La prima cosa bella (Italia, 2010)
di Paolo Virzì
con Valerio Mastandrea, Micaela Ramazzotti, Claudia Pandolfi, Stefania Sandrelli
A una settimanina dalla visione, due cose mi restano in mente di La prima cosa bella: quel continuo, insistito, straniante uso del grandangolo, che così bene mostra la sensazione di disagio del personaggio interpretato dal sempre ottimo Mastandrea, e la voglia di non abbandonarsi mai al patetismo, di mantenere sempre salda la briglia e non rinunciare a un pizzico d'autoironia anche quando potresti buttarla nella valle di lacrime. E son poi i due aspetti che più mi hanno affascinato e convinto, in un film estremamente lento a decollare, poco intenzionato a raccontare qualcosa che non sia stato già detto mille volte, adagiato su binari confortevoli e rassicuranti.
All'inizio, insomma, ho fatto un po' fatica. Non so se per il modo in cui vien raccontato il prologo, per un certo distacco dai mondi narrati, o magari proprio perché è il film ad esser faticoso. Poi, però, ha preso a girare tutto per il verso giusto, probabilmente perché sono entrato in sintonia coi toni, i modi e i tempi di Virzì, con il suo umorismo verace e il tono malinconico, con la voglia di raccontare personaggi semplici e banali nella loro normalità, vicini perché un po' stupidotti e antipatici. Con un modo di fare cinema italiano nel midollo, che non puoi trovare da nessun'altra parte e che - ella! - non ti fa vergognare di esserlo, italiano. E magari col gusto per la citazione, per il richiamo alla vecchia commedia nostrana, agli attori, ai registi, ai personaggi.
Ah, poi ci sarebbero i pianti. Forse è un problema di sensibilità personale, di affinità a determinati temi e a un certo modo di far cinema ma, pur apprezzando parecchio qualche trovata, non son riuscito a farmi coinvolgere a livello viscerale. Non c'è stato, insomma, quel trasporto emotivo, quel diluvio di lacrimoni, quella commozione esasperata di cui molti van dicendo. E questo nonostante il racconto, almeno in parte, lo senta ben vicino. Magari, semplicemente, non era la serata giusta.
Il film l'ho visto all'Anteo, sala Quattrocento, in galleria. Mi metto sempre in galleria, nella sala 400, perché mi piace come si vede da lì, perché di solito c'è meno gente fra le palle, perché mi posso isolare un po'. Lo faccio sempre anche quando mi ci infilo durante le rassegne. Ah, comunque, che questo film citi a dismisura la commedia italiana di quarant'anni fa mi sembra credibile e fin troppo dichiarato in quella scena ambientata sul set, ma lo riporto più che altro sulla fiducia: io mica me la ricordo, la commedia italiana di quarant'anni fa.
Scriptnotes, Episode 665: What Can You Even Do?, Transcript
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The original post for this episode can be found here. John August: Hello
and welcome. My name is John August. Craig Mazin: Well. My name is Craig
Mazin. Jo...
7 ore fa
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