fece pure da base per il filmato introduttivo del gioco. È bello. Lo possiedo. È bella pure la scatola, tutta nera. Mica come le scatole brutte di adesso. Canzone ascoltata nello scrivere questo brutto post: The Boxer - Editors. Provavo forte desiderio di coma farmacologico.

4.12.09

Nerdcast

Outcast episodio tre: brutto, puzzone e dall'adorabile sapore vintage. Sta qui.

No, perché magari uno si chiede come succeda che dopo una settimana da otto (otto!) post se ne presenti una da blog morto e agonizzante. Succede che ho avuto un podcast da registrare, un sacco da lavorare, un po' di simpatiche faccende da sbrigare e il podcast di cui sopra da montare/tagliare/ripulire/pubblicare. Canzone ascoltata nello scrivere questo brutto post: In This Light and On This Evening - Editors. Stasera vado a vederli, gli Editors. Prima volta a un concerto proprio loro, dopo che me li sono beccati in un festival olandese e uno tedesco. Son gentili, dovevano andare all'Alkatraz, si son spostati al Palasharp per farmi camminare meno. Comunque ho bisogno di passare quattro giorni seduto sul divano. Ci vediamo mercoledì. Ciao e grazie.

Cicci :)

 
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