Pur vivendo a Monaco, continuo a comprare un tot di fumetti italiani nella mia solita fumetteria a cui voglio tanto bene (Supergulp). Chiaramente riesco a passarci solo una volta ogni [numero variabile] mesi, ritrovandomi quindi con una pila di fumetti considerevole da ritirare (sorvoliamo sul fatto che ai "bei" tempi in cui facevo realmente la mia parte per mantenere in piedi il mercato del fumetto in Italia la mia casella generava pile ben più generose in un mese o poco meno). Durante queste due settimane natalizie, soprattutto durante la manciata di giorni spesa in montagna, ho quindi letto fumetti come se non ci fosse un domani (cosa che, fra l'altro, essendo iniziato il 2012, potrebbe anche verificarsi). A un certo punto, dalla pila sono spuntati i primi tre numeri di Shanghai Devil. Apro il primo e mi trovo davanti il solito editoriale di Sergio Bonelli. E, uhm, mi viene in mente che un paio di mesi fa, mentre ero in vacanza negli iuessei, Sergio Bonelli è morto. Improvvisamente mi rendo conto di avere fra le mani, probabilmente, quello che per me sarà l'ultimo editoriale scritto da Sergio Bonelli, anche se poi, tecnicamente, magari non è l'ultimo che ha scritto. Prendo in mano gli altri due albi e sì, è così: sul secondo numero c'è un pezzo firmato dalla redazione, sul terzo la firma è del figlio Davide Bonelli. Sarà strano, ma in quel momento, molto più che a leggere la notizia due mesi fa, forse perché colpito fortissimo dalla semplice idea di quanti editoriali firmati Sergio Bonelli io possa avere letto nella mia vita e dal fatto che improvvisamente ho fra le mani l'ultimo, mi sono veramente reso conto che Guido Nolitta non c'è più.
Ora, io non posso certo definirmi un bonelliano di ferro. Ho smesso di seguire da parecchi anni la maggior parte delle sue pubblicazioni, non ho mai saputo apprezzare Tex, ho letto Ken Parker solo recuperandolo a posteriori e, in un modo o nell'altro, sono sempre stato molto più appassionato di fumetti americani e giapponesi. Men che meno ho le conoscenze e la capacità di mettermi qui ad esprimere quanto possa essere stato importante, decisivo, positivo, eventualmente anche negativo, per la cultura, la diffusione, la qualità del fumetto in Italia. Però, nonostante tutto, nella mia cultura da fumettaro, Bonelli ha rappresentato qualcosa di importante. Per dirne una, è con Bonelli che ho iniziato davvero a leggere fumetti. Certo, prima c'erano Topolino e tutta la Disney, magari un Batman e un Uomo-Ragno ogni tanto, uno Slurp e un Corriere dei piccoli, e c'erano tanti numeri dei Tranformers. Ma erano tutte cose che mi imboccavano in maniera casuale, senza che si scatenasse poi questa vera passione. Il mio primo ricordo di un fumetto seguito per davvero, con le mie manine, andando a comprarmelo in edicola, si chiama invece Dylan Dog.
Quella settimana era scattata a scuola (si parla della prima media, avevo quindi dieci anni) la campagna moralizzatrice pro riciclo della carta. E quel giorno ci avevano invitato a portare cumuli di carta da gettare nel nuovo grosso raccoglitore fuori dalla scuola. Il mio compagno di classe - fin dalla seconda elementare - Giorgio (chissà che fine ha fatto) aveva in mano tre fumetti, dalla costina nera, e si apprestava a buttarli. La coda dell'occhio mi cade su un titolo, "Le notti della luna piena", e mi rendo conto che, caspita, si tratta di horror. Agile come un felino che ha visto aprirsi una scatoletta di tonno, gli salto addosso, cerco di fermarlo e riesco a salvare proprio quel numero tre (solo col senno di poi mi rendo conto che in quel momento perdo l'occasione di avere in collezione anche i primi due numeri originali, oltre che il terzo). Lo porto a casa, lo leggo avidamente e scatta la scintilla. Inizio a comprare tutti i numeri che mi riesce di comprare (quando gli avanzi di paghetta lo permettono) e a seguire per davvero, per la prima volta, una serie a fumetti, mese per mese, più o meno. All'inizio, per me, si tratta di roba un po' tosta. Non per i toni horror, figuriamoci, quelli sono il meno, del resto la mia passione per le budella ha radici profonde. Solo che i personaggi parlano davvero troppo, e ogni tanto finisco per saltare qualche vignetta, qualche pagina, e scorrere fino all'ammazzamento successivo (o alla tetta successiva!). Piano piano, però, Dylan Dog riesce ad educarmi alla lettura e finisco per leggere, leggere e rileggere, per intero, non saltando una singola vignetta, tutti i numeri. Non ho veramente idea di quante volte io abbia letto la prima cinquantina abbondante di episodi di Dylan Dog, ma sono tante, eh, sì.
E poi da lì è stato tutto un procedimento a valanga. Ero geloso e fedele al mio Dylan Dog, ma piano piano, anche inzigato da amici, ho cominciato a provare le altre serie, da Martin Mystère a Mister No, a Zagor a poi via via che uscivano i vari Nathan Never, Nick Raider e compagni. Mi sono dato alla ricerca selvaggia di arretrati, recuperando Ken Parker (e scoprendo uno dei miei fumetti preferiti di sempre) e tutte quelle vecchie storie di Zagor e Mister No, leggendo tutto il periodo migliore del Sergio Bonelli che scriveva e si firmava Guido Nolitta, con momenti davvero belli e che mi rimangono dentro ancora oggi. Per tanti anni, mentre piano piano mi appassionavo anche al fumetto americano e giapponese, ho continuato a leggere praticamente tutto quello che Bonelli offriva, arrivando solo molto tardi a rendermi conto che mi ero stancato. Smettendo piano piano di seguire alcune serie, consumando avidamente proposte nuove e interessanti come Napoleone, Magico Vento, Dampyr, ma soprattutto continuando imperterrito a leggere Dylan Dog. E arrivando, certo, poi al momento chiave del: "Ok, sono almeno due anni che compro e leggo Dylan Dog senza che me ne freghi nulla". Siamo un po' dopo il numero 100, se non ricordo male un po' prima del numero 150. E improvvisamente, dopo dieci anni abbondanti di fedeltà, decido di non acquistare più la serie con cui ho iniziato a leggere fumetti. A leggerli per davvero. Si apre il tappo e da lì in poi, pur mettendoci anche molto tempo su alcune cose, inizio ad essere parecchio selettivo, a dare relativamente poca fiducia alle serie che non mi convincono. Smetto insomma di leggere per abitudine.
Oggi, di tutto questo, mi restano in libreria a Monaco - perché a Monaco non mi sono portato tutto, ma mi sono portato tanto - un bel po' di numeri di varie serie Bonelli. Fra cui i primi cento, più speciali, di Dylan Dog. Continuo a leggere alcune, pochissime, pubblicazioni Bonelli e certo non ho quel legame con l'editore che potevo avere un tempo. Ma nonostante questo, leggere quell'ultimo editoriale mi ha lasciato di sasso. Perché davvero si tratta di qualcosa che in qualche modo chiude un'era. Un'era mia, tutta personale, e chissenefrega dell'era che si chiude per il fumetto italiano. Un'era fatta di tante cose, che poi magari c'entrano anche poco coi fumetti, come la marea di gadget, le spille, gli adesivi, i poster, le magliette (chissà quando sono sparite dall'armadio), i diari scolastici e tutto l'ambaradan legato a Dylan Dog, compresi ovviamente i videogiochi. Le notti della luna piena per Commodore 64, ovviamente, ma anche Gli uccisori e Attraverso lo specchio per Amiga, e poi quelle cose bruttarelle uscite in edicola.
E l'affetto che provo per quei due Dylan Dog Horror Fest a cui ho partecipato non si può descrivere a parole. Il festival dei film horror, proiettati sullo schermo gigante, a due passi da casa. Figuriamoci! Uscire di corsa dal cinema dove ero andato a vedere Akira (che, sì, avevano distribuito al cinema in Italia, pensa te) e correre al PalaQualcosa per guardare gente che veniva sbudellata. Entrare gratis solo perché avevo l'albetto, sedermi in sala circondato da gente che si divertiva come me. Urlare, ridere, sbraitare e tifare in base a quel che accadeva sullo schermo. Le grida di tutto il pubblico gasato a mille sulla scena della vestizione nel film di Guyver. Vedere dal vivo Lance Henriksen. La canzone dei Motorhead che partiva fortissima prima di ogni film. Il programma da spulciare e seguire con passione. La gente con cui andai a guardarli, i film, e i film che andai a vedermi da solo, parcheggiato in un angolino del palazzetto ad ascoltare musica col walkman e sfogliare il Dylan Dog del momento mentre attendevo l'inizio. Hellraiser III, il ninja di Dio originale e La casa nera. Tanti anni dopo ho seguito ennemila rassegne di cinema, fra Cannes e Venezia, ma quelle due lì, mamma mia, che ricordi. E poi ho ancora da qualche parte le locandine, i poster, i programmi, le spillette, pure qualcosa di autografato... ah!
Dal vivo, Sergio Bonelli, l'avrò visto un paio di volte. Di sicuro l'ho incrociato a qualche Lucca, ma soprattutto lo vidi lì sul palco di un Dylan Dog Horror Fest, assieme a Silver e non so chi altro, in una piccola tavola rotonda dedicata ai fumetti, prima di un divertente film con protagonista Ted Raimi. Ricordo che una parte del pubblico lo fischiava e non lo faceva parlare, boh, forse perché sembrava loro inutile ascoltare questi che parlavano prima di guardare un film. Poveri stronzi. Ricordo che un po' mi vergognai di stare lì in mezzo, in quel momento. Fosse anche solo perché, oh, tutti quei film horror ce li stavamo guardando gratis grazie a lui. Essù, dai.
Fra l'altro scopro adesso, leggendo su Wikipedia, che il primo numero di Dylan Dog è uscito in edicola il 26 settembre, il giorno dopo il mio compleanno. Nel 1986, quando di anni ne avevo appena compiuti nove.
2 commenti:
I fumetti di SBE hnno accompagnato la crescita di milioni di trent'enni e non solo. Anche io mi ricordo con una certa lacrimuccia il giorno in cui poco piú che 13enne avevo messo le mani sul primo fumetto horror della mia vita e fu subito amore a prima vista...esattamente il nº7 La zona del crepuscolo. Dyd l'avevo iniziato cosi, senza troppi scazzi e non capendo per davvero quelle storie che negli anni si sono trasformati in una grande passione e in una grande collezione - tutt'oggi annovero piú di 15.000 albetti fra me e mio padre...e non vi dico quanti scatoloni occupano spazio in garage.
Mi ricordo gli anni in cui avevo preso in blocco Nathan Never oppure Tex, giorni in cui divoravo 4 o 5 albetti al giorno perché dovevo recuperare il tempo perso e rimettersi in carreggiata era davvero dura. Con la SBE sono sempre stato fedele e continuo tutt'oggi a seguire le sue uscite...anche Dyd che però con gli anni ha perso quel suo tocco magico.
Ecco perchè la notizia della morte dell'editore avrà dato tristezza a molti, anche a quelle persone che non lo conoscevano dal vivo...ma il SBE era come uno di famiglia perchè é grazie a lui che sogno tantissime avventure fin da quando avevo 13 anni.
Uh, che bel post da commozione. Io pure ho iniziato davvero a leggere fumetti con Dylan Dog: il mio primo numero fu "I conigli rosa uccidono", fregato a un compagno di vacanza ai tempi delle medie, e letto in una baita mentre fuori tribolava una tempesta di neve.
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