Christine (USA, 1983)
di John Carpenter
con Keith Gordon, John Stockwell, Alexandra Paul
La notte Stephen King di cui sto chiacchierando ormai da qualche giorno ha concluso il suo crescendo nel migliore dei modi, con un film che, poche ore dopo aver assistito allo sbaglio di Satana, ti riconcilia con te stesso e con la voglia di vivere, ti ricorda che il cinema, quello vero, è questo e non quell'altro. Perché sì, per carità, Christine, progetto totalmente su commissione, figlio dell'apice della carriera di Stephen King al punto d'esser messo in produzione prima ancora che il romanzo venisse completato, non è certo il miglior film tratto dallo scrittore del Maine, così come è inevitabilmente ben lungi dall'essere la miglior opera - o comunque fra le più personali - di John Carpenter, ma cacchio se gioca in un altro campionato rispetto al nuovo Carrie. Anzi, si tratta proprio di un altro sport.
Che sia un progetto non molto personale lo si capisce anche dal fatto che è il primo film di Carpenter basato su una sceneggiatura scritta da altri, per la precisione dal quasi esordiente, e non proprio destinato a una carrierona, Bill Phillips, ma Carpenter riesce comunque ad appropriarsi del film, tirando fuori un racconto e una forza visiva che esprimono la sua personalità in maniera fortissima. Del resto, il caro John è all'apice della forma e arriva da un avvio di carriera che l'ha visto sparar fuori in sequenza, così, come se niente fosse, Dark Star, Distretto 13, Halloween, The Fog, 1997: Fuga da New York e La cosa. E qui è d'uopo una pausa drammatica per permettere di leggere quest'elenco svariate volte di seguito e riflettere con attenzione, esprimendosi all'insegna dell'allafacciadel.
Per riprendervi dallo shock: Alexandra Paul di fronte al suo profilo IMDB recapitatole dal futuro.
Christine, come da tradizione di Stephen King, trasforma il quotidiano in orrore e gioca sul fare a pezzi e rendere terrificanti i momenti della vita di tutti i giorni. Nel romanzo, la macchina protagonista è posseduta dallo spirito del suo precedente proprietario, ma nel film le cose cambiano fin dal prologo, in cui la vediamo far vittime già in catena di montaggio. La macchina è viva, è - scopriremo poi - più o meno femmina e c'ha l'incazzatura facile. Non è una modifica di poco conto, perché va ad amplificare uno dei temi attorno a cui ruota il film e che rendono Christine assai carpenteriano, nel suo raccontare e trasformare in orrore l'ossessione tutta americana (ma non solo, via) per l'automobile, per la propria macchina ancor più che per il consumismo in senso ampio, il rapporto morboso che si viene a creare fra un uomo e la propria vettura.
Questo spunto Carpenter lo sfrutta poi per giocare come al solito con i cliché e gli stereotipi, così che ci si ritrova con il classico bravo ragazzo assai sfigato e cuore d'oro che viene brutalmente corrotto dal materialismo e ne esce trasformato, diventando nemesi di sé stesso, infame pezzo di fetente dall'improvviso successo ma che se ne frega di tutto e tutti e si libera senza problemi di chiunque provi a mettergli il bastone fra le ruote. Al suo fianco, l'atletico manzo americano John Stockwell, tra l'altro futuro regista di scemenze come Cat Run, stereotipo dello sportivo conquista femmine e non proprio genio della situazione, che poi diventerà lui eroe dal cuore puro. Nel mezzo, una splendida futura bagnina di Baywatch, che non fa mai male.
Perché, a rivederlo oggi, fra l'altro nello splendore del grande schermo, Christine, con tutti i suoi limiti, è comunque bellissimo? Beh, intanto perché l'ha diretto Carpenter e si vede lontano un miglio. Ha un'atmosfera, una personalità, una forza unica nella messa in scena, una pazzesca capacità di tenerti sull'attenti con due note di quelle fantastiche musiche, un grandissimo equilibrio nell'alternare suggestioni e dubbi ad esplosioni di spettacolo e splendidi effetti speciali, che reggono incredibilmente bene ancora oggi. Insomma, è una gioia per occhi e orecchi. E in più è uno di quegli horror lì, quelli di quel periodo là, realizzati da quella gente lì, che finiscono in vacca, non consolano, puniscono senza pietà chi dovrebbe essere buono ma si è lasciato devastare dalla società di merda in cui vive e ti lasciano addosso un bel senso di disagio e fastidio. Avercene.
Fra l'altro Christine è uno dei pochissimi romanzi di King di quel periodo che non ho letto. Merita?
2 commenti:
Christine l'avevo letto e, nonostante sia una King addicted, non mi aveva entusiasmata. Ma d'altra parte non lo aveva fatto nemmeno il film quindi fossi in te una letta gliela darei, tanto è breve :)
Eh, ma va detto che alla fin fine tutto quel che trovo di positivo nel film viene da Carpenter. :D
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