Pain & Gain (USA, 2013)
di Michael Bay
con Mark Wahlberg, Dwayne Johnson, Anthony Mackie, Tony Shalhoub, Ed Harris, Bar Paly
È abbastanza bizzarro ritrovarsi a guardare a stretto giro di tempo The Bling Ring e Pain & Gain, perché di fondo sono due film che raccontano la stessa roba attraverso due sensibilità che più distanti di così mi riesce davvero difficile trovarne. "La stessa roba" sarebbe la storia (vera, ispirata ad articoli che l'hanno elargita al mondo) di poveri cretini, qualcuno più furbetto manipolatore, qualcuno cretino e basta, che per inseguire una vita di successi inculcata loro da cinema e TV si danno ad azioni discutibili. Poi, certo, fra rubare a casa di Paris Hilton e rapire/torturare/ammazzare gente ce ne passa, ma la sostanza non è così distante. Oltretutto, a voler ben vedere, si può tracciare un parallelo anche in quelle che erano le intenzioni di Michael Bay, seppur deviate dal suo cervello assurdo. Perché Pain & Gain è il suo piccolo progetto personale, un "character study" (parole sue!), un filmetto indipendente realizzato spendendo il budget più piccolo della sua carriera e assoldando attori disposti a rinunciare al cachet pur di esserci (manco fosse il nuovo film di Terrence Malick). Poi magari coi ventisei milioni di dollari del film indie di Michael Bay ci produci mezzo programma del Sundance, ma alla fine è il pensiero che conta, no?
Bizzarrie produttive a parte, il punto è che Pain & Gain è forse il film più bello e meglio scritto di Michael Bay (full disclosure: non li ho visti tutti, ci credo lo stesso) e lo è, paradossalmente, proprio perché Bay, nel dirigerlo, non ha fatto mezzo passo indietro su quella che è la sua idea di cinema. Pain & Gain funziona proprio perché si tratta di Michael Bay che racconta la faccia "vera" dei suoi film, l'America tutta steroidi, pettorali, bicipiti, culi, tette, colori sparati a mille, urla, azione, emozione, sogno americano stuprato in nome della vittoria facile, del desiderio di possesso, dell'aspirare a modelli cinematografici criminoidi, e lo fa applicando il suo stile, il suo immaginario visivo, il suo modo di raccontare, con tutta la convinzione del mondo. In pratica è come Gomorra, ma con più slow motion. E la magia del cinema fa sì che tutto ciò che in un Transformers è il peggior Michael Bay, quello pacchiano, insopportabile, stucchevole, americanoide, celebrativo, in Pain & Gain diventi satira feroce nei confronti di una bassa umanità su cui il regista sputa senza farsi tanti problemi.
Non si salva praticamente nessuno, sono tutti pessimi individui. Da un lato i protagonisti, fessi e vittime della loro ingenuità, sì, ma anche squallidi, insopportabili, impossibili da apprezzare... al massimo ridi delle loro assurde azioni (e, come spesso accade, in mezzo a tanto romanzare, sono le trovate più incredibili quelle che aderiscono al realmente avvenuto). Dall'altro le vittime, sgradevoli tanto quanto, gettate nel calderone del peggio assoluto da parte di un regista che sembra voler salvare solo gli americani bianchi di una certa età, solidi nella testa, aggrappati a una morale inattaccabile, onesti lavoratori. Insomma, si stava meglio quando si stava peggio, una volta qui era tutto un giardino e quando c'era lui i treni arrivavano in orario. Poi, certo, il problema di fondo è che rimane comunque un film di Michael Bay, con tutto ciò che rende i film di Michael Bay antipatici a tante persone, e quindi magari difficile da apprezzare anche quando il suo essere un film di Michael Bay finisce per rappresentarne il maggior pregio. E di sicuro, pur avendo io apprezzato alcuni suoi aspetti che - noto - a molti altri non sono piaciuti (in primis il delirio di voci narranti multiple), su certi passaggi ho un po' sentito la mancanza di un regista dal tocco meno brutale. Ma con un tocco meno brutale dietro la macchina da presa sarebbe stato un altro film. Magari meno riuscito, sicuramente meno "vissuto" nel prendere a calci in faccia quel che in fondo è Michael Bay stesso.
L'ho visto qua a Monaco, al cinema, in lingua originale, una settimana fa, perché ogni tanto, si sa, i film escono prima in Italia che altrove. Davvero! La lingua originale merita? Boh, alla fine son cretini che urlano, però il trio di protagonisti è davvero bravo. Davvero. The Rock è il più bravo di tutti, figuriamoci.
1 commenti:
IMHO la storia dietro è folle.
La regia generale però mi ha lasciato molto perplesso certo che per una storia cosi "ridicola" o "posticcia" forse Michael Bay è riuscito a fare anche troppo. Probabilmente in altre mani ne sarebbe venuta fuori una pellicola umiliante...però la mano di Bay che non è abituato a questo tipo di pellicole si vede.
PS: per le storie vere, buscati anche The Iceman, io l'ho guardato ieri e l'ho trovato supremo anche grazie a Shannon che ormai sembra insuperabile.
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