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30.10.07

Facciamoci del male

"Da martedì 30 ottobre Sportitalia trasmetterà in lingua originale, ogni notte dalle ore 1:00 alle ore 7:00, NBA TV la tv ufficiale della lega professionistica americana."

No, cazzo, ragazzi, io devo dormire la notte, non potete farmi questo.

28.10.07

La settimana a fumetti di giopep - 28/10/2007

52 #1/7 **
E questo sarebbe il super evento (l'ennesimo) dopo il quale l'universo DC non sarà più lo stesso? Questa robetta sarebbe quello che quattro menti del calibro di Geoff Johns, Grant Morrison, Greg Rucka e Mark Waid, unite, riescono a tirare fuori? Sinceramente sono perplesso, anche se indubbiamente leggere in fondo a ogni albo "Storia dell'UDC" mi fa molto ridere.

Batman #1/2 ***
Catwoman #1 ***
Lanterna Verde #1 ***
Ottimo storie che riprendono, bene, da dove ci si era interrotti, introducono elementi interessanti e portano avanti delle serie che ottime erano e ottime, per fortuna, sono rimaste. Allora la DC non sta andando completamente a puttane!

Flash - Un anno dopo *
Madonna che porcheria. Ero preparato a una roba mediocre, ma qui siamo ben oltre la spazzatura, siamo là dove nessuno schifo è mai arrivato prima. Meno male che 'sto nuovo Flash ha chiuso in fretta.

Freccia Verde #1 **
Manhunter #1 *
Serie in decadenza? Manhunter, che nelle storie pre-Crisi era davvero intrigante, sta diventando quasi illeggibile. Decisamente meglio Freccia Verde, anche se comunque mi sembra manchi un po' di mordente. Oliver Queen sindaco, comunque, non è una brutta idea: vediamo come si evolve.

Giovani Titani #1 *
Outsiders #1 **
Gente che mena, si mena, viene menata e fra un cazzotto e l'altro si lascia un po' andare alla prosopopea. Se non cambia qualcosa in fretta, queste son le prime serie DC a cui rinuncio.

Supergirl e La Legione dei Super-Eroi #1 **
Ecco, questa serie invece mi lascia perplesso. Ha un'atmosfera strana, quasi da delirio ragionato, ma non riesco a capire se è realizzata bene o se è un tentativo clamorosamente fallito. A Mark Waid mi sento di dare fiducia, andiamo avanti per un po'.

Superman - Un anno dopo ***
Un bel volumozzo, non convincente come quello dedicato a Batman, ma comunque capace di riportare in scena Superman in maniera solida e intrigante. L'unica vera pecca sta forse nel fatto che - come del resto si è visto accadere molto spesso in casa Marvel negli anni scorsi - sembra quasi che il motore unico della storia stia nel voler rendere la continuity dell'azzurrone la più vicina possibile a quanto visto in Superman Returns. Luthor torna ad essere un criminalucolo ossessionato, ci sono i cristalletti che fanno emergere la terra da sotto Metropolis e così via. A 'sto punto mettiamoci pure il figlio, che tutto sommato è l'idea forse più interessante del film.

23.10.07

Heavenly Sword

Heavenly Sword (SCEE, 2007)
sviluppato da Ninja Theory


Quindici anni fa, per raccontare una bella storia in forma digitale era sufficiente mettere assieme 256 colori, 16 bit di scheda audio e una sceneggiatura con due palle così. Bastava far alzare in piedi Gabriel Knight e farlo gironzolare, mentre ciondolava in salotto muovendo le manine, e ci si convinceva di stare davanti a un film, con personaggi che recitavano incredibilmente bene. Oggi si spendono gozzillioni di dollari per attaccare pallini in faccia ad Andy Serkis, si registrano colonne sonore orchestrali, si spreme il Cell per realizzare texture fuori dal mondo, mettere in scena migliaia di soldati e dipingere volti dal realismo scioccante. Eppure, paradossalmente, giocando a Heavenly Sword non mi sono dimenticato neanche per un attimo di stare davanti a un videogioco che tentava disperatamente di sembrare un film.

Sarà forse perché la sceneggiatura di questa robetta le palle non sa nemmeno cosa siano? Sarà perché all'alba del 2007 fa un po' tristezza vedere un cattivo che gigioneggia come se fosse il Jack Nicholson di Batman e dice battute che mi avrebbero fatto ridere, forse, vent'anni fa? Heavenly Sword, il film, è una cosetta piccola piccola, un filmuccio nato vecchio, fatto di vicende prevedibili, retorica stagnante e personaggi stereotipati fino al midollo, che guardi con la stessa tenerezza con cui osservi una grande produzione di cinematografie minori (tipo Nomad, un filmone d'avventura kazako visto a Venezia l'anno scorso).

Grandi mezzi piazzati in mano a gente non in grado di sfruttarli per ottenere qualcosa di grande per davvero. Certo, il termine di paragone fa la differenza, perché è chiaro che piazzarsi su un livello cinematografico mediocre significa, purtroppo, stare comunque ampie spanne sopra a buona parte di ciò che si vede nel mondo dei videogiochi (ma comunque sotto, per stile e potenza narrativa, a tanti "colleghi" realizzati con dispiegamento di mezzi ben minore). Ma i termini di paragone non li decido io, li decide chi realizza una grafica iper realistica, chi assolda fior di attori da far recitare, chi scrive prendendosi maledettamente sul serio, chi tira fuori un film da svariate ore che ogni tanto ti permette, bontà sua, di giocare. E il paragone, spiace, stride.

Ma l'impianto narrativo, per quanto forzatamente e volutamente messo in primo piano, non è certo l'unico tratto caratterizzante di Heavenly Sword, che è anche, se non soprattutto, un videogioco. Un videogioco che, purtroppo, lascia anch'esso a desiderare. Un videogioco che si ispira abbastanza chiaramente, nelle meccaniche e nella "regia", a God of War, ma non riesce a trovare la stessa fluidità di gioco, la stessa compatezza e solidità.

Heavenly Sword non ce la fa. Non ce la fa a nascondere all'occhio la progressione a compartimenti stagni e il continuo passaggio da una micro arena all'altra. Non ce la fa a dare un senso compiuto a un sistema di controllo per certi versi pregevole, ma sprecato in un susseguirsi di avversari dalla pochezza imbarazzante. Non ce la fa - ma su questo, va detto, è in buona compagnia - a far venire voglia di esplorare la ricchezza di mosse e combo, perché tanto poi basta premere a caso un po' di tasti per arrivare quasi fino in fondo. Non ce la fa, insomma, a convincermi di avere un po' di arrosto sotto tutto quel fumo.

Ma c'è comunque del buono, in Heavenly Sword. Perché il dispiego di forze si vede e colpisce, anche se come al solito tanta apparente perfezione visiva pone ancor più in risalto i difetti, l'animazione impacciata, l'ombra traballante, la texture fuori posto, la scalettatura in primo piano. Perché comunque nel roboante mare di già visto (in fondo anche le centinaia di soldati su schermo non è che siano 'sta novità, anche se forse non si erano mai visti così ben fatti) prova a battere qualche strada nuova, mette in scena un utilizzo sensato del Sixaxis, regala qualche sporadico passaggio davvero riuscito fino in fondo. Ma la verità è che 'sti Ninja Theory devono ancora mangiarne, di pagnotte.

22.10.07

Crash - Contatto fisico

Crash (USA, 2004)
di Paul Haggis
con Don Cheadle, Matt Dillon, Terrence Howard, Thandie Newton, Michael Peña, Brendan Fraser, Sandra Bullock, Ryan Phillipe


Con tre anni di ritardo e dopo aver visto il successivo Nella valle di Elah a Venezia, finalmente poso gli occhi sul pluripremiato Crash. E trovo un film ben pensato e costruito, con una di quelle sceneggiature "circolari" in cui tutto torna e nulla viene lasciato al caso. Ogni storia in Crash ha una conclusione, ogni personaggio ha un suo senso, tutto è collegato nel grande gioco del caso. Ma è proprio questa perfezione, forse, a far stonare un po' il racconto.

Crash parla del razzismo che si insinua e si radica anche nella più insospettabile delle "vittime", specie in una città come Los Angeles. Parla di società multietnica e di rapporti umani sempre e costantemente sull'orlo dell'esplosione furiosa. E ne parla talmente bene da far sfumare le distinzioni anche per lo spettatore, che spesso, tanto quanto i personaggi del film, fatica a distinguere fra arabo e persiano, fra cinese e tailandese, fra cubano e messicano. Lo fa, però, concentrandosi sul personale, raccontando storie piccole piccole e mescolandole fra di loro in maniera un po' forzata e tendenziosa.

C'è troppo caso, troppa coincidenza, nel portare avanti vicende che al contrario vengono presentate come terra-terra e realistiche e che sono raccontate con uno stile ben lontano dal pomposo e virtuoso surrealismo di un Magnolia. Haggis viaggia su un confine labile, oscilla fra reale e surreale, racconta la cruda quotidianità ma scivola in un buonismo un po' patetico, tira tremendi pugni nello stomaco e poi si scioglie in mediocri sviolinate sotto la neve. E, esattamente come nel suo film successivo, sgrattuggia le palle piazzando sulle immagini finali una retorica lagna al femminile.

Crash non è un brutto film, anzi, ha momenti di ottima scrittura, passaggi evocativi, qualche prova di attore davvero notevole, ma a conti fatti sembra vincere (e aver vinto) più per le intenzioni che per i risultati. Gioca su temi attualissimi e importanti, fa leva sul senso di colpa che qualsiasi (nord)americano sotto sotto prova. Ma si limita a solleticare la piaga, a giocherellarci col ditino. Il coltello, Haggis, non ha proprio le palle di affondarlo.

20.10.07

La settimana a fumetti di giopep - 20/10/2007

Novità
Crisi Infinita ***
Crisi Infinita, letta tutta d'un botto, sinceramente non mi è parsa male come la si dipinge. Certo è una storia tutt'altro che eccezionale, niente più che l'ennesima maxisaga piena di gente che fa a botte, poco più che un Guerre Segrete disegnato meglio. Soprattutto, anche nel confronto con Civil War, paga quella che è poi la differenza più "luogocomunista" fra DC e Marvel, con una storia troppo incentrata sul conflitto di scala cosmica, sulle mazzate universali, sulle divinità assolute, e troppo poco attenta ai personaggi. Un gran caos di eventi e azione, che diverte dall'inizio alla fine, ma tocca davvero pochino il cuore e lo stomaco. Al limite, ci si potrebbe un po' commuovere per le vicende dei personaggi storici, ma si tratta comunque di gente che non calca le scene dagli anni Ottanta (e la cui "vera" vita editoriale risale a ben prima), e francamente mi chiedo perché dovrei essere toccato dai drammi di personaggi per i quali non provo affetto. In compenso, rispetto a Civil War, Crisi Infinita dà più l'idea di una storia fatta e finita. Vero che l'assunto di partenza è basato su altre cinquantamila saghe precedenti e può risultare confuso a chi non le ha lette, vero che vengono appositamente lasciati discorsi in sospeso, ma perlomeno non c'è quell'impressione di coito interrotto lasciata addosso dalla saga Marvel. Che però, tocca ribadirlo, mi è parsa molto più sentita e coinvolgente.

Superman - Crisi Infinita **
Una mezza robetta, una scusa per giocare un po' con la nostalgia sfruttando il caos di universi generato da Crisi Infinita. Inutile.

Batman - Un anno dopo ****
Un nuovo gran bel punto di partenza per il pipistrellone, non a caso scritto da uno sceneggiatore di razza come James Robinson. Personaggi, prima che mazzate, approfondimenti, studio dei rapporti fra i protagonisti e un bel crescendo che porta al ritorno in scena di un vecchio amico e allo stabilirsi di un nuovo status quo. Certo non un capolavoro, ma di sicuro un bel modo per ricominciare dopo Crisi Infinita.

Antiquariato
Superman Family - Ottobre 2005/Marzo 2006 (L.O.) ***
Un cumuletto di storie fra l'inutile e il riempitivo, il cui unico scopo è palesemente quello di aspettare ardentemente l'arrivo della Crisi.

Wonder Woman #220/226 (L.O.) ***
Qui va già meglio, con perlomeno una riuscita analisi delle conseguenze di Sacrifice e del gesto compiuto da Wonder Woman. Ma insomma, si respira la stessa aria di sbaracco che ho visto in tutte le fasi conclusive pre-crisi.

17.10.07

I Fantastici 4 e Silver Surfer

Fantastic Four: Rise of the Silver Surfer (USA, 2006)
di Tim Story
con Ioan Gruffud, Jessica Alba, Chris Evans, Michael Chiklis, Julian McMahon e la voce di Laurence Fishburne


Secondo, inevitabile episodio di una saga che inevitabilmente ne conterà tre, Rise of the Silver Surfer prosegue nel solco tracciato dal capostipite e porta avanti un discorso fatto di comicità leggera e fumettosità spensierata. Tim Story firma un altro film per famiglie, che incita ai valori sani e all'umorismo di grana grossa. Consapevole di stare dirigendo un sequel, perde meno tempo con le introduzioni e i prologhi, concedendosi invece il lusso di un racconto vagamente più ricco e di personaggi un filo più approfonditi.

A guadagnarne sono soprattutto le del resto già ben tratteggiate dinamiche "famigliari" che da sempre caratterizzano le storie degli F4. L'aspetto comico, però, sembra un po' meno riuscito. Non che il primo film fosse esilarante, ma c'era qualche battuta azzeccata, e l'atmosfera solare e il carisma di Chris Evans facevano il resto. Qui Evans, che pure s'impegna, sembra un filo più spento e soprattutto gli sceneggiatori faticano a mescolare lo spirito goliardico della serie con le tematiche più seriose offerte dalla presenza di Silver Surfer e Galactus.

In compenso, si diceva, c'è un po' più storia, si tocca di sfuggita un tema interessante come quello del libero arbitrio e va in scena un personaggio sfolgorante come il surfista d'argento, bellissimo da vedere e, grazie a Laurence Fishburne, pure da ascoltare. Il tutto condito con un gusto per lo spettacolo sicuramente più scatenato. Certo Story non ha e non avrà mai il talento visivo di altri registi che si sono cimentati coi supereroi prima di lui, ma le scene d'azione sono ricche e solide, con effetti speciali particolarmente riusciti e tante belle strizzatine d'occhio per i fan (lo pseudo Super Skrull su tutti). Un'altra scemenzucola, insomma, ma onesta, ben realizzata e (a tratti) divertente.

A margine, il Blu-ray de I Fantastici Quattro e Silver Surfer è pazzesco. Spettacolare per definizione, ricchezza dei colori, pulizia dell'immagine. Non perde un colpo anche nelle scene più complesse, particolarmente scure o invase da effetti speciali. A cercare col lanternino, qualche artefatto si trova di sicuro, ma del pelo nell'uovo faccio a meno. Nettamente la cosa migliore che ho visto in accaddì, anche se in effetti devo dire di averne viste poche.

16.10.07

Forbidden Siren 2

Siren 2 (SCE, 2006)
sviluppato da SCEJ - Keiichiro Toyama


Forbidden Siren 2 è il seguito che tutti vorremmo essere, il figlio che tutti vorremmo avere, il nipote a cui tutti vorremmo raccontare le favole. In un mondo in cui il numero 2 sta a indicare sempre, regolarmente, la stessa roba di tre anni prima, con qualche dettaglio in più, qualche spigolo in meno e un pezzetto di storia appiccicato con lo sputo, Keiichiro Toyama butta lì così, con indifferenza, un sequel come non se ne fanno mai, che rielabora e reimpasta, reinventa e riscrive, lavora di fino e mette a posto. E il risultato, per la seconda volta, è uno fra i più folgoranti esemplari di orrore digitale, affascinante e stupefacente tanto quanto la prima e, vedi un po', sufficientemente gentile da volersi rendere anche più accessibile.

Che poi, intendiamoci, accessibile per modo di dire: se l'unica concezione possibile di gioco horror è costituita da un veloce slalom fra zombi e mostri assortiti, difficilmente si troverà la forza di giocare a Siren 2, tanto quanto non la si trovava col precedente. Certo, avendo voglia di affrontare un gioco vero, invece che uno slideshow di mostri, con Siren 2 si trova un'esperienza dalla difficoltà abbordabile, dal sistema di controllo messo a punto, che chiede impegno e dedizione, ma non porta all'isterica paranoia del primo episodio. A meno che uno non sia masochista e voglia giocarselo al livello di difficoltà più alto, ci mancherebbe.

Siren 2 prende il giocatore per mano e lo strattona violentemente, gli sbatte in faccia dei nemici intelligenti e cazzuti e lo mette, tanto quanto il suo paparino, in una situazione priva di controllio, in balia del male e del destino. Poi, però, con calma e raziocinio, ci si impadronisce del sistema, si colgono le sfumature e, esattamente come nella cittadina di Hanuda, si prende in mano la situazione, rispondendo al male colpo su colpo e arrivando fino a ricacciarlo nell'inferno da cui è uscito.

Tutto questo vivendo un'altra struggente, malinconica, convulsa e perversa storia di morte e malattia a mandorla, forse meno incisiva rispetto a quella del primo episodio, meno capace di toccare i sentimenti con il suo melodramma strappalacrime, ma altrettanto subdola, inquietante, appassionante per il suo lento, schizofrenico, frammentario e sistematico dipanarsi. Ma, ovviamente, Siren 2 non è solo narrazione. Anzi.

Siren 2 è anche e soprattutto un seguito capace di staccarsi nettamente dal predecessore, di evitare il senso di già visto e allo stesso tempo non tradire il succo e la sostanza. Poche, pochissime le missioni che si giocano come quelle di Kyoya Suda e compagni. E se da una parte si sente un po' la mancanza di quello stealth esasperato e di quei complicati e soddisfacenti enigmi, dall'altra c'è la gioia di un'esperienza quasi del tutto nuova.

Nuova nello sfruttare e sviscerare il concetto di Sightjack oltre i suoi limiti, fino ai geniali picchi dei livelli che coinvolgono il mezzo cecato Shu Mikami. Nuova nel dare fin da subito ai personaggi la capacità di difendersi, rispondere e reagire (talvolta anche con la brutalità delle forze armate), mettendoli però comunque in situazioni limite fatte di pericoli annidati nel profondo, di accompagnatori indifesi da salvare, di misteri nascosti da svelare.

Nuova, come detto, nella scelta di accogliere con più generosità il giocatore, salvando e memorizzando a ogni respiro qualsiasi progresso compiuto, rendendo la morte un evento più raro e strettamente legato agli errori di chi gioca. Ma, siccome bastardi ci si nasce e ci si rimane, non mancano le sferzate di crudeltà, sotto forma di caos svolazzante che non illustro per non svelare brani di racconto, ma che i coglioni, a tratti, li rompe per davvero (e posso solo immaginare che spina nel fianco sia a livello Hard).

Forbidden Siren 2, insomma, è un altro gioiello, adorabile anche e soprattutto per la sua imperfezione. Meno sporco, rozzo e geniale del predecessore, ma altrettanto convincente nella sua schizofrenica ricerca dello spiazzante, del nuovo e del diverso. Esplora confini ignoti sul piano ludico e narrativo, osa battere piste che altri manco potrebbero immaginare, innova come quel coglione di David Cage non sarebbe mai in grado di concepire. Merita rispetto e adorazione, perché di roba così ce n'è proprio pochina.

P.S.
Forbidden Siren 2 è talmente cazzuto e avanti che si vede bene pure sul plasma 50 pollici con collegamento scart. Immagino accada grazie al meraviglioso stile grafico, fatto di texture talmente belle da mozzare il fiato, nebbia inesorabile, rumore video e retini. Non si capisce dove finisca lo stile e dove cominci l'artefatto, ma perlomeno non si ha l'impressione di vomito che altri giochi invece danno sulle TV della next generaziòn. La confezione "sacca di sangue", invece, è una roba per la stampa. Chi non ce l'ha, rosichi pure.

15.10.07

La settimana a fumetti di giopep - 15/10/2007

Novità
Abara #2 ***
Oh, non c'è niente da fare, io Tsutomu Nihei proprio non lo capisco. Non è che non mi piaccia, non posso dire che non mi piaccia, perché i disegni sono spettacolari e nelle sue tavole c'è sempre un'atmosfera incredibile, però proprio non capisco di che cazzo parli. Non riesco a seguire le sue storie, mi distraggo, mi perdo nelle vignette, non so che succeda e mi limito a sfogliare guardando le figure. Sarà un limite mio, immagino.

Dampyr #88/90 ***
L'ennesima, solida, divertente, prevedibile, storia di Dampyr, che sfrutta abbastanza bene lo "spargimento" su tre numeri e si mantiene sui livelli a cui la serie di Mauro Boselli ci ha abituato. Per l'ennesima volta, però, ho l'impressione di leggere una storia che con la vecchia impostazione bonelliana sarebbe stata lunga due albi e mezzo e ci avrebbe risparmiato qualche lungaggine di troppo.

Lone Wolf & Cub #25 ****
Ormai ho finito gli aggettivi per descrivere la potenza evocativa e la solidità narrativa con cui ogni mese questa saga riesce a stupirmi. Una lettura imprescindibile per qualsiasi appassionato di fumetti, a maggior ragione se interessato al fascinoso Estremo Oriente che fu.

Antiquariato
Superman Family - Novembre 2003/Agosto 2005 (L.O.) ***/****
Ancora alti e bassi, finalmente più i primi che i secondi, in quasi due anni di storie del frolloccone in pigiama blu e mantello rosso. Nel mucchio, tre saghe per certi versi molto importanti. Godfall racconta un nuovo viaggio nella "pseudo Krypton" e lascia il segno quasi solo per la nascita di un villain che diventerà poi fondamentale. For Tomorrow è il tentativo di replicare il successo ottenuto su Batman con Hush (Jeph Loeb/Jim Lee), mettendo al lavoro Brian Azzarello e Jim Lee. I risultati non sono disprezzabili per temi e idee, ma faticano a "tenere" l'esorbitante lunghezza (tanto quanto Hush, comunque). Decisamente meglio That Healing Touch, che si inserisce nel filone "identità segrete, dubbi esistenziali, dilemmi morali" che fa tendenza nella DC degli ultimi anni con un'intreccio intrigante ed efficace. Decisamente buona, come quasi tutte le storie che mettono in crisi l'azzurrone non per mano di semidei incazzati, ma di nemici che lo colpiscono dove fa più male, negli affetti.

Day of Vengeance (L.O.) ****
Rann-Thanagar War (L.O.) ***
Sacrifice (L.O.) ***
The Omac Project (L.O.) ***
The Return of Donna Troy (L.O.) **
Villains United (L.O.) **
Un bel cumulo di "prologhi" per Infinite Crisis. Day of Vengeance mi è parso il più riuscito, con personaggi ben caratterizzati e un intreccio appassionante. Del resto, è scritto da Bill Willingham, mica l'ultimo dei fessi. Se c'è un volume da consigliare fra questi, è sicuramente lui, anche se a conti fatti solo The Return of Donna Troy e Villains United sfiorano davvero l'illeggibilità.

13.10.07

Superman Returns

Superman Returns (USA, 2006)
di Bryan Singer
con Brandon Routh, Kevin Spacey, Kate Bosworth, James Marsden, Parker Posey, Frank Langella, Sam Huntington, Marlon Brando


Rivisto a oltre un anno di distanza dalla prima volta, Superman Returns appare ancora più solido e convincente nella sua natura di film fuori dal coro della bolgia di supereroi cinematografici degli ultimi anni. Fuori dal coro perché lontano da tanti suoi "colleghi", compresi i due X-Men firmati dallo stesso regista, nella concezione, nelle intenzioni, nello stile. Singer dà fondo a tutto il suo talento visivo e mette in scena un personale e sentito omaggio a due pellicole del passato, senza per questo rinunciare alla modernità e alla sua personalità.

Superman Returns è infatti un colossale inchino nei confronti dei film di fine anni Settanta cui fa da seguito e riesce incredibilmente bene a replicarne cifra stilistica, tempi narrativi, umorismo. Gli attori, tutti nuovi a parte un Marlon Brando d'archivio, si calano alla grande nei panni di chi sostituiscono, le musiche riarrangiano temi noti, le scene clou ricalcano quelle già viste a suo tempo e lo stesso intreccio ricorda in più punti gli sviluppi del primissimo episodio di Richard Donner.

E se da una parte tutto ciò potrebbe essere visto come un evidente limite, dall'altra ci regala un film fuori dal tempo, quasi classicheggiante, che rifiuta le derive cupe e adolescenziali e regala invece una storia intensa, toccante, dai ritmi pacati e avvolgenti. E Singer non si fa da parte, anzi, marchia comunque a fuoco la pellicola col suo stile, la sua cura per l'immagine, la sua capacità di dare vita ad affreschi affascinanti ed evocativi.

Superman Returns è un film che non si svende ai fan e non si stupra per infilare nelle sue oltre due ore più personaggi possibile, ma allo stesso tempo mostra amore e rispetto per il personaggio. E ovviamente l'appassionato scassacazzo si inacidisce spaccando il capello in quattro e non riesce a godersi le tante, piacevolissime proprio perché tutt'altro che didascaliche, strizzatine d'occhio. Non riesce a godersi un film che ha il coraggio di prendersi i suoi tempi e raccontarsi col giusto ritmo, che sa essere spettacolare su sequenze come quella dell'aereo e toccante nel dipingere lo sguardo pacioccoso del bimbo di Lois Lane, il senso di non appartenenza del figlio di Krypton, la meraviglia negli occhi dell'uomo comune di fronte a un alieno svolazzante. E che, cosa non da poco, ha il coraggio di mettere in scena un finale quasi minimalista, senza travolgenti picchi d'azione, tutto incentrato sui personaggi.

A margine, il Blu-ray di Superman Returns fa un po' cacare. Forse non tanto quanto alcuni sostengono, anche perché i problemi mi sembra possano essere assai limitati smanettando un po' su contrasto e luminosità, ma certo tutta quella grana sulle tante immagini cupe e tutti quei fastidiosi artefatti nelle sequenze subacquee dan fastidio.

12.10.07

28 settimane dopo

28 Weeks Later (UK, 2007)
di Juan Carlos Fresnadillo
con Imogen Poots, Mackintosh Muggleton, Robert Carlyle, Jeremy Renner, Rose Byrne, Catherine McCormack, Harold Perrineau


Sono trascorse ventotto settimane da quando una mutazione del virus della rabbia ha messo in ginocchio l'Inghilterra, trasformandone parte della popolazione in orde di furiosi cannibali decerebrati e la rimanenza in carne da macello. In questo periodo gli infetti hanno finito per ritrovarsi senza cibo e morire lentamente di fame, mentre qualche sopravvissuto campava di stenti asserragliato in giro per la nazione. Ora è il momento di ricostruire, ripopolare, ripulire, a cominciare ovviamente da Londra. Purtroppo, però, qualcosa va storto e il virus torna a fare capolino.

Nel dare un seguito a 28 giorni dopo, Juan Carlos Fresnadillo decide di dare alla serie una certa coerenza stilistica e visiva, abbassando però di una tacca le pretese autoriali. Ne esce fuori un film sicuramente meno ambizioso del precedente, ma anche in grado di evitare l'insopportabile deriva fighetta della pellicola di Danny Boyle. E che a conti fatti finisce per essere un decisamente più riuscito film di genere in senso stretto.

Fresnadillo punta al sangue e alle viscere, apre con un incipit strepitoso per capacità di travolgere lo spettatore e, dopo aver impiegato il giusto tempo per piazzare le sue pedine, scatena il caos. E lo fa in una desertica Londra che non sfigura di fronte a quella, già spettacolare, di Danny Boyle, aggiungendo però una colonna sonora molto più azzeccata, evitando la deriva moralista e qualunquista messa in scena dal suo predecessore e concedendosi comunque qualche frecciatina politica, con un non troppo velato rimando alle supposte guerre intelligenti.

Efficace la regia, che sconfina nella fin troppo diffusa usanza di girare scene d'azione "traballanti" in cui non si capisce niente ma, una volta tanto, lo fa in un contesto adatto, mostrando soggettive di persone in preda al panico, travolte da terrificanti eventi e incapaci di dare qualsiasi risposta che non sia la fuga.

Insomma, un buon horror, solido, sanguinario, emozionante, con un prologo meraviglioso, qualche idea particolarmente riuscita (la discesa lungo le scale in metropolitana, per esempio) e un ritmo incalzante, capace di far passare sopra a un paio di forzature davvero stonate dello script e a un finale che poteva essere risolto in maniera meno frettolosa.

2.10.07

I Simpson - Il film

The Simpsons Movie (USA, 2007)
di David Silverman
con le voci di Dan Castellaneta, Julie Kavner, Nancy Cartwright, Yeardley Smith, Hank Azaria, Joe Mantegna, Albert Brooks


Amo la comicità dissacrante, citazionista e demenziale lanciata a suo tempo da I Simpson e poi ripresa in mille altre vie dai vari South Park, Griffin e compagni, ma allo stesso tempo digerisco a fatica l'infinita ripetizione dei tormentoni e la deriva buonista che queste serie tendono a subire col tempo. Il risultato è che, pur gustandomi sempre con piacere l'episodio beccato a caso zappando, non ho mai seguito la serie di Matt Groening con regolarità e certo non lo faccio oggi che siamo addirittura alla diciannovesima stagione (gli oltre quattrocento episodi rappresentano un record assoluto per una produzione americana, anche se impallidiscono di fronte agli oltre mille di Doraemon).

Forse questo mi pone nella condizione di non potermi gustare a fondo una parte delle trovate umoristiche inserite nella prima avventura cinematografica simpsoniana, ma allo stesso tempo mi fa schivare la sensazione di già (troppo) visto, di puntatone. Perché questo The Simpsons Movie probabilmente un puntatone lo è eccome, con la classica deriva da "I Simpson salvano il mondo" che sembra impossibile evitare in produzioni del genere.

Però è anche e soprattutto un film divertente e ritmato, con parecchie trovate esilaranti, invenzioni gustosissime (le sovraimpressioni, la pesca, il porcello...), trovate intelligenti e un bel mix di comicità "bassa" e strizzatine d'occhio più ricercate. Sulla distanza dà un po' l'impressione di non tenere bene la lunga durata e ci si chiede se la canonica ora e mezza cinematografica non manchi il vaso, ma nel complesso non ci si può lamentare.

1.10.07

Shinobi III: Return of the Ninja Master

The Super Shinobi II (Sega, 1993)
Sviluppato da AM7


Revenge of Shinobi (o Super Shinobi che dir si voglia) è stato senza dubbio uno dei miei giochi preferiti su Sega Megadrive. Giocato e rigiocato fino allo spasimo, finito mille volte in entrambi i modi possibili (durante lo scontro decisivo si doveva anche tentare di salvare la donzella in pericolo, e non era automatico riuscirci), imparato piano piano a memoria in ogni suo aspetto. Era un gioco strepitoso, impegnativo ma quasi mai frustrante, lungo e vario, bello da vedere e, grazie alle splendide musiche di Yuzo Koshiro, meraviglioso da ascoltare. E in più aveva il fascino di un delirio pop, che portava il ninja Joe Musashi a combattere con nemici ispirati a Batman, l'Uomo-Ragno, Terminator, Hulk e perfino Godzilla. Riesce Shinobi III (o Super Shinobi II) ad essere un seguito all'altezza di tanta gloria? Nì.

Di sicuro ci riesce dal punto di vista della grafica, spettacolare davvero come in poche altre prestazioni del Megadrive. Del resto, stiamo parlando di un gioco del 1993, e si vede. In compenso, tanto splendore è messo al servizio di un design e uno stile meno vezzoso e schizoide rispetto al predecessore, più incalanato sui binari del già visto. Insomma, se il massimo che ci si riesce a inventare per dare un seguito ai variopinti avversari di Revenge of Shinobi è un Godzilla in versione Mecha, beh, qualcosa non va.

E non va bene nemmeno la colonna sonora, spenta e mediocre, a parte un paio di spunti interessanti sparsi in giro: certo l'assenza di Koshiro si sente tutta. Nemmeno aiuta il fatto di aver eliminato la presenza della figliuola da salvare, che tinteggiava di romantico le seriose atmosfere del precedente episodio. Ma se sotto tutti questi aspetti il gioco delude un po', nella sostanza si tratta al contrario di un signor seguito, tanto piacevole e divertente che molti lo ritengono il migliore della serie, oltre che - e su questo c'è poco da discutere - l'ultimo Shinobi davvero riuscito fino in fondo.

Tanti sono i nuovi elementi di gioco, dalla corsa alle nuove tecniche aeree, passando per la parata e il salto sul muro, e a guadagnarne sono soprattutto la varietà e la complessità dell'azione. Grazie anche ai livelli speciali a cavallo e in surf, ci sono più cose da fare e c'è parecchio da divertirsi, anche se in questa fiera della novità stupisce un po' ritrovarsi con esattamente le stesse quattro magie del secondo episodio e nessun tipo di novità sul piano delle armi.

Scavando in Rete ho scoperto l'esistenza di ben due versioni beta mai pubblicate, nella prima delle quali si vedevano livelli diversi, trovate di gioco poi scomparse e magie supplementari. Forse, viste le tante novità comunque introdotte, si decise di rimanere prudenti e non esagerare, ma il risultato è che quello che comunque rimane un gran gioco sembra anche un'occasione per puntare al capolavoro un po' buttata via.

Comunque, visto anche il dubbio di essere pesantemente influenzato nel giudizio dalla nostalgia e dai ricordi, è abbastanza inutile stare a discutere su quale dei due episodi sia migliore, anche perché la Virtual Console ne offre solo uno. Ciò che conta è che Shinobi III, se interessano il genere e l'esperienza retro, è l'ennesimo titolo Megadrive a meritarsi tutti i punti Wii che costa.

 
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