The Duke of Burgundy (GB, 2014)
di Peter Strickland
con Sidse Babett Knudsen, Chiara D'Anna
Dopo l'esordio, datato 2009, con Katalin Varga, Peter Strickland s'è conquistato le luci della ribalta con Berberian Sound Studio, una sorta di grosso omaggio al giallo italiano degli anni Settanta che non ho mai visto ma che mi dicono essere il trionfo dell'atmosfera, dell'ottima messa in scena, di Toby Jones bravo come sempre e del non andare però a parare da nessuna parte, se non nel reame delle martellate sui testicoli di chi guarda. Io, ripeto, non l'ho visto, quindi prendo con le pinze, però diciamo che il suo nuovo film, The duke of Burgundy, sembra effettivamente la nuova opera di un regista che in precedenza ha diretto una roba del genere. Questa volta, però, l'oggetto dell'omaggio (e del desiderio) di Strickland è il cinema erotico, sempre di quegli anni là.
La storia, ambientata in una serie di spettacolari ville ungheresi che rappresentano un luogo senza tempo piazzato da qualche parte nel bel mezzo dell'Europa, racconta della relazione fra Cynthia, ricca signora di mezz'età che si atteggia da gran padrona mai soddisfatta, ed Evelyn, giovane cameriera ansiosa di soddisfare la sua dominatrice. Ogni distrazione o piccolo (anche presunto) errore di Evelyn diventa una scusa per la messa in atto di punizioni umilianti, che tipicamente prevedono la segregazione in luoghi angusti o lo svuotamento della vescica di Cynthia. In realtà scatta poi lo shamalayan twist e scopriamo che la vera figura forte del rapporto è Evelyn, al punto che praticamente tutto quel che accade fra le due, ogni dialogo, ogni errore e relativa punizione, ogni scambio di tenerezza, è frutto di sua accurata pianificazione e si attiene perfino a precise sceneggiature da lei firmate.
The Duke of Burgundy non contestualizza più di tanto gli avvenimenti, sia in senso ampio (l'epoca, il luogo), sia per quanto riguarda il "momento" della relazione fra le due, si limita a mostrare questo luogo surreale, in cui vive una comunità di donne benestanti (non si vede un singolo uomo per tutto il film), appassionate di entomologia e le cui abitudini sessuali sono bene o male condivise da tutte. Ancora una volta Strickland non si immerge apertamente nel genere che sta omaggiando, limitandosi in un certo senso a guardarlo dall'esterno, seppur sfruttandone i cliché estetici, narrativi e musicali. E infatti sfugge completamente dall'esplicito: le punizioni avvengono quasi sempre fuori dall'inquadratura, raccontate solo dal notevole uso degli effetti sonori, e il massimo della tensione erotica si concretizza in un delicato massaggio. E pur giocando tantissimo sull'attesa, sull'accumulo di tensione sessuale, senza mai dargli sfogo diretto, il film alla fin fine si concentra sul raccontare l'evoluzione di una storia d'amore in un momento di crisi e il disperato tentativo di ricucire il rapporto. Ne viene fuori un'opera bizzarra, messa in scena con gran talento, senza dubbio di grande personalità, forse un po' pallosetta e inconcludente, ma anche parecchio affascinante. Consigliato? Non ne ho idea.
Se IMDB non mente, il film non è ancora stato distribuito da nessuna parte e non ha date di uscita previste, ma si sta girando i festival di un po' tutto il mondo, compreso quello di Torino a novembre, e infatti io me lo sono visto al PIFFF qua a Parigi. I due precedenti di Strickland non sono usciti in Italia, quindi non starei a sperare più di tanto in una distribuzione dalle nostre parti.
0 commenti:
Posta un commento