Låt den rätte komma in (Svezia, 2004)
di John Ajvide Lindqvist
Ho letto Lasciami entrare qualche tempo fa, un po' più di un anno dopo averlo comprato in un raptus da 3X2 in quel luogo di perdizione che è Waterstone, durante un viaggio organizzato per andarmi a vedere Avatar all'Imax. Non avevo mai visto il film di Tomas Alfredson a cui tutti vogliono benissimo, sapevo a malapena di cosa parlasse e mi aspettavo una specie di torbida e poetica storia d'amore fra due bambini, in cui lei ha la sfiga di essere una vampira. Che, volendo, potrebbe anche riassumere perlomeno lo spunto di base, ma è un modo assai limitato, e limitante, di descrivere il gran bel libro contenuto nelle cinquecento e oltre pagine del paperback la cui copertina è riprodotta qua sopra.
Lindqvist, infatti, racconta il lato più oscuro della Stoccolma suburbana nei primi anni ottanta, o magari anche di qualsiasi altra periferia (clima a parte) in cui le persone tendano ad abbracciare i loro aspetti più deprimenti e poco adatti al vivere comune. I personaggi di Lasciami entrare sono più o meno tutti dei solitari, depressi disadattati: ragazzini che si esprimono attraverso il bullismo, genitori assenti, magari alcolisti, che trascurano i propri figli, un pedofilo assassino, una mostruosa bimba vampira e un ragazzino vessato da chi lo circonda e da turbe psichiche non indifferenti. Insomma, un bel campionario di bassa umanità, raccontato con un taglio a modo suo piuttosto realistico e un approccio assolutamente smitizzato alla questione dei vampiri. Eli è una bambina dodicenne per modo di dire, una creatura mostruosa che non può vivere senza bere sangue, che quando non si ciba da qualche giorno inizia ad abbruttirsi e a puzzare di morto, che non ha neanche l'eleganza di essere una brava predatrice, anzi, tende a fare sempre un gran casino, e che - giusto per non farsi mancare nulla - nasconde anche un segreto mica da ridere. Oskar è un bambino cicciottello, sfigato, che patisce il bullismo dei compagni ma in fondo cova dentro di sé una rabbia ai limiti della furia omicida, al punto di desiderare fortemente, sinceramente, di uccidere a coltellate i suoi persecutori e al punto di arrivare a identificarsi con un serial killer che tormenta la città e temere di essere lui stesso il killer. Poi, giusto per completare il campionario di protagonisti disgustosi a cui far affezionare il lettore, Lindqvist ci mette di mezzo anche un pedofilo assassino costantemente tormentato dalle azioni che compie in nome del suo amore per Eli.
Questo trio si muove in un contesto che Lindqvist esplora a fondo, lavorando sugli ambienti e sui caratteri per dare peso anche a tutto ciò che è contorno (penso per esempio ai bulletti, approfonditi anche più del necessario per dare loro una sostanza e delle motivazioni che vadano oltre le sagome di pura funzione). Il risultato è un romanzo strano, storto, che non si lascia mai davvero andare al romanticismo dell'amicizia fra i due bambini e si concentra invece di più sul freddo racconto di eventi per buona parte raccapriccianti. L'approccio "realistico" alla condizione paranormale di Eli raggiunge forse l'apice nella parte dedicata a una delle sue vittime, assalita e lasciata in vita, che piano piano si trasforma in vampiro e la cui mutazione viene raccontata in maniera lenta, estenuante, agghiacciante, drammaticamente credibile e proprio per questo struggente. Ma più in generale, il fascino del racconto sta proprio nella sensazione di normalità e credibilità con cui tutto si svolge. I personaggi, nella loro assurdità, sono credibili, così come ha tristemente senso quel che fanno, e la bestiale, per nulla umanizzata o poetizzata, natura dei vampiri sembra anch'essa poter avere diritto di cittadinanza in un mondo tanto cupo e deprimente. Poi, certo, piano piano si arriva a un culmine in cui accade tutto quel che deve accadere e si scatena la violenza, mentre i due protagonisti si avvicinano sempre di più fra loro in un tripudio di amicizia, giovane amore e crescita da romanzo di formazione. Ma se in altri racconti sarebbe soprattutto la vampira Eli ad avvicinarsi all'umano Oskar, qui sembra avvenire più il contrario, con quest'ultimo che rinuncia a quel poco di umanità che gli resta per poter comprendere e apprezzare fino in fondo la sua nuova e unica amica. E non è una differenza da poco, considerando quanto puzza.
Di Lasciami entrare esiste un'edizione italiana pubblicata, anche in formato eBook, da Marsilio. Io l'ho letto in inglese perché è capitato, non è che ci tenga particolarmente a leggere in inglese libri svedesi. Ne ho scritto adesso, pur avendolo letto un tot di tempo fa, perché l'altro giorno mi sono guardato il film e m'è venuta voglia di farlo. Oltre che perché mi dà sempre fastidio lasciare le bozze vuote su Blogger. E poi mi diverte vedere cosa viene fuori quando scrivo a mesi di distanza. Tante volte quel che ti rimane dentro è più interessante dell'impressione a caldo.
2 commenti:
Vidi prima il film svedese,che mi ipnotizzò(un horror che non è horror,dove "tifavi"per il mostro....incredibile!),poi lessi il libro,che ancor più duro(assai)del film,mi piaque altrettanto se non di più.
Ho una visione lievemente differente(comunque simile)dell'umanità del film(e libro).
Semplicemente,è così bassa l'umanità descitta,che le motivazioni del bimbo e del vampiro sono,tutto sommato,le più pure e sincere(che è tutto dire).
Mi stupisce invece vedere che nessuno ha commentato.
Peccato perdersi queste perle(film e libro).
Ah,Giopep,per caso ne hai visto il remake americano?
Hanno rovinato tutto come quasi sempre fanno in caso di remake?
Non l'ho ancora visto, conto di farlo, non me ne hanno comunque parlato male.
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