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24.5.13

Il grande Gatsby


The Great Gatsby (USA, 2013)
di Baz Luhrmann
con Leonardo di Caprio, Tobey Maguire, Carey Mulligan, Joel Edgerton, Elizabeth Debicki

Con Baz Lurhmann ho un rapporto difficile. Ci vogliamo bene, c'è sicuramente grande stima e alla fine coi suoi film mi diverto sempre un sacco. Ho trovato del positivo perfino in Australia, che diamine! E sì, probabilmente Moulin Rouge è la sua cosa che mi è piaciuta di più, nonostante resti comunque convinto che in un simile carnevale totalmente e splendidamente fuori controllo diventi difficile farsi trascinare dai personaggi, dall'umanità, dal melodramma (che pure a Luhrmann piace da matti, e lo si vede da quanto ci spinge su fortissimo), perché si è troppo rapiti dal delirio che ti riempie occhi e orecchie. Insomma, tutto bellissimo e travolgentissimo, ma allo stesso tempo anche tutto un po' bizzarramente storto e non convincente fino in fondo. Fermo restando che, comunque, gli si vuole bene. Anche perché come fai a non voler bene a uno che tira fuori cose come l'Elephant Love Medley? Ecco.

Per questo motivo i trailer di Il grande Gastsby, ogni volta che mi apparivano davanti nel mio cinema di fiducia, anche (soprattutto, guarda) in versione 3D, mi mettevano addosso una fotta che levati. Male che vada, si sta per un paio d'ore con occhi e orecchie spalancati. Ed è andata così? In parte sì, ma non fino in fondo. Da un lato, è sicuramente così: soprattutto nella sua prima metà, ma tutto sommato anche fino in fondo, Il grande Gatsby è quel tripudio di messa in scena vibrante, colorata e assurda che ci si aspetta da Luhrmann. Ha quel taglio un po' pazzoide, quell'uso delizioso della dissonanza creata da una colonna sonora moderna che racconta con le sue parole personaggi ed eventi di un mondo antico, quell'appoggiarsi a una comicità slapstick semplice e che comunque pochi riescono a infilare in maniera tanto efficace in un contesto che sembrerebbe non poterla ospitare. In sostanza, propone quell'immaginario (audio)visivo lì, estremo, seducente, riconoscibile. E fa pure un bell'uso delle tre dimensioni, come solo un autore capace di raccontare qualcosa con la sua macchina da presa è in grado di fare. Allo stesso tempo, però, c'è anche l'impressione che il Baz abbia cercato di limitarsi, di moderarsi, di controllarsi. Non c'è quel senso di totale tripudio fuori controllo e un po' a cazzodecane che rendeva tanto affascinante, ben oltre i suoi limiti, Moulin Rouge. Magari è per un senso di sudditanza nei confronti del testo originale, magari è per convinzione del regista che quel testo andasse trattato in questa maniera, magari è perché i produttori gli han tirato una cinquina sul coppino o magari è semplicemente capitato e non è quel che voleva Luhrmann, ma l'impressione c'è.

E dunque? E dunque si rimane lo stesso a bocca aperta di fronte a questo mondo completamente folle, ma sembra sempre che arrivi lì sul ciglio, stia per gettarsi e decollare definitivamente e poi torni indietro, o magari caschi proprio nel baratro. Il che, volendo, potrebbe essere pure del tutto voluto, perché in fondo legato a doppio filo all'essenza della storia di Gatsby e di tutti quelli che gli girano attorno. Il paradosso, però, è che tutto questo maggior controllo non riesce comunque a cancellare fino in fondo - o perlomeno non ci è riuscito con me - i problemi in termini di coinvolgimento emotivo e di resa melodrammatica di cui parlavo là sopra. Perché comunque rimane questo filtro di esperienza visiva barocca che finisce un po' per staccare dai personaggi. A fare da ponte, in compenso, ci pensa un cast pazzesco. Di Caprio è fuori dalla grazia di Dio, perfetto nel tratteggiare un uomo che di fondo è lui per primo attore impegnato nell'interpretazione della vita. Ma anche Tobey Maguire è eccellente nel dare spessore al solito personaggio esile che pare condannato a interpretare, Carey Mulligan è una splendida Daisy, donna fondamentalmente vuota, splendido sorriso e voce fatata a nascondere la sua pochezza, e Joel Edgerton è un sorprendentemente efficace Tom Buchanan. E poi c'è Elizabeth Debicki, pseudo-esordiente ed eccellente metro e novanta scarso che ruba la scena a tutti e voglio sposare domani.

L'ho visto qua a Monaco, al cinema, in lingua originale e in 3D. La lingua originale merita totalmente, perché sono tutti davvero tanto bravi e la voce è metà del lavoro. Il 3D, pure, merita, solido, potente e interessante nel modo in cui costruisce la scena, però va anche detto che il montaggio frenetico usato da Luhrmann in alcuni momenti  - soprattutto durante le feste, nella seconda metà di film si tranquillizza un po' - può rendere la visione in treddì un po' faticosa e magari molto faticosa per chi tende a patirlo.

3 commenti:

Io pure l'ho trovato un film non completamente azzeccato. Anzi, per certi versi come film mi è addirittura sembrato un po' sbagliato. Eppure, e stranamente, Luhrmann secondo me è riuscito a centrare perfettamente lo spirito e del romanzo restituendone l'atmosfera malsana (e anche le ambientazioni: le scene negli hotel e quelle alla stazione di servizio erano perfette), e l'ha fatto senza rinunciare al suo stile debordante. E a pensarci fa strano che un regista così barocco e esagerato sia riuscito a non tradire un testo tutto sommato asciutto e intimo.

Quindi siamo d'accordo: sì, ma no, quindi boh, comunque OK. :D

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