Drive-in e Drive-in 2 (Not Just one of Them Sequels)
(USA, 1988 e 1989)
di Joe R. Lansdale
La macchina sbandò e io sterzai nella direzione della sbandata, come spiegano i manuali, ma la sbandata disse "vaffanculo", le ombre ingoiarono la macchina e si portarono via la luce.
In queste poche parole è sintetizzato quasi tutto La notte del drive-in. Diretto, privo di fronzoli, (auto)ironico e sferzante, irresistibile per il suo stile asciutto e lapidario. Qui Lansdale dà libero sfogo a tutta la sua fantasia, non guarda in faccia a nessuno e gioca coi suoi personaggi per oltre trecento pagine, mettendo in scena un irresistibile horror di serie Z, ma scritto con una maestria da serie A. Un lungo carrozzone degli orrori, che ti prende alle budella fin dalle prime pagine e non ti molla più, travolgendoti col suo allucinante cast. Mostri mutati che vomitano pop corn e si autoeleggono imperatori, uomini con televisori al posto della testa, foreste con pellicole assassine penzolanti dai rami degli alberi, tirannosauri affamati sul ciglio di una strada senza fine... questa è la popolazione ospitata dal cinema Orbit prima e dal mondo intero poi.
L'impossibile, il delirante, diventano credibili e affascinanti, grazie a una prosa asciutta, piacevole, divertente. E il racconto procede veloce su una vecchia Plymouth decappottabile rossa e bianca, con il tettuccio alzato. Sfreccia fino all'inevitabile conclusione, che rifugge da moraline consolatorie tanto quanto dall'apocalittico "bad ending", ormai quasi più banale di un lieto fine. Succede solo quello che deve succedere, seguendo l'illogica linearità di un cosmo narrativo senza alcun senso apparente.
E per trovare qualcosa di realmente consolatorio in quell'apparente lieto fine, bisogna essere decisamente appassionati di bicchieri mezzi pieni.
Mezzi pieni di merda, però.