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22.7.15

La ragazza che sapeva troppo


The Girl With All the Gifts (GB, 2014)
di M.R. Carey

Mike Carey fa parte dell'ondata di scrittori britannici che hanno invaso il mondo del fumetto a stelle e strisce nello scorso decennio e, sebbene non goda della fama che ha toccato altra gente, ha firmato un sacco di roba dal discreto spessore e ha comunque piazzato il colpaccio con Lucifer, serie Vertigo mica male che l'anno prossimo arriverà anche in TV, dando probabilmente vita alla versione 2016 di Constantine (nel senso di adattamento problematico, ma in fondo abbastanza riuscito, che però finisce nell'oblio perché non lo guarda gente a sufficienza). Parallelamente alla sua attività fumettistica, Carey s'è creato anche una carriera da romanziere che per qualche motivo sceglie di firmarsi col doppio nome puntato. Ultimo frutto del lavoro di M.R. Carey è l'ottimo La ragazza che sapeva troppo, fra l'altro possibile candidato al ruolo di nuovo colpaccio, dato che è previsto per l'anno prossimo un adattamento cinematografico con protagonista la nostra amica Gemma.

La nostra amica Gemma festeggia l'ingaggio.

E di che parla, La ragazza che sapeva troppo? Beh, innanzitutto non parla di una ragazza che sapeva troppo, anzi, parla di una ragazza che sapeva troppo poco. O almeno così mi è parso. Ma non stiamo qua a fare i pignoli sui titoli italiani. Diciamo che per molti versi è una storia di zombi, anche se siamo più in zona 28 giorni dopo che altro, quindi con gente infettata da una qualche forma di malattia, incapace di intendere e di volere, preda di fame rabbiosa e incontrollabile. Non sono morti rimessi in piedi, anzi, sono in piena forma e corrono come matti. Il fascino del libro, però, non sta necessariamente in questo, anzi, dal punto di vista dell'azione "zomba" si percorrono strade abbastanza classiche, fra l'altro virate più verso l'azione che l'orrore. L'aspetto interessante, al di là della scrittura solida e molto scorrevole, sta più che altro nella bambina del titolo e in tutto ciò che comporta dal punto di vista delle tematiche affrontate e degli spunti che ne vengono fuori. Quindi, ecco, diciamo che se vi piace questo genere di storie, il mio consiglio è di fermarvi qui e dargli una chance. Il prossimo paragrafo è per chi vuole saperne di più.

Pronti?

Al centro del romanzo c'è Melanie, una bambina di dieci anni ossessionata dal mito di Pandora, che ha scoperto grazie alle lezioni scolastiche della sua maestra di scuola elementare (che nel film sarà Gemmona). E chiaramente è tutto un gioco di allegorie e metaforoni, dato che Melanie ha la sfortuna di far parte di un gruppetto di bambini "privilegiati": sono degli infetti che per qualche motivo sembrano aver conservato l'intelletto, pur essendo preda della fame rabbiosa di cui sopra, e che vengono quindi tenuti prigionieri in una base militare, immobilizzati a dovere, studiati nella speranza di trovare un antidoto, graziati da un pizzico di umanità per mezzo delle lezioni tenute dalla maestra. Da questo spunto iniziale ha inizio un racconto che abbraccia svariati cliché del genere, ma riesce a rielaborarli in maniera intelligente, affrontando temi interessanti, parlando di famiglia, di ciò che può essere lecito o meno fare in termini di sperimentazione, di possibili evoluzioni sociali e, in un certo senso, mettendo in scena la più classica delle storie di formazione. Solo che a formarsi è un zombi. Anzi, un infetto. Ed è davvero una lettura gradevole, che non ti cambia la vita, per carità, ma riesce comunque a dire qualcosa di originale, con una sua forte personalità, in un genere abusato.

L'ho letto un mesetto fa in ebook e in lingua originale, che per inciso m'è parsa accessibilissima. L'edizione italiana è pubblicata da Newton Compton Editori.

12.7.15

Lo spam della domenica pomeriggio: Oh, fa freddo!


Pare incredibile, ma da queste parti è tornato il fresco. Roba da matti! Ad ogni modo, questa settimana su IGN abbiamo l'Indiegram in cui parlo di Adventures of Pip, Three Fourths Home: Extended Edition e Mighty Switch Force! Hyper Drive Edition per PC, ma anche uno speciale dedicato all'apparizione di Shigeru Miyamoto e dei suoi minion al Japan Expo e pure il nuovo Dite la vostra. Su Outcast, invece, abbiamo il nuovo Podcast del Tentacolo Viola, il nuovo Outcast Popcorn, il Librodrome dedicato a Bedlam e l'Old! sul luglio del 1985. Frechete!

Sembra essere finito il momento di inferno a Parigi. Incrocio i diti.

8.7.15

A Brief History of Seven Killings


A Brief History of Seven Killings (USA, 2014)
di Marlon James 

Spesso mi capita di provare a leggere, giocare, guardare, assaggiare cose senza saperne sostanzialmente nulla, se non che Tizio e Caio ne hanno parlato in maniera positiva. Mi fermo lì, non approfondisco, non sto neanche a leggere o ascoltare quel che hanno detto al riguardo: mollo tutto, recupero l'oggetto in questione e, dopo averlo consumato, torno a recuperare l'opinione di turno. Del resto, se da un lato vivo in maniera molto serena il concetto di spoiler e non mi inquieto quando qualcuno mi svela qualcosa, dall'altro, se già ho deciso che una cosa mi interessa, non vedo motivi per andare a cercarmeli (gli spoiler, dico). Ed è più o meno così che sono finito su A Brief History of Seven Killings: senza saperne nulla, senza conoscere i lavori precedenti del suo autore, solo perché due tizi (Andy Greenwald e Chris Ryan, nello specifico) ne avevano parlato distrattamente nel loro podcast. Oh, funziona così, che ci posso fare.

Mi sono quindi improvvisamente ritrovato a leggere settecento pagine (sì, il titolo è un po' una battutona) di romanzone giamaicano, così, come se niente fosse, portandomele dietro per aerei e ringraziando il cielo per la decisione di comprarle in formato ebook. Ne è valsa la pena? Decisamente, anche se non è stata una lettura semplice. A Brief History of Seven Killings racconta la storia del tentato omicidio di Bob Marley (anche se non si fa mai riferimento diretto a lui, viene sempre chiamato "il cantante") e le sue conseguenze immediate, sfruttando questo spunto per mettere nero su bianco la Giamaica degli anni Settanta e dei primi Ottanta, vittima di spietate macchinazioni politiche e preda di un'escalation di violenza e criminalità. È uno scenario complesso e per molti versi alieno, che viene raccontato tramite alcuni episodi specifici e, soprattutto, dando spazio a diversi punti di vista, con voci sensibilmente differenti fra loro.

E infatti il secondo motivo di fascino del libro, dopo appunto il racconto di un luogo e un'epoca ormai lontanucci, sta nella bravura pazzesca con cui Marlon James riesce a dar vita a tante personalità diverse, caratterizzandole tutte a meraviglia, appoggiandosi sull'allucinante parlata giamaicana per alcuni personaggi e tirando fuori un racconto complesso, articolato, che s'arrotola sulle sue mille voci. Ogni tanto s'ingolfa in una certa pesantezza, ma quando esplode in quegli improvvisi raptus di violenza, quando lascia spazio alla forza dei suoi personaggi femminili, quando butta lì pezzi di bravura pazzeschi nel raccontare alcune morti (ben più di sette, per altro), beh, diventa una lettura trascinante e irresistibile, che mescola in maniera perfetta invenzioni e realtà.

Da quel che vedo, nessun romanzo di James sembrerebbe essere stato tradotto in italiano. Di certo, adattare la follia linguistica rappresentata dalle parti scritte in giamaicano dev'essere un bel casino. Ed è anche un bel casino leggerle, a tratti, va detto. La HBO ha acquistato i diritti per tirarne fuori una serie TV: ce la potremmo cavare direttamente così, dai.

7.6.15

2.5.15

La robbaccia del sabato mattina: Non fa ridere


Dunque, questa cosa imbarazzante qua sopra dell'adolescente tutto matto che si scrive "Damaged" sulla fronte è la prima foto diffusa del Joker di Jared Leto in Suicide Squad. Poi sono anche spuntate le dichiarazioni stile "Ma no, scherzavamo", quindi suppongo sia un'ipotesi di look, omaggio, vai a sapere, whatever. A me sembra che 'sti film della DC siano un po' in preda alla confusione, ma per carità, posso sbagliarmi. A questo indirizzo, fra l'altro, ci sono delle foto di Will Smith vestito da pappone sul set. Bello. Andiamo coi trailer.



Questo è Irrational Man ed è l'ennesimo film di Woody Allen. A guardare il trailer sembra in effetti esattamente quello, l'ennesimo film di Woody Allen. Che poi, in linea di massima, è una roba che io guardo sempre con piacere. Specie poi se ci sono Emma e Gioacchino, figuriamoci.



Legend, Tom Hardy che fa il gangster nelle mani di Brian Helgeland. Ci sto. Anche se ultimamente "Tom Hardy" non è che sia necessariamente garanzia di filmone.



The Last Witch Hunter, ovvero Vin Diesel che si fa riprendere dal delirio nerd che un tempo diede vita a The Chronicles of Riddick e si lancia in un film in cui può agitare lo spadone come faceva nella sua testa quando da giovane, fra una serata da buttafuori e l'altra, giocava con gli amici a Dungeons & Dragon. Non so se essere fiducioso, di sicuro sono curioso.



Jonathan Strange & Mr Norrell, la serie TV ispirata all'omonimo romanzo. Mi sembra prometta bene, anche se onestamente io del libro non ricordo praticamente nulla, se non che m'era moderatamente piaciuto. Boh, vediamo. Tanto le serie televisive britanniche son tutte belle, no?





Ho visto il nuovo film degli eroi Marvel in pigiama e, oh, secondo me è il miglior film degli eroi Marvel in pigiama. La fila per crocifiggermi parte là in fondo.

21.4.15

Scribe


Scribe (USA, 2014)
di Bob Ryan 

Bob Ryan è un giornalista sportivo americano, nato a Trenton, nel New Jersey, poco meno di settant'anni fa. In pensione dal 2012, continua a manifestarsi saltuariamente su riviste, quotidiani e trasmissioni televisive assortite, forte della sua esperienza enciclopedica, del suo bagaglio da storico dello sport e della sua profonda conoscenza di pallacanestro, baseball, varie ed eventuali. E io so a malapena chi sia. Sicuramente mi sarà capitato di vederlo apparire in qualche trasmissione televisiva americana o di leggere qualche suo articolo in giro per l'internet, ma da qui a conoscerne realmente il nome ci passa il fatto, presumo, di vivere dall'altra parte del pianeta. Epperò, qualche tempo fa ho ascoltato un episodio del B.S. Report di Bill Simmons in cui era ospite, chiacchierava dell'evoluzione del giornalismo nel corso dei decenni e, ovviamente, promuoveva il suo nuovo libro. Conseguenza? Ho comprato il libro. Ho fatto bene? Ho fatto bene.

Scribe è il classico libro da giornalista sportivo che si guarda alle spalle e ripercorre la propria vita, la sua carriera, le mille esperienze, cercando di utilizzarle come pretesto per parlare delle diverse epoche che ha attraversato. Ne vengono fuori oltre trecento pagine scorrevoli, affascinanti, in cui si percepiscono chiaramente il suo amore per lo sport e la passione, il rispetto, l'attaccamento alla professione cui ha scelto di dedicarsi. Ryan salta di qua e di là, raccontando gli inizi della sua carriera e i legami stretti con i campioni del passato in un periodo nel quale l'accesso agli atleti era vissuto in maniera totalmente diversa rispetto a oggi, andando a percorrere un po' tutta l'evoluzione del mestiere di giornalista sportivo dagli anni Sessanta a internet.

Nel farlo, racconta aneddoti deliziosi, ricorda i suoi rapporti - non sempre e non necessariamente amichevoli - con la gente di cui parlava come "columnist" e butta lì riflessioni, opinioni, approfondimenti su tanti avvenimenti sportivi ormai storici, oltre che su qualche argomento anche più di attualità, tipo la carriera in divenire del caro Lebron. Chiaramente, a leggerlo da questa parte dell'oceano, è difficile cogliere tutta una serie di riferimenti al giornalismo sportivo americano, ma rimane comunque il fascino di leggerli raccontati, al di là del fatto che per la maggior parte del libro Ryan parla soprattutto degli sport che ama. Poi, certo, bisogna essere interessati perlomeno a quegli sport, ma insomma, mi pare anche il minimo. Consigliato, assolutamente, a chi ama lo sport americano e anche a chi ama un certo tipo di giornalismo.

Il libro è disponibile solo in lingua inglese e dubito ci sia una anche vaga possibilità di vederlo tradotto in italiano. Magari sbaglio, eh. Vai a sapere. lo si trova comunque su Amazon in un po' tutte le forme: cartonato, brossurato, Kindle, perfino audiolibro!

7.4.15

Fight Night


Fight Night (Italia, 2014)
di Stefano Trucco

Allora, full disclosure: conosco Stefano Trucco, autore di Fight Night. Oddio, poi, "conosco", non siamo esattamente amici per la pelle, anche se il giorno in cui ci siamo incontrati abbiamo quasi condiviso la frittura di pesce. No, non è vero, io mangiai cacciucco, lui non so cosa, ma insomma, non importa. Il punto è che lo conosco. Faceva parte della compagnia di sciamannati di it.arti.cinema e ne fa parte tutt'ora nella sua (re)incarnazione sotto forma di gruppo su Facebook. Ci siamo visti dal vivo due o tre volte, abbiamo chiacchierato e continuiamo a chiacchierare online e mi ha perfino infilato nel gruppo di quelli a cui ha fatto leggere in anteprima qualche pagina del romanzo (ma non di quelli a cui ha fatto leggere il romanzo intero, cosa che magari potrebbe definire in quale fascia sociale all'interno delle sue cerchie vado ad inserirmi). Fatto sta che quando, a cavallo fra 2013 e 2014, ha partecipato al programma televisivo Masterpiece, mi sono trovato per la prima (e ultima? Vai a sapere!) volta in vita mia a seguire un reality show con una mia conoscenza fra i partecipanti. O a seguire proprio un reality show in generale, a dirla tutta. E a tifare! Caspita, la tensione! No, sul serio, non sto mica scherzando. Ero gasatissimo. Stefano, col suo fare un po' bizzarro, è arrivato più o meno fino in fondo, anche se poi ha preso gli schiaffi in finale classificandosi terzo, ma ottenendo comunque di vedere pubblicato il suo primo romanzo. Hai detto niente.

E quindi, durante il passaggio milanese delle scorse ferie natalizie, mi sono intrufolato da Feltrinelli, ho tormentato una commessa perché mi scovasse il libro in mezzo alla ressa violenta delle feste e ne ho comprato addirittura due copie (delle tre presenti a scaffale), così potevo smollarne una ai suoceri. Perché dico tutto questo? Perché, oh, appunto, full disclosure, la simpatia nei confronti di autore e libro non si può negare, magari il mio giudizio è un po' di parte. Però non è che non mi sia mai capitato di trovare pessima roba di gente che conosco. A volte perfino roba di gente che conosco e che mi sta simpatica. E invece Fight Night mi è piaciuto, mi ha divertito e mi ha acchiappato dall'inizio alla fine, pur con qualche alto e basso, soprattutto grazie alla scrittura davvero scorrevole, ai dialoghi sempre frizzanti ed efficaci, che per altro faccio fatica a non ricollegare almeno in parte alla passione per il cinema che condivido con Stefano, anche se lui è ben più enciclopedico di me (e mica solo sul cinema).

Fight Night è un bel romanzo a sfondo sportivo, che racconta la storia di due lottatori destinati a sfondarsi di schiaffi e si diverte ad alternare punti di vista, stili di narrazione, modi di esprimersi, riuscendo a costruire un mondo affascinante, credibile, pieno di personaggi magari un po' sagomati di cartone, ma che riescono ad essere gustosi e a funzionare. Ci sono molti cliché, ma vengono anche evitati quelli più forti e comunque, alla fin fine, le storie sportive vivono proprio di cliché usati bene. In più, viene raccontato un mondo pieno di vita, sanguinario, palpitante, che ogni tanto parte per la tangente, ma riesce a trovare momenti davvero azzeccati. L'incontro, poi, è lungo, doloroso, spettacolare e, per quel che ne capisco, anche piuttosto realistico. Insomma, è un libro d'azione, un romanzo pop, strapieno di riferimenti culturali e sociali usati non un tanto al chilo, ma anzi con notevole padronanza. Ha un'anima sincera, ricca, meno banale di quanto certi aspetti un po' rozzi possano far pensare. Ed è divertente. Ci vuole, ogni tanto, un libro capace di essere semplice e divertente senza ridursi ad essere monnezza senza senso. Tipo, che so, quella di Dan Brown. Maledetto Dan Brown. Ancora me lo sogno la notte, quel maledetto criptocoso.

Fun Fact: il titolo è efficace, ma se lo cerchi su Google non si rivela essere esattamente una scelta furbissima.

6.4.15

Pulizie di primavera 2015


Con questo post inauguro una nuova rubrica del blog di cui non si sentiva il bisogno. Di cosa non si sentiva il bisogno? Del post? Della rubrica? Del blog? Di tutti e tre? Vai a sapere. Comunque, il punto è che io ho la malsana abitudine di creare una bozza qua su Blogger per praticamente ogni cosa che guardo, leggo, gioco, whatevero, e di cui non sappia già che scriverò altrove, solo che poi mi lascio dietro le macerie, dato che mica ho il tempo e la voglia di scrivere d'ogni cosa. E quindi da adesso mi pongo il limite: quando arriva Pasqua, braso tutte le bozze avanzate dall'anno precedente e scrivo questo post cumulativo in cui, giusto per sentirmi meno in colpa nei confronti delle mie ossessioni compulsive, scrivo almeno due righe per ogni cosa che braso. Dall'anno prossimo me la sbrigherò più in fretta, perché sul fronte dei film potrò risparmiarmi la fatica e limitarmi a linkare la pagina delle mie recensioni su Letterboxd, dove scrivo per l'appunto almeno due righe su ogni cosa che guardo. Quest'anno invece viene più lunga, perché letterboxd lo uso da gennaio. E quindi eccoci qua, procediamo con il post riassuntivo della roba consumata l'anno scorso ma di cui non ho scritto da nessuna parte, né qui né altrove. Serve più a me che a chi legge, probabilmente. Ma, ehi, il blog è mio ecc...


Videogiochi che ho giocato nel 2014 ma dei quali non ho scritto e a conti fatti non ho voglia di scrivere

Resident Evil: Revelations [3DS]
Il trionfo dell'inutilità mediocre. Lo spacciano per chissà quale ritorno ai vecchi survival horror di 'sta fava, tutto atmosfera, ansia, tensione, bla bla bla, con un level design labirintico e poca azione. Poi lo giochi e il ritmo spezzettato da console portatile è il trionfo del tedio prevedibile, ha tre sequenze in croce con un minimo di atmosfera, si passa quasi tutto il tempo a sparare cannonate, ci sono momenti stile orda ogni tre passi, la storia fa cacare anche per gli standard di Resident Evil, i personaggi cretini che dicono scemenze ammazzano la voglia di vivere e il level design labirintico è una mappa con quattro incroci nella quale sei costantemente guidato su dove andare. Resident Evil 6 magari è uscito peggio e sicuramente c'ha una direzione schizofrenica, ma perlomeno prova a scombinare le carte e, gioco d'azione per gioco d'azione, ha un sistema di combattimento ravvicinato divertente. Lo so, parere impopolare. Amen.

Hotline Miami [PC]
Capolavoro pazzesco di design audiovisivo e gioco d'azione tattica divertentissimo. Magari è discutibile il modo in cui son realizzati un paio di boss, ma per il resto è un tripudio di piacere sensoriale e giocherelloso. Non mi si venga a parlare di grande riflessione sulla violenza nei videogiochi, però, ché veramente è una pezza attaccata col nastro adesivo sul finale.

Dyad [PS3]
Un delizioso gioco di quelli tutti bizzarri dalla forte componente sonora in cui, quando ci prendi la mano, si crea tutto un delirio audiovisivo da trip sensoriale. Veramente sfizioso e oltretutto basato su delle meccaniche di base a modo loro anche abbastanza originali.

Impossible Road [Galaxy S II]
Giochino semplice semplice e difficile da far schifo per partite veloci mentre aspetti l'autobus. Abbandonato abbastanza in fretta, devo dire.

Threes! [Galaxy S II]
È stato per tanto, tanto tempo il mio gioco d'elezione per le cacate, le attese improvvise, i momenti in cui non c'avevo niente di meglio da fare che pasticciare un po' col telefono. Fantastico.

Desert Golfing [Galaxy S II]
Ha sostituito Threes!

Monument Valley: Forgotten Shores [Galaxy S II]
Ho scritto di Monument Valley a questo indirizzo qua. L'espansione aggiunge altri livelli, altrettanto belli e anzi piuttosto interessati per le piccole novità che vanno ad inserire. Costa uno scaracchio, se vi lamentate non siete benvenuti da queste parti.

Flappy Bird [Galaxy S II]
Una robetta anche piuttosto raffazzonata, ma simpatica e da cui fu purtroppo difficile staccarmi.

Plague Inc. [Galaxy S II]
La simulazione del morbo della morte. Spettacolare, divertentissima, piena di opportunità, a dirla tutta forse fin troppo profonda, per gli sforzi che ultimamente mi sento di dedicare al gioco su smartphone.

Thomas Was Alone [PS Vita]
Un platform/puzzle game simpatico, intrigante, con diverse situazioni di gioco azzeccate, senza però che sia esattamente un trionfo di furioso gameplay sparato a mille. Solo che poi c'è la componente narrativa, secondo molti specchietto per le allodole, secondo me elemento fondamentale di quel che è Thomas Was Alone. E deliziosa.


Film che ho rivisto nel 2014 e che non m'hanno scatenato il post

True Lies
Divertentissimo, certamente un mito della mia adolescenza, ancora spettacolare sotto molti punti di vista e con parecchio da insegnare agli action moderni. Allo stesso tempo, è inevitabile, in molti aspetti è un po' invecchiato. Però Jamie Lee, mamma mia.

Jerry Maguire
Niente, è inutile, Cameron Crowe non lo sopporto più, Elizabethtown me l'ha ucciso.

Miami Vice
Film strepitoso, c'ha una potenza romantica maschia allucinante, un paio di sparatorie che ti strappano timpani e retine, una colonna sonora dalla tamarrissima perfezione e dei protagonisti semplicemente perfetti. Col senno di poi, rischia di diventare il tiro in faccia a Bryon Russell di Michael Mann.

Giorni di tuono
Tom Cruise all'apice del #fottesega che arriva in sella alla moto e fa quel che vuole per tutto il film, una banda di caratteristi uno meglio dell'altro, Nicole Kidman quando era ancora di una figaggine siderale, Tony Scott a cazzo durissimo che gira scene di corsa dagli sviluppi magari un po' cretini ma, caspita, bellissime. Un film scemo, ma che gli vuoi dire?

Breakfast Club
Eh, questo tipo di film è brutalmente invecchiato ed è difficile apprezzarlo davvero ancora senza abbandonarsi al filtro della nostalgia. Però, insomma, non vedo che problema ci sia ad abbandonarcisi. Poi i film vanno anche contestualizzati, non è che siano tanti quelli davvero senza tempo. Comunque, fra una pettinatura cotonata e l'altra, ci sono parecchie risate e tanti momenti ancora molto, molto belli.

Beverly Hills Cop
Eddie Murphy quando era totalmente in vetta al mondo (e secondo me in Italia non ci rendevamo conto fino in fondo di quale razza d'imperatore fosse in America), domina con le sue minchiate un film comunque invecchiato benissimo e ancora oggi divertente, stra-scorrevole e piacevolissimo.

Grosso guaio a Chinatown
Ecco, se c'è una singola cosa in questo elenco a cui mi spiace non dedicare un post è questa, tant'è che mi sono raccontato fino all'ultimo che prima o poi l'avrei fatto. Magari prima o poi lo faccio. Comunque, un altro simpatico iscritto al club dei film che, a riguardarli decenni dopo, ti appaiono completamente diversi. Pensare che da piccolo Jack Burton lo prendevo per un eroe ganzissimo! E invece è un coglione completo che non ne azzecca una dall'inizio alla fine, se la crede come se fosse Tom Cruise e anima un film meraviglioso, girato da un pazzo scriteriato con un manico enorme e capace di far soffocare e piangere dal ridere senza problemi ancora oggi. Voglio riguardarmelo subito.


Film vintage che ho visto per la prima volta nel 2014 e che, pure loro, non m'hanno scatenato il post

Centurion
Neil Marshall senza freni, in un film che è tutto uno squartare cose a caso e regalare scene d'azione adorabili in contesti nei quali altri non avrebbero mai il coraggio di utilizzare questo approccio. E poi Olga. Su, dai, Olga.

I ragazzi stanno bene
Mark Ruffalo che fa il solito Mark Ruffalo tutto sexy e arruffalone, in una bella commedia dai temi non banali, che vengono trattati con delicatezza e intelligenza. Bravi tutti, bene così.

Bella in rosa
Vedi alla voce Breakfast Club, ma con un po' meno gradimento. 

Affliction
No, OK, questo me lo gioco come eccezione alla regola perché mi sento in obbligo di scriverci un post, dato che fa parte di quel fallimentare progetto chiamato Me l'ha detto Roger Ebert. Molto bello, comunque.


Film usciti in Italia nel 2014 che ho visto nel 2014 ma su cui si vede che non c'avevo molto da dire

3 Days to Kill
Anche Kevin Costner si gioca la carta del nonno action che brutalizza le sue vittime, con però forti tinte da commedia e la classica sottotrama del padre fallimentare che cerca di costruirsi un rapporto con la figlia. Sarà che quando guardo i film in aereo mi si abbassa la soglia di tolleranza ma non l'ho trovato pessimo. Certo, mediocre, ma insomma, poteva andare peggio.

22 Jump Street
Ecco, anche su questo mi spiace un po' non aver scritto un post, ma fondamentalmente che vuoi dire? Temevo che il seguito del delizioso 21 Jump Street risultasse un po' addomesticato, e invece è ancora di più il tripudio dello sbarellamento completo e totale. Uno fra i film più esilaranti che abbia visto negli ultimi tempi, ho dovuto mettere in pausa due o tre volte perché mi stava venendo da vomitare per il ridere. Folle, surreale, ancora una volta con una sequenza "drogata" da ammazzarsi, fantastico nel giocare su quanto fatto nel primo episodio e alzare la posta, con degli attori che si divertono come matti. Miller & Lord vi voglio bene.

Interstellar
Io con Christopher Nolan c'ho un problema di totale incompatibilità dei rispettivi sensi di meraviglia. Non so se effettivamente lui ci provi o se in realtà non glie ne freghi nulla di far restare la gente a bocca aperta, ma coi suoi film mi scatta sempre il momento "Ah, qui è quando dovrei stare a bocca aperta. È chiusa." Fatta la tara su questo, comunque, Interstellar mi è piaciuto molto, pur avendo (o magari proprio perché ho) capito molto in fretta dove sarebbe andato a parare , nonostante mille difetti che potrei mettermi ad elencare, nonostante tutto quanto. Sepolti sotto gli spiegoni ci sono un universo affascinante e un bel film romantico che parla di rapporti umani e sentimenti. Con me, se fai così, vinci facile, anche quando - come in questo caso - non stravinci.

Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte I
Sempre bravi gli attori, sempre bravissima lei, sempre apprezzabili le intenzioni per un film che ti racconta di un'eroina totalmente controvoglia, personaggio femminile forte, interessante e molto meno stereotipato di tante altre. Però davvero pesa tanto, troppo, la natura di prima parte un po' forzata, un (troppo lungo) nulla di fatto in preparazione del gran finale, con qualche momento e qualche idea di spessore, ma insomma, poca cosa. Il peggiore dei tre.

La preda perfetta - A Walk Among the Tombstones
Il meno action dei Liam Action, nulla di eccezionale, ma comunque un bel film solido, pacato e che va via con piacere. E poi c'è il nuovo idolo Dan Stevens.

White Bird in a Blizzard 
Un film tutto scombinato, con due eccellenti attrici a rubarsi la scena a vicenda mentre attorno a loro si sviluppa un'atmosfera totalmente surreale. Il colpo di scena finale è telefonatissimo, ma insomma, magari è anche voluto. Quando l'ho visto non riuscivo a capire se mi fosse piaciuto, adesso non ricordo se mi sia piaciuto.


Altra roba che ho visto nel 2014 e di cui per qualche motivo non m'è capitato di scrivere

30 for 30: Unmatched
Un documentario sull'amicizia e la rivalità fra Chris Evert e Martina Navratilova, raccontate direttamente da loro, che si ritrovano assieme per chiacchierare dei bei tempi andati. Gradevole, interessante, forse un po' piacione, ma insomma, io sono vittima facile dei documentari sportivi.

Louis C.K.: Chewed Up
Louis C.K.: Live at the Beacon Theater
Le lacrime e lo star male dal ridere.

Girls - Stagioni 1/3
Divertente, toccante, brutale, commovente, fa incazzare e divertire, ha solo personaggi odiosi ma sulla distanza finisci per voler loro bene, ha spalancato le porte a tante altre serie probabilmente migliori però continua, fra alti e bassi, ad avere una sua identità tutta particolare e adorabile. Gli voglio bene. Sono pronto a guardarmi la quarta stagione.


Libri che ho letto nel 2014 e insomma, boh, faccio sempre un po' fatica a scrivere cose sui libri che leggo, anche la mia logorrea ha i suoi limiti, quindi su questi non ho scritto nulla da nessuna parte

Io sono morto
Una storia breve piena di piccoli difetti ma che si basa su uno spunto di partenza originale e trova poi degli sviluppi ancora più sbalestrati e affascinanti. Bello.

Lui è tornato
Ecco, anche qui lo spunto di partenza non è niente male (Hitler che si risveglia nella Germania di oggi, così, perché sì) e gli sviluppi, sul breve', sono molto azzeccati. Senza contare che ci metti un po', prima di abituarti al fatto di stare leggendo una storia raccontata in prima persona da quello lì. Sulla distanza, però, il tutto perde di potenza, anche se fino alla fine emergono trovate interessanti e ci sono spunti di satira intelligente.

Magari poi va a finire che su qualcuna di 'ste robe un giorno mi scatta la voglia di scrivere un post, ma insomma, è importante fare pulizia, quindi sono andato proprio senza pietà. Tutta la roba avanzata dal 2014, anche quella al cui riguardo continuavo a ripetermi "Ma no, dai, voglio scriverne" se n'è andata giù nello scarico del cesso. Duro ma giusto.

7.1.15

Le mie altre robe del 2014

E chiudiamo col terzo post di elenconi sul 2014, quello che racchiude tutto il resto. I libri, le serie TV (e le altre robe per la TV) e i fumetti che ho consumato lo scorso anno, messi tutti assieme, a prescindere da quando, come e dove siano usciti. Che dire... mi sento di consigliare Fight Night, non solo perché l'ha scritto uno che conosco, ma proprio perché è un bel romanzo, coinvolgente e che va via in un soffio. Poi, che altro... Transparent, The Knick e Fargo sono le nuove serie che più ho apprezzato (fra quelle che ho visto, ovviamente), ma sì, tranquilli, m'è piaciuto anche True Detective. E la seconda stagione di Agents of S.H.I.E.L.D., per quanto mi riguarda, è una discreta bomba. Fra l'altro stasera mi guardo i primi due episodi di Agent Carter! Sul fronte dei fumetti, Black Science mi ha fulminato, davvero consigliatissimo, Seconds mi è sembrato un ritorno in gran forma per Bryan Lee O'Malley e il nuovo ciclo di The Walking Dead m'è parso partire proprio bene. E poi, vabbuò, tanta altra roba, ma insomma, eh, ci sono i link, ci sono i post che magari scriverò in futuro, apposto.

I libri che ho letto o riletto nel 2014
Sur les traces de Miyamoto ***** (Ne ho scritto su Outcast)
Tropico del cancro ***** 
Gunpei Yokoi - Vie et philosophie du dieu des jouets Nintendo ***** (Ne ho scritto su Outcast)
Fight Night ****
Commodore 64: a visual Commpendium **** (Ne ho scritto su Outcast)
Console Wars **** (Ne ho scritto su Outcast)
The History of Sonic The Hedgehog **** (Ne ho scritto su Outcast)
Eric Chahi – Percours d'un créator de jeux vidéo français  **** (Ne ho scritto su Outcast)
Maestro Mario **** (Ne ho scritto su Outcast)
Lui è tornato ****
Io sono morto ****
Bedlam ***
Pong et la Mondialisation *** (Ne ho scritto su Outcast)
Gabriel Knight: The Temptation *** (Ne ho scritto su Outcast)
La quinta onda *** 
Breathing Machine - A Memoir of Computers *** (Ne ho scritto su Outcast)
Doctor Sleep ***


Le serie TV e le robe strane per la TV o il web o altro che ho guardato o riguardato nel 2014
(01, 02, 03, 04, 05, 06, 07, 08, 09, 10)
Arrow - Stagione 2 *****
Luther - Serie 1/3 ****/*****  
Agents of S.H.I.E.L.D. Stagione 1, seconda parte **** (11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22)
True Detective - Stagione 1 **** 
The Walking Dead - Stagione 5, prima parte **** (01, 02, 03, 04, 05, 06, 07, 08 - Ne ho anche parlato in The Walking Podcast: 01, 02, 03, 04, 05, 06, 07, 08)
The Walking Dead - Stagione 4, seconda parte **** (09, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 - Ne ho anche parlato in The Walking Podcast: 09, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16)
Louis C.K.: Live at the Beacon Theater ****
Europe in 8 Bits **** (Ne ho scritto su Outcast)
Super Game Jam **** (Ne ho scritto su Outcast)
American Horror Story: Murder House ****
24 - Stagione 7 **** 
30 for 30: Unmatched ****
Arrow - Stagione 1 ****   The Good Wife - Stagione 4  ****
Hand of God - Pilota ****
The Art of the Game **** (Ne ho scritto su Outcast)
24 - Stagione 8 ***/****
Justified - Stagione 5 ***
Sherlock - Serie 3 ***
Z Nation 01X01: "Puppies and Kittens" *** (Ne ho anche parlato in The Walking Podcast)
Street Fighter: Assassin's Fist *** (Ne ho scritto su Outcast e ne ho parlato sempre su Outcast)
Red Oaks - Pilota ***
24 - Stagione 6 ***
24: Redemption ***
Hysteria - Pilota **
Really - Pilota *
The Cosmopolitans - Pilota
 

I fumetti che ho letto o riletto nel 2014
Animal Man #3: "Deus Ex Machina" *****
Seconds *****
Invincible #20: "Friends" *****
The Walking Dead #22: "A New Beginning" ***** 
Archivi di Nexus #2/3 ***** 
Saga #3 *****
The Forever People ***** 
Fable #20: "Camelot" ***** 
The Unwritten #1: "Tommy Taylor and the Bogus Identity" *****
Doonesbury - L'integrale 1970-1972 *****
Black Jack # 2/4 *****
Chi - Casa dolce casa #1/8 *****
Invincible#19: "The War at Home" *****
The Walking Dead #20: "All Out War I" ***** (Ne ho anche parlato in The Walking Podcast)
The Walking Dead #21: "All Out War II" ***** (Ne ho anche parlato in The Walking Podcast)
Il prigioniero delle stelle ***** 
Powers #14: "Gods" *****
All Rounder Meguru #12 ***** 
East of West #1/2 *****
East of West #3 *****
Baltimore #2: "Le campane della maledizione" ***** (Ne ho parlato nel Podcast del Tentacolo Viola)
Come Prima *****
Chroniques de Jérusalem *****
Gemma Bovery *****
Powers - Bureau #1: "Undercover" *****
Tintin Au Congo ***** 
Viola Giramondo *****
The Authority: L'anno perduto ***** 
Vagabond #55/56 *****
Concrete #4: "Un sorriso che uccide" **** 
iZombie **** (Ne ho anche parlato in The Walking Podcast)
Nailbiter #1: "There Will Be Blood" ****
K **** 
Kick-Ass 3 ****
Real #13 ****
American Vampire #5 ****
Tintin Au Pays Des Soviets ****
Green Arrow: Year One **** 
Deadly Class #1: "1987 - Reagan Youth" **** 
L'immortale #30 ****
Gantz #37 ****
Worst #33 ****
Trouble is my Business #1 ****
Lost at Sea **** 
Scott Pilgrim **** (Ne ho scritto su Outcast)
La corazzata Yamato **** 
The Witcher - House of Glass **** (Ne ho anche scritto su Outcast)
Città di vetro ****
Asso ****
Yawara! #6/7 ****
Yawara! #8/9 **** 
Naruto #65 **** 
Naruto #66 **** 
La principessa Zaffiro #1/3 **** 
Martian Manhunter: Segreti americani ****
Les japonais ne savent pas parler le japonais #1 ****
Les japonais ne savent pas parler le japonais #2/3 ****
Fairest #4: "Of Men and Mice" ****
Fairest #3: "The Return of the Maharaja" **** 
Swamp Thing: Radici ****
Excalibur ****
Excalibur: Mojo Mayhem ****
Ilaria Alpi - Il prezzo della verità ****   
Un marzo da leoni #8 ****
Le storie #16/19 **** 
Hellboy 20th Anniversary Sampler ****
Ragemoor ****
Robocop Versus Terminator **** (Ne ho anche scritto su IGN)
Marvel - Giugno 2009 ***/****
Cyborg: Lo Shock del futuro #1/7 ***/****
Orfani #4/10 ***
Le storie #20/22 ***
Speciale Le storie #1 *** 
Nine #1 *** 
Lobocop *** 
Mix #2/3 ***  
Mix #1 *** 
Lilith #12 ***  
Shanghai Devil #15/18 *** 
Yawara! #1/5 ***  
Lukas #2/4 ***
Lukas #1 ***
Dragonero #12/14 *** 
Dragonero #8/11 ***
Long Wei #11/12 *** 
Long Wei #7/10 ***
Silver Surfer Classic #1 ***
Silver Surfer [Play Extra #1] ***
Machine Man *** 
Legione Aliena: Sul Limite ***
Il grande Belzoni *** 
Sergio Bonelli - Il timoniere dei sogni ***
Almanacco del mistero 2014 *** 
Vagabond #54 *** 
Vagabond #52/53 ***  
Rinne #18/19 ***
Rinne #16/17 ***  
Rinne #14/15 ***  
Blue Exorcist #12 ***
Blue Exorcist #11 ***
Freak Angels #1 **

Non so cosa sia successo, probabilmente una più o meno consapevole rinuncia a qualsiasi forma di vita sociale, ma nel 2014, pur senza aver particolarmente mollato il colpo sul fronte dei film o su quello dei videogiochi, ho letto più che nell'anno procedente e così, a spanne, mi sembra di aver visto anche più serie TV. Possibile che abbia inventato la giornata da trentasei ore senza rendermene conto? Comunque, Anobii sostiene che nel 2014 io abbia letto circa il doppio dei libri rispetto al 2013. E anche il doppio delle pagine, quindi non c'è il trucco. Boh.

6.10.14

Quel posto buffo della Shakespeare and Company


Nel weekend, c'erano ospiti italici in casa San Maderna e, ovviamente, abbiamo fatto un po' di giri per la città, toccando alcuni dei punti che finisci sempre per toccare quando ti vengono a trovare amici e/o parenti. Tipo, per dire, sono andato per l'ennesima volta a visitare la Torre Eiffel, che vabbé, è comunque sempre piacevole, ma sono per la prima volta salito fino in cima, esperienza nuova e sfiziosa. Da ancora più in alto, Parigi è proprio un bel vedere, ma soprattutto la cosa affascinante è il modo in cui cambia la visione fra in cima e a metà, chiaramente soprattutto dal punto di vista dei dettagli, tipo le formichine là in basso o le decorazioni degli edifici. Inoltre, bonus, mentre eravamo in cima, abbiamo assistito a una proposta di matrimonio da film, con tanto di applauso spontaneo della folla sull'anello accettato. E son cose belle. Agevolo foto del parafulmine della Torre Eiffel.


Gira di qua, gira di là, vai all'Arco di trionfo, a mangiare le crepes da Josselin, nel quartiere ebraico a scofanarti le pallotte di ceci più buone dell'universo da L'As du Fallafel, finisci inevitabilmente anche dalle parti di Notre-Dame, dove putacaso c'è lì vicino la via delle fumetterie (e ci lasci i soldi) e dove c'è a due passi la libreria Shakespeare and Company. Ci eravamo già capitati davanti una volta senza saperne nulla e ci aveva incuriositi, ma era chiusa. Questa volta ci siamo passati intenzionalmente perché qualcuno me l'aveva segnalata nei commenti del blog. Ciao qualcuno, non mi ricordo chi sei, abbi pazienza. E che cos'è? È una libreria storica aperta da un'immigrata statunitense un centinaio di anni fa e diventata famosa in quanto punto d'incontro per svariati autori che non avevano niente di meglio da fare che andare a cazzeggiare lì. In realtà la storia della libreria è un po' più articolata, ma non ha veramente senso che mi metta qui a ricopiare quel che si può andare tranquillamente a leggere su Wikipedia. Al massimo posso chiacchierare di cosa ci ho trovato io, da cliente a caso entrato per dare un'occhiata.


Al piano terra c'è il negozio, pieno di libri d'ogni categoria in lingua inglese. Non è assolutamente enorme, ma si trovano parecchie cose particolari, edizioni interessanti, oltre ovviamente a un certo carico di roba "famosa", ché bisogna pur vendere. L'ambiente è amichevole, alla cassa attaccano subito bottone (in inglese) e chiacchierano di quel che stai comprando, di sicuro ci si trova bene e fare acquisti è un piacere. Fra l'altro, sempre alla cassa, ti chiedono se vuoi il timbro della libreria in prima pagina, cosa che immagino sia usanza figlia del fatto che il luogo è ormai meta turistica. Mi hanno pure regalato il sacchetto di tela, immagino perché, ehm, ho speso oltre una certa cifra, quindi ne ho uno nuovo per la collezione infinita di sacchetti di tela da usare per fare la spesa.

L'aspetto "turistico" del luogo è un po' un suo lato negativo, più che altro perché la libreria non è esattamente enorme e tende a riempirsi di gente che vuole curiosare. Non che ci sia qualcosa di male, fondamentalmente pure io sono finito lì per quel motivo, ma a tratti diventa un po' difficile muoversi liberamente. D'altra parte la cosa limita la comodità di fare shopping, quindi tutto sommato è se vogliamo anche positiva, visto quanto c'ho le mani bucate.

Comunque, c'è anche un secondo piano, che si raggiunge salendo una piccola scalinata, dove si trova a una valanga di volumi d'epoca, vecchie edizioni, perfino copie di quotidiani risalenti a chissàqquando. Non si tratta di materiale in vendita, è lì per consultazione, per gironzolare nel passato della letteratura e per starsene un po' stravaccati fra divani e letti a sfogliare e leggere questi volumi a volte talmente vecchi che hai un po' paura a metterci le mani sopra. Chiaramente questa è la parte più affascinante della libreria e, anche se non si ha la minima intenzione di starsene seduti a leggere una copia d'epoca di questo o quel romanzo, un passaggio per dare un'occhiata se lo merita di sicuro. E... e basta, direi. L'incasinatissimo sito ufficiale della libreria l'ho linkato là sopra, qua mi limito ad aggiungere che si trova al numero 37 di rue de la Bûcherie, a uno sputo da Notre-Dame e a due sputi dalle fumetterie. Se capitate da queste parti e vi interessa come tipo di cosa, fateci un salto.

C'ho veramente troppo le mani bucate. Devo fare qualcosa. Tipo spezzare la carta di credito, boh.

19.9.14

Tropico del cancro


Tropic of Cancer (Francia, 1934)
di Henry Miller

Il mio rapporto con Henry Miller consiste nel fatto che, lo ammetto, so a malapena chi sia. Ho vaghi ricordi di Henry & June come di quel film con Remo Williams che ogni tanto passavano su Rete 4 e in cui c'era la gente che faceva sesso (e mi sembrano, esclusa magari Rete 4, elementi degni di nota, specie se consideriamo che si parla degli anni della mia adolescenza). Oltre a questo, c'è il fatto che, quando ci siamo sparati il road trip per gli Stati Uniti occidentali qualche anno fa, fra le tappe lungo il meraviglioso Big Sur c'è stata la deliziosa Henry Miller Memorial Library, dove abbiamo pure comprato un bel manifesto che ora sta appeso di là, nella stanza del retrogaming. E basta. Lo scorso ottobre, però, mi sono trasferito qua a Parigi e subito il Marrone mi ha ordinato di leggere Tropico del cancro. Io mi sono fatto un appunto, ho promesso che avrei ubbidito, ho deciso che per qualche motivo un classico del 1934 lo volevo stringere in mano e non mi bastava la versione Kindle e ho quindi proceduto ad ordinare l'edizione riprodotta nell'immagine là sopra.

Certo, poi ci ho messo mesi a tirarlo fuori dallo scaffale e decidere che era il momento di leggerlo e altri mesi per mettermi effettivamente a leggerlo, perché da queste parti funziona così, a caso. Fatto sta che durante le vacanze estive, spaparanzato fra le frasche e i sassi delle spiagge liguri, mi sono letto Tropico del cancro. Anzi, Tropic of Cancer. E? E ci ho trovato un racconto affascinante, seppur scritto in una maniera che magari non è troppo nelle mie corde per... come dire... come potrei definirlo... forse... eccesso di stile? Ad ogni modo, in Tropico del cancro, Henry Miller racconta, romanza, riarrangia e sbatte sulla pagina la sua assurda vita da nomade americano disperso nei meandri della Parigi degli anni Trenta, offrendo un ritratto viscerale di un modo di vivere che non è esattamente quello in cui mi sono ritrovato io andando a stare a Parigi negli anni Dieci.

Fra gli aspetti più affascinanti, oltre alla capacità di raccontare in maniera coinvolgente storie di gente che ti verrebbe voglia di prendere a schiaffi urlando fortissimo "SVEGLIAAA!!!", ci sono le riflessioni - in larga misura ancora attualissime - gettate lì sulla natura umana e su ciò che governa i rapporti fra le persone, c'è ovviamente il ritratto che viene fatto di un'epoca, o quantomeno di una qualche forma del vivere in quell'epoca, e c'è il linguaggio utilizzato. Il tono e i modi con cui viene descritta ogni cosa lasciano di sasso più che altro perché, di fondo, risultano in larga parte piuttosto moderni e soprattutto caratterizzati da un'assenza di vergogna talmente brutale da risultare straniante ancora oggi. Molti dei termini, dei modi di dire, delle descrizioni che si leggono in questo libro sono considerati parecchio sconvenienti nel 2014 e non riesco a immaginare cosa debba essere stato provare a pubblicare questo libro ottant'anni fa. Posso al limite leggerlo su Wikipedia. Ad ogni modo, dopo magari un avvio un po' affaticato a causa della scarsa compatibilità stilistica, devo dire di aver trovato un romanzo coinvolgente e che ho finito in un soffio, cosa non sempre scontata coi grandi classici lontani quasi cent'anni. Insomma, bravo Marrone.

Immagino che su internet si trovino articoli ben più interessanti e approfonditi dedicati a questo libro, ma insomma, eh, non volevo mica fare una tesi di laurea, volevo solo scribacchiare il mio post quotidiano dicendo due cose su un libro che ho letto. A posto.

18.9.14

La quinta onda


The Fifth Wave (USA, 2013)
di Rick Yancey

Con questa cosa che ultimamente ho preso a leggere libri anche in francese, oltre che in inglese, il quantitativo di romanzi o saggi in lingua italiana che mi passano fra le mani si è mostruosamente ridotto. Capita ancora, eh, anche perché esistono le altre lingue, delle quali non capisco nulla, ma insomma, capita sempre meno. Il che, se vogliamo, potrebbe pure essere un problema: non è che faccia bene smettere quasi completamente di leggere cose scritte nella lingua che uso principalmente per il mio lavoro. Che è scrivere. Del resto, fra i consigli base da dare a chi è tanto pazzo da voler provare a guadagnarsi da vivere con le parole, beh, c'è anche quello: leggere, leggere sempre, leggere di tutto, leggere come se non ci fosse un domani. Comunque, sto divagando prima ancora di aver iniziato, o forse no, ma non importa, tanto qua dentro finisce sempre così. Il succo del discorso, ammesso e non concesso che in questo momento esista un discorso nella mia testa, è che in linea teorica La quinta onda, avrei dovuto leggerlo in lingua originale. Ma la verità è che probabilmente non l'avrei mai letto, in lingua originale. E invece l'ho letto in italiano, perché l'agenzia che si occupava delle PR per il libro (ciao!) me l'ha gentilmente inviato, suppongo nella speranza che ne scrivessi qua sul blog.

E qui si potrebbe aprire tutta una parentesi sul fatto che improvvisamente qualcuno ha deciso di infilare il mio blog nella lista di quelli interessanti per cose del genere. Non so bene cosa significhi. Sono diventato importante? Piaccio? Qualcuno mi considera un opinion leader? Dio, che brutta espressione, "opinion leader". Probabilmente sarà un caso isolato, magari un glitch nel sistema, anche tenendo conto del fatto che il libro me l'han mandato a luglio e io ne scrivo a settembre. Ma, ehi, i libri non hanno data di scadenza! In tutto questo, per altro, si potrebbe riflettere sul fatto che il 90% (stima sparata completamente a caso) dei post pubblicati su questo blog parla di cinema eppure non mi arriva mai mezzo invito a un'anteprima, una proiezione, un qualcosa. Però posso raccontarmi che va così perché sanno tutti che vivo all'estero e che mi invitano a fare. In più, ci sarebbe anche da dire che se nel post su La quinta onda pubblicato con due mesi di ritardo trascorro oltre duemila caratteri parlando dei fatti miei, beh, mica posso stupirmi se poi la gente non mi invita alle cose e non mi manda le robe. Al di là del fatto che mi leggono in quattro. Uhm.

Beh, OK, dopo aver vinto il campionato mondiale di divagazioni sparate a caso perché non so come iniziare il post, parliamo di La quinta onda. Trattasi di romanzo young adult, e già qui la gente scappa urlando in preda al panico. Le parole "young" e "adult" sono fra i principali babau del geek che non deve chiedere mai. Al confronto, le parole "rom" e "com" vengono liquidate con un sorrisino d'indifferenza. Il problema è che i romanzi e i film young adult commettono il crimine più grosso che si possa compiere nei confronti della cultura geek: la rendono popolare e lo fanno senza rivolgersi ai maschietti adolescenti come target principale. Son bravi tutti (si fa per dire) a portare i supereroi Marvel al cinema senza far incazzare nessuno (si fa per dire), ma trasformare l'horror, l'azione, la fantascienza e [aggiungere a piacere] in cose pensate per le ragazzine beh, è tutt'altra faccenda. Ed è un crimine contro il popolo geek tanto quanto, che so, creare una console Nintendo che punta alle nonne, alle zie e alle donne delle pulizie. Ma, mannaggia, sto divagando ancora. Provo il reset.


Google mi propone questa immagine.

Dunque, La quinta onda racconta di un futuro post-apocalittico in cui l'umanità è stata fatta a pezzetti da un'invasione aliena, che ha attaccato seguendo vie subdole e infamissime, organizzate secondo quelle che i sopravvissuti hanno definito onde. E siamo appunto nel bel mezzo della quinta onda. Non sto a raccontare nello specifico come siano strutturate le onde, perché parte del fascino del libro sta nel modo in cui vengono svelate tramite i flashback della protagonista, ma diciamo che l'idea funziona abbastanza, nonostante il geek scafato non possa che ritenere telefonata la maggior parte dei colpi di scena. Diciamo che, una volta capito come funzionano le cose, gli sviluppi sono abbastanza nella norma. Ma insomma, il racconto rimane comunque scorrevole, piacevolissimo e a modo suo appassionante. Chiaramente, visto il filone d'appartenenza, il ruolo di protagonista tocca a una ragazza adolescente che, ora della fine, si ritrova coinvolta in un triangolo i cui altri due estremi appartengono a "famiglie" opposte, come nella miglior tradizione Montecchi/Capuleti.

Insomma, La quinta onda non fa nulla di particolarmente nuovo o fuori dagli schemi, ma quel che fa lo fa in maniera gradevole e la lettura scorre via che è un piacere. Il modello è sempre quello lì, quello della narrativa che tipicamente si rivolge ai maschietti, filtrata però attraverso uno sguardo di femminuccia, e con protagonisti dei ragazzini che prendono in mano la situazione in un mondo in cui gli adulti variano dall'inutile al dannoso, proponendosi come pericolosi cattivi, buoni incapaci e più che altro morti ammazzati. Il risultato dà colpi a cerchio, botte e pure moglie ubriaca, ma di certo non annoia, non sporca, non fa casino e non disturba. Voglio dire, Il codice Da Vinci ho fatto una fatica bestiale a finirlo, questo qua mi si è praticamente letto da solo. Qualcosa vorrà pur dire. Forse che nel profondo del mio cuore nascondo una ragazzina che non chiede altro che fissare i pettorali di un giovane attore hollywoodiano in 3D e su schermo gigante. Ehm.

Comunque, fondamentalmente La quinta onda è una specie di La strada con gli alieni in versione easy e ha certo il potenziale per dar vita all'ennesima trilogia  cinematografica di successo, per la quale fra l'altro si sono assicurati la nostra amica Hit-Girl. E non si può mica dire di no alla Chloe, dai: andremo a guardarci anche quello. Anzi, quelli. Ah, a proposito, sì, ovviamente questo è il primo volume di una trilogia, e infatti la storia si chiude per modo di dire. Poi, certo, per quanto il tutto sia gradevole, non è che sia esattamente rimasto qui con la bava alla bocca in attesa del secondo romanzo, ma insomma, immagino quello dipenda anche dal mio essere fuori target. Quindi no, non sono una ragazzina che bla bla bla. Credo. Ad ogni modo, il secondo volume, The Infinite Sea, è uscito da qualche giorno negli iuessei. Mh, quasi quasi me lo piglio su Kindle. No, dai. Sì. Non lo so. Comunque non so quando arriverà in versione Italiana. Abbiate pazienza.

L'ho letto a inizio luglio, mentre me ne stavo sdraiato fra le fresche frasche liguri. Nella lettura della versione italiana non m'è parso di notare molto di particolarmente fuori posto, mi sembra una traduzione ben fatta. Al di là del fatto che, quando sei abituato a leggere in inglese, poi noti sempre questa o quella espressione tradotta un po' come veniva perché non c'era altro modo. Va anche detto che sono passati due mesi, non ricordo nulla e magari invece mentre lo leggevo mi sembrava una traduzione fatta coi piedi. O forse no. Non ricordo. Uffa.

7.9.14

Lo spam della domenica mattina: I bei vecchi tempi


Questa settimana, su IGN, ho uscito tre anteprime dedicate a roba che ho visto e/o su cui ho messo le mani alla Gamescom: Project Totem, Seasons After Fall e Dragon Age: Inquisition. Su Outcast, invece, è toccata alla recensione che se l'è presa comoda di A Story About My Uncle, all'episodio di Librodrome dedicato al libro sulla gioventù di Shigeru Miyamoto, al racconto della conferenza dedicata a Lucasfilm Games della GDC di marzo e all'episodio di Old! sul settembre del 1974. E la chiudo qui, proprio telegrafico. Buona domenica.

Abbiamo anche registrato il nuovo Podcast del Tentacolo Viola, ma quello arriva martedì.

12.2.14

Doctor Sleep


Doctor Sleep (USA, 2013)
di Stephen King

Nella postfazione di Doctor Sleep, Stephen King si prende qualche riga per spiegare come sia nata l'idea di scrivere il romanzo e la sua natura di seguito, che va a ripescare il piccolo Danny di Shining per raccontare quel che gli è successo dopo essere scampato al delirio dell'Overlook Hotel. Nel farlo, King si sente costretto a puntualizzare che questo libro porta avanti quanto raccontato nel romanzo originale e non nel film di Stanley Kubrick (che, non può proprio trattenersi dal ribadirlo, lui non ha mai apprezzato). Si tratta di una precisazione particolarmente significativa, per ovvi motivi: non ci si può fare molto, nella cultura popolare e nella testa di molta gente, Kubrick s'è appropriato di Shining e King non è mai riuscito a riprenderselo indietro, neanche sceneggiando in prima persona un adattamento televisivo molto più fedele al suo romanzo. Poi, certo, non vale per tutti e ci saranno sicuramente molte persone che preferiscono il Jack Torrance cartaceo a quello di Jack Nicholson, ma non è quello il punto. Io stesso, che pure il romanzo l'ho letto e apprezzato, adoro il film di Kubrick, al punto che, se mi puntano una pistola alla testa e mi costringono a elencare i miei tre film preferiti, è forse l'unico che ci sbatto dentro senza pensarci un attimo.

Quello Shining lì è uno fra i pochi film capaci di mettermi realmente a disagio ogni volta che lo riguardo, e non è che l'abbia visto poche volte. Quei corridoi, quel triciclo, quel tappeto logoro... mamma mia, anche solo a ripensarci mi viene l'ansia. Ho visto il film, più volte, prima di leggere il romanzo, e questo sicuramente pesa, ma c'è poco da fare: se penso a Shining, e anche mentre ci pensavo leggendo Doctor Sleep, il protagonista ha la faccia di Jack Nicholson, gli altri personaggi hanno le facce degli altri attori, l'albergo, gli ambienti, le suggestioni sono quelli usciti dalla capoccia di Kubrick. Poi, sì, lo so che nel romanzo ci sono le creature di siepi che prendono vita e ricordo bene il destino diverso cui va incontro Jack Torrance, ma le due cose si mescolano fra loro e a livello d'immaginario visivo è Kubrick a dominare. Ma insomma, al di là della curiosità di chiacchierarne, la cosa importa fino a un certo punto, anche perché Doctor Sleep è uno di quei seguiti da mettere tra virgolette. L'universo narrativo, per carità, è quello, il protagonista è Daniel Torrance e i riferimenti al passato ci sono, estremamente chiari. In più King, guarda un po' che coincidenza, infila nel racconto proprio alcune fra le differenze principali fra libro e film, così i dubbi svaniscono per direttissima.

Però Doctor Sleep va veramente a parare da un'altra parte e non è necessariamente quel che uno si potrebbe aspettare dal seguito di un romanzo che, diverso o meno dal film, era comunque una storia horror fatta e finita, coi suoi bei momenti sanamente inquietanti e che molti indicano come uno fra i libri più paurosi di King. E lo sa per primo lui, che apre il libro omaggiando l'originale con una specie di contentino, un prologo che sembra uscire per direttissima dall'Overlook Hotel, anche se è ambientato altrove, e al termine del quale ti viene da spostare un attimo l'abat-jour per puntare l'angolo di luce sull'uscio della stanza e assicurarti che non ci sia una vecchia ricoperta di pus che t'osserva dal corridoio. Ma è, appunto, solo il prologo, poi Doctor Sleep balza in avanti, regala un altro paio di brividi veloci e procede quindi a trasformarsi in un altro libro, una specie di L'incendiaria vs. Il buio si avvicina, in cui un adulto Dan, alle prese col demone dell'alcolismo che tanti anni prima ha condannato il padre, trova la forza di fuggirne - e di fuggire dai fantasmi che lo perseguitano - e scopre poi che la luccicanza è parte di un qualcosa ben più ampio di quanto ci si potesse immaginare nel 1977.

Qui entrano in gioco la ragazzina coi poteri paranormali che evidentemente a King piace un sacco elaborare in mille forme diverse e la battaglia contro una stirpe di vampiri psichici, creature che non hanno i tratti classici dei succhiasangue, ma sono di fondo una rielaborazione di quel concetto. Vivono cibandosi dello spirito che alberga nei giovani dotati di luccicanza, vengono in qualche modo a sapere dell'esistenza della ragazzina di cui sopra e da lì si procede verso l'inevitabile conflitto finale, che per altro finirà per riportare Dan sul luogo del delitto, le macerie dell'Overlook Hotel. In tutto questo, quel che ne viene fuori è un romanzo scorrevole, gradevolissimo, interessante per il modo in cui riesce a parlare di famiglia, rapporti umani e alcolismo attraverso il filtro di una movimentata storia di genere, pieno di quei piccoli elementi che "fanno" un libro di Stephen King, nell'atmosfera, nello stile tutto particolare che rende protagonisti dettagli all'apparenza insignificanti e nel solito gusto rancido con cui King trasforma la malattia in orrore vero. Sono decisamente questi gli aspetti interessanti di Doctor Sleep, quelli che ti fanno arrivare fino in fondo, certo non un intreccio incredibilmente prevedibile, avaro di sorprese e moscio negli sviluppi. Meglio che niente.

Full disclosure: da ragazzino, come penso tanti della mia generazione, ho avuto la mia fase di frenesia totale Stephen King. Ho letto quasi tutto quel che ha scritto fino a Dolores Claiborne compreso, ma poi ci siamo persi di vista e a conti fatti, scorrendo l'elenco su Wikipedia, mi rendo che della sua produzione successiva ho letto forse solo Cell (e American Vampire, se vogliamo contarlo). Quindi, insomma, è evidente che non ho modo di inquadrare questo romanzo in quello che è lo Stephen King attuale. Me ne farò una ragione. Fra l'altro, ora che ci penso, è la prima volta che leggo un libro di Stephen King in lingua originale. Ma non ho commenti da fare al riguardo. Scusatemi.

 
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