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15.9.14

I nuovi episodi pilota di Amazon


Un paio di settimane fa, Amazon ha buttato fuori i suoi nuovi cinque episodi pilota, dando il via alla terza edizione del processo di votazione da parte del pubblico tramite cui si decide poi cosa trasformare in serie e cosa no. Vai su Amazon, scarichi l'episodio, lo guardi, lo voti, aspetti che vengano prese delle decisioni al riguardo e poi vai su un forum a lamentarti perché Amazon non ha preso le sue decisioni affidandosi solo ai tuoi voti. Ah, maledetta democrazia! In passato, il mio unico contatto con tutto questo carosello - e, in generale. con le serie prodotte da Amazon - è stato rappresentato dall'episodio pilota della serie TV di Zombieland, che ho guardato in ritardissimo e di cui ho chiacchierato in un episodio di The Walking Podcast subito dopo l'annuncio che non se ne sarebbe fatto nulla. Questa volta, invece, complice il fatto che stavo usando di brutto l'app di Amazon su PlayStation 3 per guardarmi la quinta stagione di The Good Wife, m'è cascato l'occhio su 'sta cosa della Amazon Pilot Season e mi son detto "Beh, stanno lì, perché no?". Ecco, col senno di poi, un paio di "perché" ce li avrei anche, ma insomma, me li sono guardati tutti e cinque, ormai da oltre una settimana, sono andato pure a compilare il sondaggio (ti fanno quattro domande a risposta multipla, l'ultima delle quali richiede una valutazione secca di merito) e adesso m'è venuta voglia di scrivere due scemenze al riguardo.

Che cos'è?
Una commedia scemotta ambientata negli anni Ottanta, con il protagonista un po' sfigato ma che in fondo ha una certa dose di successo con le donne dal look improbabile dell'epoca. Attorno a lui e alle sue disavventure si trovano il classico cast di amici-macchiette e Paul Reiser nel solito ruolo di Paul Reiser. Il tutto è ambientato in un tennis club pieno di ricconi (probabilmente) cocainomani e ripreso con Instagram, o qualcosa di simile.

Come mi è sembrato?
Ho iniziato da questo perché in quei giorni non avevo tempo di dedicare un'ora alla cosa e allora mi sembrava il caso di partire dalle commedie, che durano meno. Dopo dieci minuti ero già scoraggiato e pesantemente attirato dallo smartphone appoggiato sul tavolino davanti a me, ma ho tenuto duro e sono arrivato fino in fondo. In linea teorica i nomi coinvolti - David Gordon Green alla regia, Steven Soderbergh in produzione - dovrebbero garantire una qualità che, boh, non mi sembra esserci. Il tentativo è chiaramente quello di tirar fuori una specie di Superbad, o forse di Adventureland: ci sono gli anni Ottanta, ci sono tutti i riferimenti da anni Ottanta (musiche in primis, ma non solo) e c'è quel taglio a metà fra la comicità scorretta e la malinconia da adolescenza che se ne va. Solo che se passo tutto il tempo a rendermi conto che "Ah, qui dovrei ridere", c'è un problema. Poi, certo, magari il problema è mio, but still. Detto questo, i personaggi, per quanto non esattamente un tripudio di originalità, sono tutto sommato ben costruiti e hanno il potenziale per crescere se la serie va avanti.

Quanta voglia mi ha messo addosso di andare avanti, nel caso vada avanti?
Poca. Ma diciamo che se ne leggo bene in giro, magari, una chance glie la do. Tanto sta lì, su Amazon.

Che valutazione gli ho messo su Amazon?
Average


Che cos'è?
Ce lo vendono come sguardo onesto al "dietro le quinte" delle complessità emotive e psicologiche della vita matrimoniale e della raggiunta consapevolezza di non essere più tanto giovincelli. Il che si traduce in un sacco di battute a sfondo erotico, situazioni che coinvolgono il sesso orale e un tentativo di sembrare onesti e privi di vergogna facendo finta che Girls non abbia spostato di svariati chilometri i confini del tollerabile quando si parla di questi argomenti. E infatti sembra il Girls del discount, nel senso che al discount certe cose non te le puoi permettere.

Come mi è sembrato?
Ma c'è un altro parallelo, con Girls. Di fondo, quella di Lena Dunham non è una commedia in senso stretto e, quando ti fa ridere, lo fa sempre lasciandoti addosso un certo senso di disagio. Si potrebbe dire lo stesso di Really, o quantomeno dell'episodio pilota di Really, con la differenza che questo, ad essere una commedia, ci prova eccome, e il senso di disagio te lo lascia addosso perché sei lì che, quando scatta il momento in cui dovresti ridere, sei tu a dire "Really?". Poi, per carità, volendo c'è anche qui del potenziale, senza contare che immagino a qualcuno faccia piacere vedere Sarah Chalke impegnata nelle sue evoluzioni sessuali col marito. Io, mentre lo guardavo, ho esclamato talmente tante volte "Really?" che a un certo punto ho deciso di interrompere la visione. E, voglio dire, non mi capita praticamente mai di abbandonare una cosa che inizio, ho quel genere di ossessivo-compulsività. Però qua mi sembrava proprio di stare buttando via il mio tempo. Solo che poi mi sono ricordato che c'era Selma Blair e ho deciso di riprendere la visione e arrivare fino in fondo. Ho sofferto abbastanza.

Quanta voglia mi ha messo addosso di andare avanti, nel caso vada avanti?
Pochissima, ma non escludo di cadere in tentazione quando (se) me le ritroverò davanti su Amazon. Giusto per vedere cosa fanno fare a Sarah Chalke e Selma Blair.


Che valutazione gli ho messo su Amazon?
Poor


Che cos'è?
Altro giro, altra commedia, questa volta scritta, diretta e prodotta da Whit Stillman, di cui credo di aver visto solo il bizzarro Damsels in Distress. Si racconta di un gruppo di giovani e bellissimi rampanti americani che vivono a Parigi e passano le loro giornate chiacchierando seduti sui tavolini di vari locali. C'è Adam Brody che sembra arrivare per direttissima dal set di The O.C., c'è Chloe Sevigny che fa la donna affascinante e sfuggevole, c'è Carrie MacLemore nei panni dell'americana totalmente pesce fuor d'acqua e preda degli autoctoni dall'accento strano e ci sono un po' di altri (mediocri) attori a occupare lo spazio dei sagomati di cartone che fan da contorno.

Come mi è sembrato?
M'è sembrata la classica storiella di gente bellissima, pulitissima e di cui non me ne frega nulla, ma che immagino abbia un suo pubblico, altrimenti non continuerebbero a proporre storie del genere e non riuscirebbero, di tanto in tanto, a trasformarle in serie di successo. Anche qui, fra l'altro, s'è ripresentata la costante del mio esclamare "Really?" di fronte a ogni gag. Evidentemente è il tema delle serie comiche Amazon. Va comunque detto che l'ambientazione parigina regala al tutto un look diverso dal solito e che quantomeno si vede lo sforzo di ingaggiare attori che conoscano la lingua in cui si ritrovano a parlare (per dire, c'è Adriano Giannini nel ruolo dell'amico italiano che, in quanto italiano, ne se a pacchi su come si trattano le donne). Pare una cosa da poco, ma non è che sia esattamente la norma, nelle produzioni americane. Anzi, la norma è l'esatto contrario, americani che parlano lingue straniere completamente a caso. Ah, anche di questo ho interrotto la visione verso metà, ma insomma, visto che poi ho recuperato Really, mi sentivo in colpa a non guardare fino in fondo solo The Cosmopolitans, quindi ho rimediato. Ho sofferto molto.

Quanta voglia mi ha messo addosso di andare avanti, nel caso vada avanti?
Zero assoluto.

Che valutazione gli ho messo su Amazon?
Poor


Che cos'è?
Un thriller ispirato ad eventi reali, per la precisione il caso delle diciotto cheerleader di Le Roy (New York) che nel 2012 si sono ritrovate preda di tic e reazioni fisiche incontrollabili, propagate fra di loro secondo delle modalità da isteria di massa mentale. Il fatto viene anche citato in questo episodio pilota, che quindi non si tratta di una rielaborazione in senso stretto ma di un "È già capitato!". Protagonista degli eventi è una psicologa chiaramente formatasi con un pratico corso in fascicoli della Hobby & Work, che viene chiamata a investigare sul caso ma nasconde un oscuro segreto: suo fratello è un condannato a morte e ogni tanto, quando lei va a trovarlo, si esibiscono in una deliziosa imitazione della coppia Lecter/Starling.

Come mi è sembrato?
Tolti i primi dieci minuti in cui le mani e le rughe di Mena Suvari mi hanno messo di fronte alla tragica realtà degli anni che sono passati da American Beauty e dal primo American Pie, ho onestamente fatto un po' fatica a trovare motivi d'interesse, più che altro perché respinto dalla solita banda di adolescenti tutte un po' ribelli, super sessualizzate e senza un minimo spunto di caratterizzazione che vada oltre gli ovvi cliché. Fondamentalmente il racconto prende l'episodio reale e lo fonde con la fissazione di questi anni per gli smartphone, i social network e i video su internet, generando un po' quella sensazione da telefilm che tenta in maniera impacciata di raccontare cose moderne e giovani. Alla fin fine, sono più interessanti - per quanto altrettanto banalotte - le storie di contorno e, tutto sommato, il rapporto bizzarro della protagonista col fratello lascia addosso un minimo di curiosità. Ma insomma, è poca cosa. Di certo, sono arrivato in fondo più che altro per senso del dovere, aiutato da un po' di cazzeggio su Twitter.

Quanta voglia mi ha messo addosso di andare avanti, nel caso vada avanti?
Nel caso, guarderò cosa se ne dice e mi farò un'idea.

Che valutazione gli ho messo su Amazon?
Below Average


Che cos'è?
L'esordio televisivo di uno fra i registi più versatili in attività. Voglio dire, si possono discutere i risultati, ma di sicuro Marc Forster non è uno che si fa problemi a saltare come uno schizzato da un genere all'altro, e basta scorrere la sua filmografia per rendersene conto: Monster's Ball, Neverland, Stay, Vero come la finzione, Il cacciatore di aquiloni, Quantum of Solace, Machine Gun, World War Z. Ad ogni modo, Hand of God è il nuovo esponente del filone "Gente normale che sbrocca a causa di un evento traumatico" e nello specifico racconta del giudice Ron Perlman che, messo di fronte al tentato (e ai limiti del riuscito: è in coma) suicidio del figlio, scivola nei meandri di un trip religioso vendicativo e si lascia tentare dalla pratica di giustiziere della notte.

Come mi è sembrato?
Di sicuro è il pilota più curato sul piano visivo del gruppo e, beh, ci mancherebbe altro. Poi c'è Ron Perlman, che è un valore aggiunto per qualsiasi cosa e riesce a dare senso a un racconto che comunque viaggia costantemente sul baratro del ridicolo. È un po' tutto molto sopra le righe, tant'è che leggo in giro chi lo paragona a iniziare a guardare Breaking Bad quando Walter White è già completamente uscito di testa, ma tutto sommato ci sono degli elementi interessanti, anche se, onestamente, gli sviluppi sono piuttosto prevedibili. Il modo in cui tutto gioca sul "Ma sarà veramente pazzo oppure c'è del senso in quel che dice?", comunque, funziona abbastanza e fa conservare un minimo d'interesse fino alla rivelazione finale. O, quantomeno, ci riesce rispetto agli standard piuttosto bassi degli altri quattro episodi pilota.

Quanta voglia mi ha messo addosso di andare avanti, nel caso vada avanti?
Beh, devo ammettere che il finale mi ha incuriosito, non tanto per il colpo di scena abbastanza telefonato, quanto perché potrebbe essere divertente vedere come gestiscono tutto quel che c'è da svelare, oltre alla progressiva perdita della brocca di Ron Perlman (e del suo amico Garret Dillahunt, che in questo genere di ruoli è sempre ottimo).

Che valutazione gli ho messo su Amazon?
Above Average

Ho l'impressione di non essere esattamente parte del target di Amazon.

1 commenti:

Tra tutti, quello con Ron Perlman mi pare il migliore. Forse perché, per l'appunto, c'è Ron Perlman. Questa cosa di Amazon comunque non la sapevo!

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