Brake (USA, 2012)
di Gabe Torres
con Stephen Dorff
Brake parte da una premessa molto simile a quella di Buried, anche se poi va a parare da tutt'altra parte, ed è una tutt'altra parte che chiaramente non posso approfondire, perché si finisce un po' per rovinare la visione. Il punto, comunque, è quello: c'è Stephen Dorff che si sveglia prigioniero dentro una specie di bara di vetro. Non sa perché e percome, sa solo che è circondato dal vetro, si trova al buio e davanti ai suoi occhi c'è un grosso timer con un conto alla rovescia che scorre implacabile. E chiudiamo qui con le spiegazioni, visto che poi alla fin fine Brake si basa per intero proprio su un continuo svelamento di sorprese e, ovvio, sull'ottima interpretazione di Stephen Dorff, che per il 90% del tempo è l'unico personaggio in scena, anche se in un modo o nell'altro trova sempre una via per comunicare con altr... occhei basta non dico nulla.
E alla fine è proprio nella faccenda delle sorprese che sta la principale differenza col film di Rodrigo Cortes. Mentre lì, sì, ci sono chiaramente dei misteri da svelare, ma il punto è soprattutto creare una situazione di totale e opprimente angoscia, qua ci si gioca invece tutto su un ritmo e un tipo di atmosfera diversi. Nonostante anche in questo caso il regista se ne stia sostanzialmente tutto il tempo inscatolato assieme al suo attore (anzi, subito fuori dalla scatola, visto che tanto è di vetro), Brake è quasi un film d'azione, ha un incedere ben più "veloce" e getta sul piatto colpi di scena, rivelazioni e ribaltamenti di fronte a ritmo continuo.
È chiaro che, procedendo in questo modo, e volendo continuare a sorprendere fino alla fine, si debba costantemente alzare il tiro e si finisca piuttosto in fretta per sfondare il muro della cazzata, anche nell'ottica del voler sorprendere chi si sente tanto furbo ed è convinto di aver capito tutto (eccomi!). E infatti l'efficacia di Brake, oltre che dalla bravura di Stephen Dorff, dipende tutta dal tasso di sopportazione dello spettatore e da quanto questi sia disposto a stiracchiare il patto di credibilità stretto col film. Fermo restando che, se si accetta l'avvio con Stephen Dorff inscatolato nel vetro col timer davanti, beh, poi non ci si può lamentare troppo delle assurdità, stando al gioco ci si diverte. Eventualmente anche ridendone, del gioco.
Non ho notizie sulla distribuzione italiana, ma segnalo che il film ha iniziato a uscire un po' in giro per il mondo direttamente nell'home video. Ah, SPOILER: Fra i colpi di scena della parte finale c'è la circonferenza raggiunta dal corpo di Tom Berenger.
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