Jo nan-ja-deul (Corea del Sude, 2014)
di Young-Seok Noh
con Suk-ho Jun, Tae-kyung Oh
Eliminiamo subito eventuali dubbi: questo Intruders qua non è il remake coreano di quell'Intruders con Clive Owen che non ho mai visto ma di cui ho letto piuttosto male in luoghi mediamente affidabili. Ora, intendiamoci, non è che leggendo Intruders sul programma del festival del cinema coreano abbia subito pensato "Toh, ma pensa, un remake di quel film là con Clive Owen!", però poi ci sono incappato su IMDB e ho pensato che fosse meglio precisare. Certo, di solito sono gli occidentali a rifare i film orientali, ma viviamo pur sempre in un'epoca che ha visto emergere nei cinema orientali il remake giapponese di Gli spietati (e pare sia pure bello), quindi non ci sarebbe neanche poi troppo da stupirsi, no? Ad ogni modo, la verità è che sto cazzeggiando sulla fascia perché Intruders è un altro film di cui è difficile parlare a fondo senza svelare elementi della storia che, tutto sommato, è bello scoprire guardandosi il film. Ma proviamoci.
Lo spunto di partenza non è esattamente un tripudio di originalità. C'è un uno scrittore un po' sfigatello che decide di andarsene in una casa isolata in montagna per lavorare in tranquillità e completare la sceneggiatura su cui sta lavorando. Durante il viaggio in autobus verso il luogo disperso nella neve, si trova a chiacchierare con un paesano eccessivamente gentile, un po' invadente, quasi inquietante, che spinge lo spettatore a chiedersi se sia squilibrato. Non bastasse lui, nelle prime fasi di permanenza il nostro amico avatar del regista e sceneggiatore Young-Seok Noh incontra prima dei cacciatori locali altrettanto inquietanti e poi un gruppo di giovani turisti che decidono di insediarsi nelle casette lì attorno. C'è davvero qualcosa di cui preoccuparsi o in realtà è tutta gente tranquilla? Nel dubbio, verso metà film scatta il primo morto ammazzato e da lì in poi è tutto un dubitare di chiunque si presenti davanti alla macchina da presa, fino alle rivelazioni finali.
A rendere Intruders interessante non è tanto quel che succede, onestamente visto mille volte, ma come e perché avviene. Le montagne in cui è ambientato il film non vengono messe in scena con la solita estetica colorata e sfolgorante del cinema di genere coreano, anzi, Young-Seok Noh punta invece al realismo e ai toni sporchi. Lo stesso approccio è evidente nella caratterizzazione dei personaggi, una banda di anime semplici e meschine che, sarà la neve, mi ha ricordato un po' quella volta che anche i fratelli Coen ci raccontarono di gente meschina immersa nel bianco. Il film si sviluppa costruendo la tensione con calma, senza ricorrere praticamente mai alla violenza esplicita, puntando un sacco sull'umorismo che deriva dall'inadeguatezza del protagonista e tutto sommato alimentando a sufficienza la curiosità di capire cosa stia accadendo. Ma il punto esclamativo ce lo mette uno strato di satira sociale che sostanzialmente getta fango su ogni singolo personaggio (e, quindi, sul popolo sudcoreano), si lega a doppio filo alla rivelazione finale e lascia forse un po' addosso l'impressione che, da occidentale, sia difficile capire fino in fondo di cosa parli questo film.
Inoltre c'è la classica scena da film orientale in cui mangiano come delle fogne e m'è venuta voglia di andare al mio ristorantino coreano a spararmi i miei soliti calamari. Vado, eh.
1 commenti:
Fame!!!
Scherzi a parte, sembra mooolto interessante...
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