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9.4.14

Lei


Her (USA, 2013)
di Spike Jonze
con Joaquin Phoenix, Amy Adams e la voce di Scarlett Johansson

Mentre guardavo i minuti iniziali di Her, che chiamerò Her perché mi piace di più, voglio fare il rompipalle coi titoli originali e mi fa strano scrivere Lei, che poi sembra che stia parlando di qualcuno e comunque adesso ci metto un punto, ché mi sto incasinando. Dicevo, mentre guardavo i minuti iniziali di Her, mi sono ritrovato a pensare che, in effetti, è abbastanza vero: se scavi nell'hard disk di una persona, oggi come oggi, ci trovi tanto che la descrive. Ed è ancora più vero, soprattutto oggi, se allarghiamo il concetto di hard disk e diciamo che si parla del pezzo d'hardware in cui la tal persona conserva le sue cose, poco importa se si tratta di uno smartphone o altro. E dai, infiliamoci pure il cloud, se proprio dobbiamo. Non è solo una questione di cosa ci si trova dentro, delle foto, delle e-mail o di chissà che, ma anche di come tutto questo è sparso in giro, di cosa invece non c'è e di tanti altri piccoli dettagli che poi, se li analizza un'intelligenza artificiale con la voce di Scarlett Johansson, finiscono per definirne il proprietario anche meglio di come saprebbe farlo lo Sherlock Holmes di Benedetto.

Ma intanto il film andava avanti, senza preoccuparsi di quel che pensavo io, e a un certo punto mi sono ritrovato a pensare che, dai, l'Oscar alla sceneggiatura ci stava proprio tanto bene. Per la precisione m'è saltato alla mente durante l'amplesso, quando c'è quell'improvviso stacco sul nero che ti proietta nel mondo dell'immaginazione grazie alle perfette voci dei due attori. E non è che sia solo quello, perché poi ci sono i dialoghi frizzanti, quella scena iniziale così perfettamente costruita, l'incedere costante e impeccabile, il modo meraviglioso in cui Jonze riesce a prendere una commedia romantica assolutamente classica, aderente in tutto agli stereotipi del genere, e usarla però per raccontare qualcosa di moderno, particolare, nuovo, che riesce comunque a dire cose interessanti. Her ragiona su cosa possa significare essere un'intelligenza artificiale e su come la sua esistenza modificherebbe il mondo e le persone attorno ad essa, racconta tante cose con cui molti si trovano in imbarazzo trattandole invece alla perfezione, trovando chiavi comiche inedite, sincere, spiazzanti e poi alla fin fine sfruttando il pretesto fantascientifico per parlare soprattutto d'altro, del suo protagonista, di amore, solitudine, rapporti umani e lotta contro i ricordi. Paradossalmente, nonostante di fondo proponga tutte le svolte narrative che ci devono essere, mentre lo guardavo, Her riusciva a sorprendermi e farmi chiedere cos'altro si sarebbe inventato e lo faceva raccontando una semplice e prevedibile commedia sentimentale americana classica, che non mi risultava praticamente mai stucchevole e pesante, solo delicata, intelligente e adorabile.

Dopodiché, alla sua seconda apparizione, ho agitato il ditino sorridendo e indicando Chris Pratt, bisbigliando "Ma... ma... ma... " mentre mi rendevo conto che stavo ascoltando la voce dell'omino Lego, e al mio fianco ho visto muoversi una testa a indicare un vigoroso "Sì."


Nei minuti successivi è arrivato quel momento che si manifesta ogni volta che guardo un film in cui c'è Amy Adams. È il momento in cui penso "Porca miseria quanto è brava Amy Adams". La cosa fantastica è che non arriva mai subito, perché all'inizio non ci faccio proprio caso: è troppo brava, troppo naturale, troppo calata nel ruolo, mi limito a goderne senza rendermene conto. Poi, però, succede qualcosa che mi fa accendere la lampadina e me ne ricordo. Mi ricordo anche che, ehi, lo sapevo già che è tanto brava, non è mica la prima volta che la vedo, ma non posso fare a meno di stupirmene. E porca miseria se anche qui è brava, mostruosamente naturale, perfetta, credibile, pazzesca Amy Adams. Oltre che portatrice sana di una bellezza tutta semplicina e disarmante, ancor più in un film che fa di tutto per renderla ordinaria e lo fa quando ancora ho nella capoccia la versione bomba sexy vista in American Hustle.

Ed è stato più o meno lì, da qualche parte durante la fase centrale del film, mentre ero affascinato e sedotto, mentre ascoltavo la voce di Scarlett Johansson un po' roca e mi dicevo che se non la inquadrano è proprio brava pure lei, che mi sono ritrovato a pensare a Roger Ebert. O, meglio, a quanto mi sarebbe piaciuto leggere una recensione di questo film firmata da Roger Ebert. Ho proprio una voglia matta di leggerla, quella recensione, e invece non potrò mai farlo, a meno che non saltino davvero fuori le intelligenze artificiali capaci di ricreare lo spirito, il cuore e la passione di chi non c'è più. Cacchio, se mi manca, poterlo leggere. Oddio, ho già capito, adesso vado a saltellare fra un link e l'altro e a rileggermi cose di e su Rogerino Ebert. Torno subito.

Tic-toc-tic-toc-tic-toc...

A un certo punto, mentre guardavo il film, mi sono ritrovato a pensare a queste cose qua, a queste cose che avrei scritto nel post sul blog, un po' così alla rinfusa, invece di mettermi a chiacchierare del film in maniera normale, perché in fondo che ne vuoi dire? Pensavo anche a quel che sto scrivendo in questo paragrafo qua, e adesso mi si sta arrotolando il cervello. E uno potrebbe chiedersi perché non stessi invece pensando al film. Ma in verità ci stavo pensando, al film, contemporaneamente. E me lo stavo anche guardando e vivendo con passione, senza pensare ad altro. In pratica funzionavo come l'intelligenza artificiale, mille cose assieme a compartimenti stagni intercomunicanti, indipendenti ma anche collegati, con Joaquin Phoenix che si siede sulle scale e osserva tutti quelli che passano di fianco a lui, non più zombi con lo sguardo affossato dentro l'app di Facebook ma comunque ipnotizzati a chiacchierare con persone fatte di numeri e virgole, mentre lui si chiede quali fra di loro siano le persone che condividono l'amore che sta perdendo.

E poi, pian piano, sono arrivati i titoli di coda e io mi sono ritrovato a pensare che, ehi, pure Joaquin Phoenix è di una bravura e una naturalezza come al solito fuori scala, che qui mette in mostra tenendo in piedi tutti quegli scambi a due con il suo solo volto, dovendo affidare unicamente alla propria espressività tutte le emozioni trasmesse. Pazzesco. E mentre pensavo a questa cosa, mi sono ritrovato a sorridere per l'omaggio a James Gandolfini e a ridacchiare scoprendo che quelle due altre voci erano di Kristen Wiig e Brian Cox. Poi son tornato a casa chiacchierando con la mia Her, giungendo alla conclusione che il film ci era piaciuto da matti. Abbiamo mangiato qualcosa, mi sono dovuto mettere a lavorare per finire un paio di robe che m'ero lasciato alle spalle in un pomeriggio convulso e ho deciso che, prima di andare a dormire, dovevo scrivere questo post. Poi lo rileggo e pubblico domani, non importa, ma avevo bisogno di scriverlo subito. Così, un po' a caso.

L'ho visto al cinema, qua a Parigi, in lingua originale. Solo ieri, perché è andata così. Leggo in giro che oltre un terzo delle copie distribuite in Italia era in lingua originale. Bravi. Fra l'altro si sono fatte quasi le due, magari dovrei anche andare a dormire, ché mi aspetta un'altra giornata pesante. Buonanotte.

10 commenti:

A me Joaquin m'è stato sulle palle per tutto il film, non so perché. Sarà che era palesemente in ambasce con gli occhiali, però non so, l'ho mal sopportato. Bravo, eh, però no. Problema mio, chiaro.

Tutto il resto incantevole, già.

Film adorabile, che per qualche motivo associo a quell'altro capolavoro di lost in translation, un po' forse perché c'è protagonista scarlett, un po' perché anche lì alla fine si trattava di una storia d'amore\amicizia dove l'ambientazione (in her la tecnologia) è solo un aspetto che regala alla visione quel pizzico di novità e interesse in più. E in realtà il legame tra Phoenix e la Adams mi è sembrato molto simile a quello tra Murray e la Johansson

sceneggiatura da oscar, e post da oscar ;)

In che senso era in ambasce con gli occhiali?

A me sembrava palesemente a disagio a portarli. In una scena ha una sequela di tic nervosi che mi ha tirato completamente fuori dal film. Poi meglio, eh, ma per metà del film ho avuto l'impressione che la sua idea di "porto in scena un mezzo disadattato" fosse "focalizzo l'attenzione sugli occhiali". Il fastidio.

Comunque ripeto, l'ho notato probabilmente solo io e il film è veramente splendido, lui e bravo e niente da dire, però, eh, occhiali.

Mboh, a me sembrava semplicemente uno che si sistemava gli occhiali spesso, come fanno in tanti. :D

Bel film, bravi tutti. Nell'ultimo quarto ho avuto paura di una deriva trash del topic "le corna", ma è andata bene.

Bel post molto sentito :)
Her è uno dei film più ambigui, malinconici, particolari e (ahimé) reali che abbia mai visto, un gioiellino!

Visto ieri sera. Che dire. Mi ha lasciato.... non so come descrivere... Pero' l'ho sentito.... poderoso! Phoenix bravissimo. Purtroppo non ho potuto apprezzare la voce di Scarlett. Beh, io per lei ho un debole.... cioe' sono proprio pazzo per lei! E mi si dice pure, leggendo quà e là che ha interpretato la parte in modo eccellente. Beh, volevo spezzare una lancia in favore del doppiaggio italiano, proprio di Samantha cioè di Scarlett. Per tutto il film non ho fatto altro che dire a me stesso: "beh questa doppiatrice è particolare, ha una voce particolare, non so se è brava a sforzarsi a fare una voce 'diversa', ossia diversa dal solito modo di doppiare molto didascalico e parlato perfettamente con dizione e tutto impeccabile, oppure se e' una voce 'diversa' in sè, ossia una doppiatrice che di mestiere non fa la doppiatrice, almeno non solitamente. E contemporaneamente a questo, via via che il film andava avanti constatavo quanto questa voce 'doversa dal solito' fosse ottima, eccellente, perfettamente calata nella parte. L'ho trovata davvero molto ben interpretata. Solo dopo ho scoperto che la voce era di Micaela Ramazzotti che a quanto ne so non e' propriamente una doppiatrice. Insomma devo farle i complimenti perchè ha dato prova di un'interpretazione a mio avviso davvero ottima con una voce naturale, umana, sensuale, interessante. La cosa bella è il paradosso di quest'affermazione. La voce di un computer, così dannatamente viva e umana. Credo che pero' anche la voce originale (di Scarlett) fosse impostata in questo modo.

Il film beh.... non saprei come descriverlo, ma mi è piaciuto molto. Mi ha lasciato una sensazione addosso molto strana. Di straniamento, svuotamente, emozione, tristezza, malinconia. Bellissmo!

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