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25.1.13

Lincoln


Lincoln (USA, 2012)
di Steven Spielberg
con Daniel Day-Lewis, Sally Field, Tommy Lee Jones

Lincoln non è un biopic in senso stretto, non racconta per intero la storia del presidente più amato e rispettato nella storia degli Stati Uniti d'America, si limita invece a concentrarsi sui suoi ultimi mesi di vita e sulla sua battaglia decisiva per l'approvazione del tredicesimo emendamento. Non è certo il primo e non sarà certamente l'ultimo film ad affrontare una figura storica in questo modo e a sfruttare la persona per parlare anche d'altro, in questo caso del funzionamento di quella cosa bizzarra che si chiama democrazia, della necessità di accettare compromessi e fare passi indietro su ciò in cui si crede per raggiungere un risultato fondamentale, dell'importanza di inseguire con forza, perseveranza, inarrestabile pervicacia, gli obiettivi in cui si crede. Ma il bello di Lincoln è che oltre a fare questo riesce anche a dipingere mortalmente bene la figura del suo protagonista, uomo alla mano, amichevole, sempre pronto a dire quel che pensa e a spiegare le sue opinioni in maniera chiara, raccontando episodi e barzellette per stemperare la tensione e lanciare messaggi limpidissimi, vicino al suo popolo come forse nessun altro presidente prima e dopo di lui, in un periodo in cui era normale che il capo dello stato se ne andasse in giro tranquillo fra la gente, a chiacchierare e stringere mani, senza scorte e cecchini da tutte le parti per proteggerlo.

Spielberg tutto questo lo racconta con uno stile compassato, riconoscibile e allo stesso tempo lontano da tanti altri suoi film, mettendo in piedi una pellicola che sembra quasi uno spettacolo teatrale, statica e per lo più appoggiata sulle larghissime spalle dei propri attori, che prende vita e movimento ogni volta che Lincoln attacca a raccontare i suoi aneddoti. Nonostante questo, e nonostante la pesantezza tematica di un film che non rinuncia a raccontare la Storia e anzi si sofferma su dettagli ed episodi da esporre con fiumi di parole, Spielberg riesce a dare alla sua storia un ritmo e una vita incredibili, puntando anche su un umorismo semplice ma azzeccato, portato avanti da caratteristi in gran forma (il trio Spader-Nelson-Hakwes è uno spettacolo), e sulla vita privata di un uomo che affronta il dolore mai scomparso, trattenuto ma fortissimo, per la perdita di un figlio, la difficile vita al fianco di una moglie che quel dolore non ha mai saputo digerirlo e il conflitto con un figlio maggiore che pare essere appoggiato lì in maniera sbrigativa e invece dice tantissimo con due parole e un gesto.

Ma Lincoln è anche un film che sa essere potentissimo nelle sue scene più forti, in quell'unica, fortissima, scena di battaglia iniziale, nello splendido litigio fra il presidente e sua moglie e, ovviamente, nella scena madre, in cui Spielberg rende micidialmente appassionante, teso, da sudore sulla fronte, uno spoglio di voti, una serie di persone che vengono chiamate all'appello e devono dire "sì" o "no", del quale oltretutto conosciamo già perfettamente l'esito. Bravissimo Spielberg, come sempre, come spesso non gli si riconosce, meravigliosi tutti i suoi attori, che non si esibiscono in una serie di mossette e smorfiette esagerate e invece tengono in piedi il film dando vita a personaggi stanchi, dimessi, tremendamente umani, pazzesco Day-Lewis, certo, ma fantastici anche tutti gli altri e fenomenale Tommy Lee Jones, oltretutto protagonista della scena più smaccatamente strappalacrime eppure non stucchevole. Peccato solo che Spielberg faccia forse andare avanti il film un po' più del dovuto, si senta in dovere di raccontare - splendidamente, per altro - anche la morte di Lincoln e tiri poi fuori quella brutta cosa con la candela che m'ha fatto venire in mente quell'altrettanto brutta cosa con la faccia di Matt Damon di quindici anni fa.

Io l'ho visto qua a Monaco, al cinema, in lingua originale. Inutile dire che, per quanto possano essere bravi Pierfrancesco Favino e compagni, privarsi delle interpretazioni pazzesche che ci sono qua dentro è un crimine verso se stessi prima ancora che verso il film. Quantomeno se si è in grado di comprenderle. Cosa che, in questo caso, non va sottovalutata: fra gli accentacci e il fatto che son tutti vecchi biascicanti, servono orecchio fino e grande abitudine all'americano. Insomma, occhio.

1 commenti:

Sottoscrivo ogni parola della tua recensione, sono le stesse cose che ho pensato io all'uscita della sala.
Quanto a Pierfrancesco... immenso, una spanna sopra altri doppiatori. Però voglio recuperare Lincoln in originale il prima possibile, per apprezzare meglio la straordinaria interpretazione di Day Lewis e di tutti gli altri vecchiacci!

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