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1.2.15

In tuffo


A vederlo lì, nell'angolo di Nole, ingrassato da un cinquantennio di dieta bavarese, composta da weiss bier e wollwurst, viene spontaneo chiedersi: ma cosa avrà mai da dire Boris Becker a Novak Djokovic?
Probabilmente niente, perché Boris, in fondo, è sempre stato un gran cazzaro. Sin da giovanissimo, quando il padre architetto costruisce a Leimen un circolo di Tennis per assecondare la passione del figlio e questo, invece di imparare per benino la tecnica, si limita a seguire a rete delle martellate di servizio e di diritto steccando, spedendo la palla fuori di metri e cercando di mettere una toppa ai suoi attacchi suicida tuffandosi a più non posso.
Invece di correggere tali deficienze, il suo primo allenatore Gunther Bosch, decide che in definitiva spaccare le palline con il servizio è una qualità, e insegna al diciassettenne ariano un movimento a bilanciere, seguito da spinta sulle ginocchia e saltino a piè pari, utile a sospingerlo verso la finale di Wimbledon. Dall'altra parte c'è Kevin Curren, il classico erbivoro anni '70 abituato a giocare di fioretto, intento solo a sopravvivere ai colpi di mortaio da 180 all'ora che gli sibilano nei pressi delle orecchie, e a guardare sconsolato la sedia con gli occhi del "evvabbè, ma così non vale, questo mi picchia, arbitro!".
E quindi finisce che Boris vince Wimbledon all'età in cui di solito la gente vince i tornei di Kick Off contro il cugino. Intendiamoci però: se Boris avesse saputo solo tirare di servizio ce lo saremmo dimenticato subito, come i tanti Raonic intenti, prima e dopo di lui, a collezionare ace urlando "HODOR!". Bum Bum non urlava Hodor. Bum Bum tirava un missile facendo la solita catapulta e poi, a dimostrazione del fatto che l'universo distribuisce il talento assolutamente a cazzo, scendeva a rete come un gatto e, volleando, dimostrava di avere una manina delicata come quella di un orafo. Boris spaccava 20 racchette Puma all'anno scentrando, ma quando gli arrivava la pallina nei piedi la tirava su con una grazia che levati, di conseguenza sotto rete si trasformava in un armadio capace di coprire 800 degli 829 cm del campo, mentre gli avversari non sapevano se aspettarsi uno schiaffazzo o una carezza.
La carriera del nostro amabile armadio cazzaro, tutto intento a far schioccare la mascella e a sbattere le ciglia rosse, è talmente ripiena di momenti memorabili che ricordarli tutti richiederebbe quindici post: ci si potrebbe concentrare sulle scoccate sottorete che trasformarono Wimbledon nel giardino privato di Bum Bum e Stefanello, intenti a sfidarsi per tre anni consecutivi in altrettante finali dalla durata complessiva di 15 minuti, perché oh, mica vorremo scambiare più di tre colpi, non scherziamo.

Si potrebbe ricordare come Andre intuisse sempre la direzione dei servizi di Bum Bum osservando il saettare della lingua teutonica: Boris faceva oscillare il bilanciere e spuntare la linguetta. Se rientrava sulla sinistra, Andre si preparava per il diritto, e viceversa. Anni dopo, a carriera finita, Steffi Graff rivelò il segreto davanti ad una birra, reputandolo un aneddoto divertente e ottenendo come risposta una bestemmia capace di increspare il Reno.
Per correttezza, si potrebbe anche sottolineare come, dopo una infinita serie di sconfitte ottenute su tutte le superfici, Boris, nell'ultimo match con Andreino, sotto di due set e di due giochi sulla sua sacra erba, si mise l'asciugamano in testa e, esclamando ad alta voce "nicht mehr, hier nicht" sollevò la Puma da terra come se fosse il Mjolnir, vincendo tutti i punti successivi. Tutti, mentre nell'aria vibrava la cavalcata delle Valchirie.
Ci si potrebbe soffermare sui due match point sprecati contro uno sfiancato Thomas Muster che, durante una finale di Montecarlo ormai persa, andò a fare pipì per poi tornare in campo arzillo come un grillo, negando a Boris la soddisfazione di vincere per una volta sulla terra e convincendo i capoccia dell'ATP che, in fondo, la pratica dell'antidoping poteva avere un suo perché.
Si potrebbe fare tutto ciò, senza dimenticare che stiamo parlando di un cazzaro. Un ventenne idolatrato in patria che molla la biondissima fidanzata perché insomma, c'è una nazione di bionde scopabilissime, poi se ne pente, va in depre e si affaccia alla finestra, decidendo per una volta di non buttarsi, ma giusto all'ultimo. Di un marito tanto pronto a vantarsi della sua splendida moglie quanto a spupazzarsi una modella nel bagno del Nobu. Con quest'ultima che poi si ripresenta, qualche anno dopo, dicendo "hey! ti ricordi quella volta che abbiamo fatto Bum Bum? Ecco, si chiama Anna". Si potrebbe parlare della tasse evase, delle Ferrari guidate a duecento all'ora sulle strade cittadine, di tutte le cazzate fatte da un cazzaro che prima corre verso rete e poi, per parare i lungolinea, si butta e capitombola, sfangandola.
Ma noi ci concentreremo su un singolo punto: il match point del Masters del 1988, giocato contro Ivan Lendl. Un match point durato 3 anni, perché tra i due, che si detestano, c'è un duello perdurante: Boris vince tutte le sfide sull'erba londinese, infrangendo i sogni del cecoslovacco. Quest'ultimo vince tutte le altre. Perché non esiste che un bifolco privo di rovescio e prono a sbatterla in rete dopo due colpi possa battere la metodica, precisa, iperallenata macchina dell'est. Sul cemento, la terra, il tartan, il fango, la neve e il muschio a Ivan basta insistere sul rovescio di Bum Bum e gestire le sue martellate di diritto per portare a casa le partite con fredda percentuale statistica.
Tuffati, rosso bifolco. Tuffati sul mio magnifico diritto lungolinea in corsa. Fai ululare il pubblico con un punto, poi torna al tuo posto, cerca di contenermi e sbaglia, perché io di sicuro non lo farò.
Ivan queste cose le dice ai giornalisti, le suggerisce con lo sguardo durante le strette di mano. Arriva ad una finale di Wimbledon sudando sul campo per mesi e si vede scippata la coppa. Se la lega al dito. Umilia il lentigginoso nella finale del Masters. Tutta la tiritera si ripete l'anno successivo.

Boris si incazza. Licenzia Gunther e decide di impartire una lezione allo stronzo cecoslovacco. Passa mesi a giocare da fondo, perdendo nei quarti con gente come Wally Masur. Allena il rovescio coperto e tagliato, dimenticandosi di andare a rete, prendendo gli schiaffi dal numero 70 del mondo. Nel novembre del 1988 si qualifica al Masters di New York per il rotto della cuffia. Bombarda chiunque gli si trovi davanti. In finale trova Ivan.
Match Point.
Il rovescio coperto? Eccolo qui, lo so fare anche io. Tagliato? Anche quello, bello quanto il tuo. Diritto incrociato? Dai ceco di 'sto cazzo, è tutto qui quello che sai fare?
E se anche voi, anche per una sola volta, siete stati dei cazzari, se siete corsi a rete buttandovi senza paracadute, se avete lasciato la sicurezza della riga di fondo per cercare qualcosa, chissà se bello come quello di prima, trovando qualcosa di inatteso una volta giunti colà, bè, guardateli bene questi 37 colpi. Guardate come finiscono.
Sono il vostro inno.

3 commenti:

...e ora mi sono accorto degli Arcade Fire come soundtrack. Perfetti

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