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15.5.15

Mad Max: Fury Road


Mad Max: Fury Road (Australia/USA, 2015)
di George Miller
con Tom Hardy, Charlize Theron, Nicholas Hoult, Hugh Keays-Byrne, un po' di donne, un bel po' di auto, qualche camion, delle moto, quattro tamburi e una chitarra

Settant'anni. Ma ci pensi? Te lo immagini, come sarai, a settant'anni? Io non ci riesco proprio. Oddio, volendo ci riesco anche, ma preferisco evitare, perché non è una gran bell'immagine, considerando come sto messo a trentasette. Ma George Miller? Eh. George Miller, a settant'anni, è tornato a fare quello che sa fare meglio, quello che non faceva da trent'anni, in un contesto produttivo moderno che, sulla carta, sarebbe perfino peggio di quello in cui trent'anni fa lo fece nella maniera meno riuscita. E che ha fatto? Ha fatto il cazzo che voleva. A preso a schiaffi tutti. Tutti. Tutti quanti. Nessuno escluso. Ha tirato fuori un film che è esattamente quel che sono stati, in maniere diverse e in epoche diverse, gli altri tre. Ha tracciato un nuovo spartiacque, ha spazzato via tutto quanto, ha spiegato a 'sti quattro sbarbatelli cosa significhi fare, oggi, cinema d'azione, di movimento, capace di raccontarsi per immagini e dedicare due ore a spaccare tutto senza per questo credere che serva solo quello, anzi, riuscendo a metterci dentro tantissimo d'altro. A settant'anni. È tornato sul luogo del delitto, su quel che aveva creato, gettandosi in un'impresa che ha fatto incespicare anche gente (in teoria) più blasonata di lui. Là dove Ridley Scott, Steven Spielberg e George Lucas hanno raccolto pernacchie, George Miller ha fatto esattamente quel che fa Max Rockatansky in quella lunga inquadratura iniziale: si è fatto una gran bella pisciata, in faccia a tutti. Tutti. Mad Max: Fury Road è un film pazzesco. Pazzesco. Pazzesco. Ne avete già letto fin troppo, ne avete già visto fin troppo, chiudete tutto, circolare, non c'è niente da vedere, correte al cinema e sparatevi nel Valhalla. Sigla!



Madonna. Solo a riascoltare questa musica, a farmi riempire la capoccia dalle immagini che accompagna, ho perso il fiato. La pelle d'oca. Le lacrime agli occhi. OK. Calma. Respira. Proviamoci. Mad Max: Fury Road. Dunque. Che roba è? È un seguito ma non seguito, recupera il personaggio ma cambia l'attore, ripesca le premesse e la mitologia di fondo ma aggiorna e reinventa tutto sparando a mille in ogni direzione, getta lì accenni e piccoli omaggi ma, come da tradizione della serie, se ne frega della continuity ferrea. È quel che dovrebbe essere un reboot, un remake, un seguito, [quel che vi pare] con due palle così, a trent'anni di distanza. È un'idea, innanzitutto di cinema e solo in secondo luogo dal punto di vista narrativo, che George Miller ha per la terza volta ripreso e trascinato a forza in un'epoca diversa, spiegando che il punto non sta nel copiare e nel riciclare, ma nell'avere qualcosa da dire, nel sapere come farlo e nell'essere in grado di interpretare linguaggio e forme del mondo che ti circonda. È un capolavoro, è il film dell'anno, è il film d'azione del decennio, è UN FOTTUTO DISASTRO DI MACCHINE SABBIA SANGUE CUORE AMORE PASSIONE LATTE CHROMO BENZINA VESCICHE PUS PROIETTILI PLACENTA ACQUA ERBA VALHALLA CHECCAZZOMISTATELEGGENDOAFFAREANDATEALCINEMA

Dicevo. Il nuovo Max Rockatansky è una perfetta reinterpretazione del personaggio originale, un uomo distrutto, fatto a pezzi dalle colpe che si porta nel cuore, che non riesce a scendere a patti con le morti incontrate lungo la propria strada, che si esprime con lo sguardo timido, ruvido, un po' schizzato, i grugniti e la folle voce di Tom Hardy. Ha l'animo corroso da chi non c'è più e il film te lo spiega con due battute e quattro immagini, gettandoti in braccio al solito, disperato uomo che sopravvive in un mondo distrutto, arrangiandosi come può, ficcandosi nei guai mentre cerca di cavarsela e finendo, ancora una volta, per ritrovare il suo spirito nell'impresa eroica, nell'altruismo che in questo mondo distrutto non dovrebbe avere più spazio. E il mondo. Mamma mia. La cosa fantastica di George Miller, del George Miller di Mad Max, è e rimane sempre quella. La fantasia, la follia, l'aprire al massimo e inventarsi tutto l'inventabile, creando un mondo futuro distrutto, insensato, che ti racconta con una quantità devastante di piccoli dettagli e idee fenomenali. È la quarta volta che ci porta nel suo futuro apocalittico, è la quarta volta che lo fa in maniera perfetta, come nessuno altro è in grado di fare, adattandolo perfettamente ai tempi in cui si trova. Mamma mia. Mamma mia.

Il futuro di George Miller è un futuro che compie un ulteriore passo avanti per farne quattro indietro, che parla di un domani straziante per raccontare l'oggi. È il regno di pochi eletti che governano le masse rincoglionendole con false speranze di morte e resurrezione, in cui tutti sono schiavi, carne da macello, guerrieri pronti a morire per un'illusione, quando non addirittura oggetti. Legioni di persone condannate a morte dalle radiazioni, che quando trovano qualcuno talmente sfortunato da essere sano e donatore universale, lo trasformano in pratica flebo da portarsi dietro alla bisogna. Donne ridotte a oggetti, forni in cui piazzare eredi, mucche da latte, schiave senza alcuna speranza. È il trionfo estremizzato dell'umanità peggiore, ribollente in un disgustoso pentolone di miseria, povertà e sfruttamento. Ed è da questo mondo che scoppia la ribellione delle donne, dell'imperatrice Furiosa (una Charlize Theron brava e intensa come forse mai in carriera) e delle sue incredibili spose, di un gruppo di protagoniste femminili che riescono ad essere allo stesso tempo splendide principesse da salvare e inarrestabili guerriere col bazooka fra i denti. Mad Max: Fury Road è uno sputo in faccia all'approccio semplicistico del blockbuster moderno, è un film che nasce per mostrare due ore di macchine che si schiantano (è cosa nota che sia partito tutto da degli storyboard, attorno ai quali si è scritta una sceneggiatura), ma che si rifiuta di limitarsi a quello. Miller ha tanto da raccontare e lo fa nella maniera migliore possibile, dicendo tantissimo con due pennellate, quattro sguardi, tre dialoghi asciutti e dell'azione calibrata come solo un maestro sa fare.

Salvami 'sta fava.

Insomma, Mad Max: Fury Road è un raro miracolo. È un film d'azione pura che ha tantissimo da dire, dei personaggi ricchi, un mondo enorme e splendidamente raccontato, perfino dei messaggi tosti, ma riesce a fare tutto questo senza vergognarsi per un secondo di essere anche e soprattutto il film con le macchine CHE SI DISTRUGGONO FORTISSIMO. Per la prima volta nella serie Miller sfora dai suoi canonici cento minuti e raggiunge quota centoventi, ma porca miseria se non te ne fa pesare un secondo. Mad Max: Fury Road è una brutale, devastante, assurda corsa dall'inizio alla fine. Ogni tanto si ferma per tirare il fiato, far benzina e raccontare un paio di cose, ma poi riparte più fortissimissimo che mai e anche mentre è lì che ti seppellisce di cappottamenti, smitragliate, sgasate, esplosioni e gente che muore male, continua a raccontarti cose e a immergersi nella sua poetica del petrolio. È qualcosa di incredibile, è uno spettacolo pazzesco, messo in scena con la brutale forza della fisicità di una volta, fra stuntman che volano in ogni dove, auto che esplodono e un utilizzo sano del computer, per aggiungere quel qualcosa che davvero serve. È poesia action dei tempi che furono, è commovente.

Il nuovo film di George Miller è un tripudio visivo senza fine, potentissimo, originale e strabordante di idee in ogni fotogramma, grazie anche alla fotografia insensata di John Seale, che ha abbandonato apposta la meritata pensione per tornare a lavorare qui. Rendiamoci conto: un regista settantenne che non dirigeva film d'azione da trent'anni e un direttore della fotografia settantatreenne che era in pensione da cinque anni ci hanno regalato questa cosa pazzesca. Pazzesca. Pazzesca. E che azione. Madonna del carmine. Inseguimenti, scazzottate, sparatorie, corse a mille, urla disperate, morti, resurrezioni, capovolgimenti, tutto organizzato e coreografato con un senso dello spazio, delle dimensioni, dei tempi, che ride in faccia al parkinson e al montaggio da Sbirulino a cui ci siamo abituati. Guardi il primo inseguimento, sei sconvolto, ti rendi conto di aver appena visto una roba grossissima che sarebbe l'invidia di qualunque altro film e a quel punto ti allacci la cintura, perché il vero viaggio deve ancora cominciare.

Ed è tutto gestito con un senso del ritmo che ha dell'incredibile, con una padronanza devastante nel sapere quando accelerare e quando rallentare, dove mettere questo e dove infilare quell'altro, senza contare la pazzesca fantasia, il turbine di idee, le immagini, le gag, i continui ribaltamenti, l'azione mai ripetitiva, il fantastico e sorprendente Nux di Nicholas Hoult, le trovate estetiche... aaaaaaargh mi sto ingarbugliando, non ce la faccio più. Basta. Basta. Ha qualcosa che non va, Mad Max: Fury Road? Mah, se proprio devo, posso dire che forse la prima parte di inseguimento dura lievemente troppo senza essersi guadagnato il diritto di farlo, perché ancora non è stata presentata chiaramente la posta in palio. Ma è il pelo nell'uovo e comunque, subito dopo, c'è il fenomenale incontro fra Max e le sue compagne di viaggio. E da lì è tutta in discesa. Tutta. Ci si getta di testa nella tempesta di sabbia ed è finita. Finita. Fi ni ta. Dita affondate nelle gambe, sudore, bocca spalancata, palpitazioni, orgia visiva, emozioni forti, trasporto emotivo, gioia. Mad Max: Fury Road è la fine del mondo. È uno schiaffo brutale e un dito puntato verso il futuro. È la quarta volta che George Miller racconta le stesse cose in maniera completamente diversa e guardando tutti dall'alto verso il basso.

A N D A T E  A L  C I N E M A

L'ho visto ieri, in Imax 3D e in lingua originale. Non ho idea di come possa essere il doppiaggio, ma di certo, potendo, l'originale merita, per i grugniti di Tom Hardy, la fantastica interpretazione di Charlize Theron e un po' tutto il resto. Solo che merita anche il cinema. Mamma mia quanto merita. Il 3D non è particolarmente strabiliante ma non fa danni, anche perché Miller adopera mano ferma, campi lunghi, azione chiara. Andate. Valhalla.

13 commenti:

Vado stasera con le figlie. Rigorosamente 2D, porto gli occhiali e il fastidio supplementare mi distrarrebbe. E ovviamente no IMAX (dove si trova?!)...

Avevo già letto la tua entusiastica recensione su IGN, e, che dire... troppi bei film tutti insieme al cinema, questo periodo, e tutti in un periodo in cui non ho soldi né tempo... tra questo, The Avengers: Age of Ultron, il terzo film di Berserk e il documentario sullo Studio Ghibli, pare veramente che me lo facciano apposta XD

Il documentario Ghibli fra l'altro merita proprio.

Segnalo anche qua un articolo meraviglioso sul film. :)

http://grantland.com/hollywood-prospectus/mad-max-as-hell-the-masterful-maniacal-surprisingly-feminist-fury-road/

Visto il film. Riletto il post. Ci sta tutto.

"madonna del carmine" è già stato detto?

Io sicuramente l'ho detto in molti contesti. :D

Mercoledi uscite con il podcast dedicato all'intera saga di mad max?:)

No, episodio regolare. Proveremo a farlo la prossima settimana. Si spera. :D

Via via, bisogna che vada a vederlo! M'hai messo una fotta...

FILM IMPRESSIONANTE! NN V SON ALTRE PAROLE.

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